Le donne del Decameron. Due donne a confronto in due novelle sulla “seduzione” 

L’universo femminile del Decameron non conosce solo figure positive. Nella raccolta di novelle infatti non sempre siamo di fronte necessariamente a rappresentazioni di donne forti, virtuose, intelligenti ed autorevoli. Tra le pagine del capolavoro boccacciano possiamo trovare anche alcune figure femminili che non hanno nulla di eroico o apprezzabile: a volte si tratta di personalità sciocche, ingenue o superficiali. Boccaccio spesso ironizza e sorride con lettori e lettrici su queste figure (che, sia chiaro, sono sia maschili che femminili), ma senza mai inserire nel testo un proprio commento o pensiero sui personaggi, cosa che lascia abilmente fare ai novellatori e alle novellatrici.
L’autore si limita a delineare un mondo, fatto di uomini e donne, di persone nobili e ricche, di sciocchi/e e di astuti/e, di gentili e crudeli.

Miniatore fiorentino (1427-1430), La marchesa di Monferrato offre un banchetto a Filippo il Bornio

Ma visto che non sempre troviamo nelle sue novelle eroine o figure virtuose, dobbiamo per questo considerare — come molta critica ha fatto — Boccaccio un misogino? Personalmente non credo, e i motivi sono molteplici. In primo luogo, il certaldese nell’universo umano delineato nel suo capolavoro dimostra di voler descrivere tutte le sfaccettature delle personalità femminili, nessuna esclusa: dalla più ingenua alla più scaltra, dalla più santa alla peccatrice; Boccaccio ama le donne e lo dimostra, scrivendo costantemente di loro. Certo, avrebbe potuto idealizzare ogni sua protagonista, ma di certo il risultato non sarebbe stato lo stesso, perché, come già detto, la forza dei grandi personaggi letterari sta nella loro ambiguità e nei loro chiaroscuri, con pregi e difetti.
In egual maniera le donne del Decameron sono tutte diverse, varie e multiformi, ma soprattutto sono donne reali, che ancora oggi, settecentocinquanta anni dopo, riescono a farci immedesimare in loro.
In seconda istanza, la presenza di varie figure femminili ‘meno nobili’ e ‘negative’ (o almeno considerate tali da chi viveva nel XIV secolo) permette a Boccaccio di esaltare per contrasto alcune personalità indimenticabili. È questo il caso della marchesana di Monferrato nella quinta novella della I giornata. La figura della marchesana, nota per essere tra le più elogiate dell’intero libro, è inserita subito dopo un’altra figura femminile. La ragazza della quarta novella, conosciuta come la «giovane che non era di ferro né di diamante» (Decameron, I 4, 18), è la prima protagonista femminile a comparire nel terzo livello narrativo (noto come il livello dei personaggi delle novelle e/o livello diegetico) dell’opera. Si tratta di una «giovinetta assai bella» (Decameron, I 4, 5) che appare sulla scena in maniera secondaria: non ha nome, non parla e non interferisce con le dinamiche dei due protagonisti uomini (un monaco e un abate) e si limita a concedersi alle avance dei due religiosi. Una figura quindi del tutto passiva, un vero e proprio oggetto conteso da due litiganti.
Apprestandosi quindi alla lettura delle novelle il primo incontro con una personalità femminile di questo tipo convincerebbe chiunque della misoginia di Boccaccio. Tuttavia è necessario andare avanti a leggere e comprendere che sotto la superficie c’è un mondo al femminile straordinario, e questo ce lo conferma proprio la marchesana di Monferrato nella novella immediatamente successiva. Con abilità Boccaccio infatti mette in scena una novella che per certi aspetti condivide con la precedente una tematica di fondo, quella dell’amore/seduzione, ma che ha esito e struttura completamente differenti.

Miniatore francese (1425-1450), La marchesa del Monferrato riceve Filippo il Bornio;
i nobili siedono a banchetto

