Donne che scrivono di donne: amene letture in tempo di pandemia

Non so voi, ma io ho una debolezza: se ho bisogno di staccare dal tran tran quotidiano e rigenerarmi, se «mi si è scaricato il cervello e devo ricaricare la pila», come diceva mia nipote Francesca a quattro anni, vado in libreria! Il profumo dolce e fragrante della carta, misto a quello aspro e agrumato dell’inchiostro mi distendono. I variegati colori delle copertine e il gusto della loro grafica mi stupiscono e incantano. Divento proprio come una bambina quando entra in un negozio di giocattoli: il viso si illumina, gli occhi brillano, la bocca si spalanca in un sorriso! Inizio a sognare di nuovo e comincio, un po’ intimorita da tanta bellezza ed abbondanza, a tendere la mano. Non so se quello che più mi attrae è la nuance della tinta o l’immagine di copertina, di fatto poi sono catturata dai titoli. Il raptus è, logicamente, comprare! Esco sempre con tre o quattro volumi e li metto in orizzontale sullo scaffale basso della libreria: il mio tesoretto! Che spesso si accumula ma, quando passando ci cade l’occhio, rinfranca perché è lì ed è la mia porta segreta su un mondo incantato, in cui incontrare persone e impostare nuove amicizie. Ultimamente, inoltre, ho scoperto tante donne che scrivono di donne. È un’altra cosa leggersi descritte da loro, emergono: portato ironico, vero umorismo, capacità di reazione, fantasia e giocosità nell’affrontare gli ostacoli e il dolore, vividezza di immagine del reale, spessore psicologico. Elementi che difficilmente sono evidenziati in tutta la loro complessità, profondità e morbidezza nei personaggi femminili descritti dagli uomini. Dai romanzi ai saggi c’è un’aria decisamente nuova tra gli scaffali! Parlando di narrativa, ad esempio, cercherò di elaborare per voi, nella speranza possano tornarvi utili come suggerimenti, alcune schede delle letture fatte quest’anno, che di tempo ne abbiamo avuto a disposizione e per fortuna avevo accumulato un bel po’ di volumi, dai romanzi psicologici, agli storici, ai gialli.

Inizio con quattro romanzi di tipo psicologico.

Un’estate con la Strega dell’Ovest, di Kaho Nashiki, Feltrinelli, 2019. In genere preferisco autrici italiane, ma questo titolo era decisamente accattivante, con la sua copertina di un tenue giallo amamelide. La storia del rapporto tra una nonna inglese, trapiantata per amore in Giappone, e la sua nipotina tredicenne, dipinta con tinte tipicamente orientali, impalpabili e poetiche da un’autrice che scrive per adulti/e e per bambini/e. L’adolescenza è uno degli stadi più delicati e fragili della nostra vita, la ragazzina sarà addestrata dalla nonna, scherzosamente chiamata in famiglia “Strega dell’Ovest”, a scoprire i suoi poteri “extrasensoriali”. Troverà la sua essenza più profonda e la sicurezza in sé stessa attraverso il gioco e la vita di campagna, lontana da computer, tablet, cellulari e il convulso tran tran cittadino. «Mi chiedo se è vero – e credo che lo sia. Non penso che la nonna mi direbbe una bugia, tanto meno di questa portata; allora significa che in me scorre il sangue delle streghe. Quindi può darsi che anch’io, in futuro, sviluppi poteri extrasensoriali. Un po’ mi spaventa ma, se succedesse, forse non soffrirei più così tanto per la scuola. Forse imparerei a vivere facendomi meno problemi, sgusciando tra le difficoltà come un pesce che nuota nell’acqua» (pagina 36).