La marchesana è una donna bellissima e sposata con il marchese di Monferrato. Il re di Francia, sentendo le numerose lodi fatte alla giovane, alla sua virtù e bellezza, se ne innamora pur non avendola mai conosciuta e decide di farle visita mentre il marito sta combattendo in Terra Santa nella Terza crociata. La marchesana viene avvisata dell’arrivo improvviso del re e ne intuisce l’intenzione di sedurla: decide quindi di uscire dalla sua situazione di disagio (secondo il codice cortese infatti non si rifiuta mai un re) attraverso la propria intelligenza e l’utilizzo di una brillante metafora culinaria. La marchesana infatti fa preparare al re un banchetto particolare di sole galline, un piatto che (sempre secondo il codice cortese) era considerato meno pregiato ed adatto a un banchetto reale rispetto alla selvaggina.
Il re, sorpreso delle pietanze poco nobili servite a cena, cerca di ottenere ciò che vuole con una domanda allusiva e leggermente sessista («Dama, nascono in questo paese solamente galline senza gallo alcuno?», Decameron, I 5, 14); ma la marchesana ferma subito il doppio senso con un abile uso delle parole: «Monsignor no, ma le femine quantunque in vestimenti e in onori alquanto dall’altra variino, tutte per ciò son fatte qui come altrove» (Decameron, I 5, 15), ovvero le donne, anche se sono diverse l’una dall’altra per vestiti e nobiltà, sono tutte uguali e pertanto richiedono sempre di essere trattate con onore. Il re allora intuisce attraverso questa metafora di non avere speranze con una «così fatta donna» (Ibidem, 16) e se ne torna a Genova.
Il re personifica senza dubbio il potere maschile: il sovrano si sente socialmente superiore e il suo status gli fa credere che potrà fare quello che vuole della nobildonna. Egli inoltre infrange il codice cortese autoinvitandosi senza preavviso, a testimonianza ulteriore della sua vanità e tracotanza. Insomma la marchesana riesce attraverso l’uso diretto e schietto delle parole (è lei infatti a sciogliere la metafora sessista del re sulle galline-donne parlando di «femine») a vincere sul potere maschile (che è un potere sia sociale, vista la posizione di superiorità di ‘sangue’ del re, che culturale: il re in quanto uomo si sente autorizzato a fare quello che vuole della donna).
È interessante notare che lo strumento per eccellenza che Boccaccio dà alle donne del Decameron per combattere gli stereotipi culturali di genere del suo tempo è sicuramente la parola: da Ghismonda ad Alatiel, anche la marchesana è tra le figure femminili che si emancipano e vincono sul potere maschile attraverso un uso abile del linguaggio: chi con un monologo-dialogo (Ghismonda), chi con un racconto ironico (Alatiel), e chi con una battuta diretta (la marchesana), queste tre donne vincono sugli uomini e riescono ad affermarsi come vere e assolute protagoniste.

Maestro della Cité des Dames (1414-1419), La marchesa del Monferrato riceve Filippo il Bornio;
i nobili siedono a banchetto


La novella della marchesana parla in ogni caso di seduzione (o almeno di un tentativo), che, come anticipato sopra, ricorre anche nella novella quarta; la differenza sta nell’esito della storia che fa emergere una donna forte e virtuosa contro una ragazza passiva e accondiscendente.  Boccaccio avrebbe potuto separare le due novelle, oppure scambiarne l’ordine anteponendo la seconda a quella della «giovane che non era di ferro né di diamante» (Decameron, I 4, 18), il risultato tuttavia non sarebbe stato lo stesso. La figura della marchesana non sarebbe mai stata così apprezzata se non fosse stato per il contrasto con la protagonista precedente e la giovane sedotta dai due religiosi senza di lei non verrebbe nemmeno ricordata. Le due donne quindi, diverse in tutto, per contesto, status e carattere, si valorizzano a vicenda in un dittico di novelle in cui si parla di seduzione. E leggendo insieme le due storie ci accorgiamo che ciò che Boccaccio vuole realmente mettere in luce non è solo la diversità e varietà delle figure femminili, ma soprattutto l’assoluta negatività degli uomini. Se c’è infatti una cosa che realmente accomuna queste due novelle della I giornata è la meschinità dei personaggi maschili: subdoli, tracotanti e a tratti sciocchi i due religiosi e il re di Francia non fanno una bella figura e per questo non ottengono quello che vogliono. Anche in questo caso Boccaccio si dimostra uno scrittore abile e moderno nella costruzione delle sue novelle e nel delineare in maniera del tutto originale le figure femminili che abitano il suo capolavoro, ad ulteriore testimonianza di essere un sincero e profondo estimatore delle donne, tutte diverse tra loro, ma proprio per questo straordinarie.

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Articolo di Marta Vischi

Laureata in Lettere e filologia italiana, super sportiva, amante degli animali e appassionata di arte rinascimentale. L’equitazione come stile di vita, amo passato, presente e futuro, e spesso mi trovo a spaziare tra un antico manoscritto, una novella di Boccaccio e una Instagram story!

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