Teresa degli oracoli, di Arianna Cecconi, Feltrinelli, 2020. Il primo romanzo di questa giovane antropologa che vive tra Marsiglia, dove svolge l’attività di ricercatrice presso l’École des hautes études en sciences sociales, e Milano, in cui insegna Antropologia delle religioni all’università Bicocca. In copertina, su uno sfondo arancio bruciato, alcune piccole farfalle nere, un gatto, anch’esso nero, appollaiato sullo schienale della sedia a dondolo di un’anziana signora intenta a sferruzzare ciò che può sembrare una lunghissima sciarpa e in realtà è il vestito che indossa, il tessuto della sua vita. Anche in questo caso al centro della trama c’è un casolare in campagna, una nonna e una famiglia tutta al femminile, compresa una badante peruviana, che le ruota intorno. Ognuna di loro con il proprio segreto, che si svelerà via via. «La nonna metà sognava e metà ci ascoltava, metà dormiva e metà vegliava su di noi. Fuori aveva gli occhi chiusi, e dentro erano aperti» (pagina 59). «Questa è una storia di cose invisibili, di profezie e oracoli casalinghi, della libertà e del caso, della difficoltà di scegliere, di amare, di crescere e di morire» (pagina 9). «È una storia di famiglia e ogni famiglia ha i propri tesori che passano di mano conservando luccicori e promesse, scheletri pigiati negli armadi insieme ai desideri, odori che restano addosso e non si scordano più. E poi naturalmente ci sono i segreti» (dalla terza pagina di copertina).

Vittoria, di Barbara Fiorio, Feltrinelli, 2018. Autrice genovese, non nuova alla scrittura, dal piglio brioso, scattante e fantasioso. Copertina turchese, con uno splendido gatto dai rari occhi azzurri, la foto di un sorriso e un mazzo di tarocchi. La storia di una fotografa quarantaseienne, Vittoria appunto, che improvvisamente si trova «senza compagno, senza lavoro e senza sapere più con quali soldi comprare le crocchette a Sugo, il suo adorato gatto» (dalla quarta pagina di copertina). «Erano mesi che lui mi teneva appesa al filo della sua crisi esistenziale, oscillante tra il non poter fare a meno di me e il bisogno di stare da solo, mesi che sono serviti a lui per decidere e ai miei amici per preparare la rete di salvataggio. Io, intanto, mi aggrappavo ostinata a quel filo sottile e lasciavo che la ferocia della sua demolizione mi facesse vorticare, ero l’unica idiota che continuava a vedere un futuro insieme, quello progettato, quello per la vita. Perché io, condanna mortale, sono una che crede nelle promesse. Alice, il giorno in cui Federico se n’è andato, ha preparato la camera degli ospiti, riempito la casa di cioccolatini al pistacchio e il frigo di vino bianco. Vieni da me, stasera, facciamo maratona di serial e poi rimani a dormire, mi ha scritto. E io ho infilato due cambi in borsa e sono venuta qui, dove sono rimasta ben più di una notte. Passo da casa per dare da mangiare a Sugo e cambiargli la sabbia, poi torno di corsa in questo rifugio. Là, a casa, mi fa male stare» (pagine 19-20). Una donna che sa affrontare la propria crisi e, grazie al supporto delle amicizie, reinventarsi con incredibile fantasia, anche lei scoprendo quel pizzico di magia che ognuna di noi porta dentro di sé.

Donne che comprano fiori, di Vanessa Montfort, Feltrinelli, 2018. Scrittrice e drammaturga spagnola. La copertina di un tenue blu cobalto è cosparsa di papaveri rossi. Il titolo mi ha fatto venire in mente un film che amo moltissimo: Pane e tulipani, di Soldini, del 2000. Se non l’avete visto cercatelo sul web perché è imperdibile, con una strepitosa Licia Maglietta. Il romanzo è ambientato a Madrid, in un negozio di fiori molto particolare, gestito da Olivia, donna saggia e amabile, eppure cela nell’anima un grande rimpianto. Intorno a lei si intrecciano le vite di altre cinque donne che comprano fiori, tutte profondamente diverse tra loro, ognuna con una sua ferita, tutte “con tanta voglia di riscatto”. Un libro particolare che nel mettere a fuoco le differenze e le lontananze fa emergere una delle grandi capacità al femminile: la solidarietà. «Un’emozionante storia di amicizia al femminile. Un inno al coraggio di cambiare e di essere libere» (dalla quarta pagina di copertina).

Per la tipologia del romanzo storico sono rimasta incantata da tre libri in particolare.

Le assaggiatrici, di Rossella Postorino, Feltrinelli, 2018. Premio Campiello, sembra che Cristina Comencini voglia farne un film. Non vi nascondo che la copertina mi ha attratto proprio perché inquietante! Su un freddo sfondo bianco avorio il volto di una donna, occhi castani bionda e pettinata anni Quaranta, bocca rossa, rossa come l’enorme farfalla che le delinea una metà del viso. Inquietante e affascinante la trama, basata sulla storia di Margot Wölk, assaggiatrice dei cibi destinati a Hitler nella caserma di Krausendorf. Wölk trovò il coraggio di raccontare questa sua esperienza solo alla veneranda età di 96 anni. «Come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto -spesso antieroico- di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi. (…) Una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza». Ci si addentra «nell’ambiguità delle pulsioni e delle relazioni umane» e ci si chiede «cosa significhi essere e rimanere umani. (…) Da anni avevamo fame e paura. (…) Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere?» (dalla quarta pagina di copertina). «“Mangiate” dissero dall’angolo della sala, ed era poco più che un invito, meno di un ordine. La vedevano la voglia dei nostri occhi. Bocche dischiuse, respiro accelerato. Esitammo. Nessuno ci aveva augurato buon appetito, e allora forse potevo ancora alzarmi e dire grazie, le galline stamattina sono state generose, per oggi un uovo mi basterà» (pagina 12).

La ragazza di Marsiglia, Maria Attanasio, Sellerio, 2018. Copertina dei classici “blu”, dalla quale una giovane donna con lo sguardo determinato e la fronte aggrottata sembra scrutare chi legge mentre con un gesto grazioso della mano trattiene una sciarpa bianca a coprirle il mento e parte delle labbra, è Donna abruzzese, un quadro di Domenico Cascella. Maria Attanasio è una raffinata poeta e un’attentissima ricercatrice storica, la sua scrittura sembra a tratti sospendersi generando silenzi da cui emerge a tutto tondo il grido violento della donna che per secoli ha visto derisi e calpestati i propri diritti civili e giuridici. Il romanzo, ambientato nella seconda metà dell’Ottocento, rivisita le vicende dell’Unità d’Italia, vicende cui partecipò attivamente la protagonista: Rosalia Montmasson. E non come tante altre donne! Lei, compagna di Francesco Crispi, vestita da uomo, fu tra i Mille che partiti da Quarto sbarcarono in Sicilia. Lavandaia e stiratrice dell’Alta Savoia, mazziniana, «Come Mademoiselle Montmasson, per quasi tre anni aveva tranquillamente attraversato dogane con materiale clandestino di ogni genere, e inviato e ricevuto posta sfuggendo a controlli e censure» (pagina 104). Confesso d’essermi chiesta spesso riguardo alle nostre antenate “rivoluzionarie”: come hanno fatto queste donne a lottare con tanta furia e determinazione a fronte di insopportabili -almeno oggi- sacrifici? Non so se avrei avuto la forza di fare lo stesso. La sua storia e la storia del suo rapporto con Crispi è affascinante e sconvolgente. Quanti panni ha lavato e quante camicie ha stirato Rosalia per mantenere il suo Francesco in esilio e per servire la causa italiana! A partire dal loro primo incontro avvenuto a Marsiglia alla fine del 1849, poi «nel marzo 1853, in carcere, dove lui è prigioniero e lei vi lavora come stiratrice; (…) l’esilio insieme a Malta, e una cerimonia nuziale tra due esuli, senza alcun valore legale, celebrata da un gesuita spretato» (pagina 260). Crispi non ne esce bene come figura d’uomo ma tant’è, del resto come statista la storiografia lo ha già giudicato.

Mille anni che sto qui, Mariolina Venezia, Einaudi, 2015. Premio Campiello nel 2007. In copertina, in bianco e nero, una bimba scarmigliata con grandi occhi neri e vivaci e un sorriso furbesco da cui trapela “una ne faccio e cento ne penso”, che si regge il mento, quasi a riflettere, con la mano sinistra mentre l’altra è pronta a scattare in avanti con energia; alla sua destra un’anziana, metà figura, vestita di nero, il viso percorso da un rivolo infinito di rughe, ma con lo stesso sguardo e lo stesso sorriso anche se dimezzato. Significativa immagine che sintetizza la trama, tessuta con un particolare sguardo al femminile, alle donne che gli avvenimenti della vita realmente ordiscono. «Una terra senza tempo – e il passaggio della Storia. Le singolari vicende della famiglia Falcone fra tragedia e commedia, poesia e avventura. Una saga che attraversa più di un secolo, in Basilicata, dall’Unità d’Italia alla caduta del muro di Berlino» (dalla quarta pagina di copertina). Una scrittura lucida, vivace, parole che dipingono immagini e descrivono mondi che si vanno sostituendo, con crudezza stemperata dalla poesia e molto umorismo: «Dopo poco tempo dal suo matrimonio Candida era arrivata ad alcune conclusioni, di cui una era che l’amore è fatto di bugie. Mentiva a Colino su molti dettagli della vita quotidiana, a sé stessa su alcuni sentimenti e ai figli su tutto, perché ai figli bisogna mostrare le cose non come sono ma come dovrebbero essere, dato che come sono lo scopriranno da soli e di tempo davanti ne hanno anche troppo» (pagina 131).

Mariolina Venezia fa da comoda sponda per passare ad un altro genere narrativo, il giallo, lei infatti è l’autrice e sceneggiatrice della serie televisiva Imma Tataranni – Sostituto procuratore.

Via del Riscatto. Imma Tataranni e le incognite del futuro, Mariolina Venezia, Einaudi, 2019. L’ultimo uscito della serie, in attesa della seconda stagione televisiva. In copertina una Matera notturna con pipistrello e la nostra procuratrice di spalle. Il personaggio letterario si discosta molto da quello televisivo, interpretato da Vanessa Scalera; la Imma dei romanzi è bassa e grassottella, con la quinta di reggiseno, ama il leopardato e il tacco 12. «Ma cos’ha di eccezionale Imma Tataranni, croce e delizia della Procura di Matera? Semplice! È una donna normale. Questa volta a far ticchettare il suo tacco dodici sono una famme fatale dal profumo conturbante, due fratelli coltelli e una simpatica vecchia canaglia. (…) Quel che è certo è che ci sono in ballo sentimenti estremi, nei quali la nostra Piemme si identifica pericolosamente. Ma se il suo tribunale interno la dichiara colpevole, e lei si sente per un attimo un’Anna Karenina in salsa materana… non ha nessuna intenzione di gettarsi sotto un treno!» (dalla quarta pagina di copertina).

La circonferenza delle arance. Le indagini di Lolita Lobosco, Gabriella Genisi, Marsilio/Feltrinelli, 2020. Copertina verde pistacchio, in primo piano di spalle una donna in divisa grigio-blu, lunghi capelli neri e una cassa di arance in mano. Il primo di una serie di otto volumi -letti tutti- che Genisi ha iniziato a pubblicare per la Sonzogno/Marsilio nel 2010, ma apparsi nella più grande distribuzione attraverso Feltrinelli quest’anno. Dell’autrice si dice solo che è pugliese e vive tra Bari e Parigi. Ha una scrittura gradevole e in appendice ad ogni libro compaiono alcune pagine di ricette: “Le ricette di Lolì”. Sì, perché la nostra protagonista è una commissaria di polizia amante della cucina, una sorta di Montalbano -di cui peraltro è molto amica- al femminile di stanza a Bari. «Trentasei anni, occhi sempre accesi, lunghi capelli corvini e una quinta di reggiseno che negli uomini evoca la pienezza dei frutti mediterranei. Se avesse paura delle maldicenze dei colleghi e dei notabili, non avrebbe scelto di fare la poliziotta. E invece ha deciso di seguire con spavalderia la propria vocazione: combattere le prepotenze, riportare l’ordine nella vita degli altri, farsi rispettare dai maschi senza nessuna vanità. Perché mai dovrebbe fare a meno della bellezza e della cucina, doti di una vera donna del Sud?» (dalla quarta pagina di copertina). La sua vita al contrario è un po’ disordinata, ma via via che i romanzi vanno avanti riesce pure lei a trovare ciò che cerca. Gli altri titoli sono: Giallo ciliegia; Uva noir; Gioco pericoloso; Spaghetti all’Assassina; Mare nero; Dopo tanta nebbia; I quattro cantoni; inoltre nel 2019, per Rizzoli, è uscito Pizzica amara. Inutile dire che da questi volumi nascerà un serial Tv, la cui interprete si afferma debba essere Luisa Ranieri, anche lei grande amica di Montalbano!

Buone letture a tutte.

***

Articolo di Fosca Pizzaroni

PIZZARONI 200X200

Archivista in pensione, ha insegnato storia delle istituzioni contemporanee nelle Scuole di Archivistica Diplomatica e Paleografia e svolto docenze per l’Università la Sapienza di Roma, di Padova, Mediterranea di Reggio Calabria e per l’Imes Sicilia. Ha collaborato con la Protezione Civile all’analisi storica delle calamità naturali avvenute dall’Unità d’Italia in poi, attraverso saggi e mostre.

3 commenti

Lascia un commento