Editoriale. Non è solo un semplice quadratino di carta

Carissime lettrici e carissimi lettori,
un francobollo per Giacomo Matteotti e un altro per il suo assassino. Contemporaneamente. Un modo inquietante per celebrare, a cento anni dalla morte (il 10 giugno 1924), il deputato socialista che voleva fermare l’ascesa di Benito Mussolini a duce d’Italia.
Eravamo a Ventotene, ora i tempi e gli avvenimenti ci portano a Roma. Su uno dei suoi viali lungofiume, quello (oggi trafficatissimo) intitolato ad Arnaldo Da Brescia (1190-1255), un allievo di Abelardo e, fatalità del caso, un ribelle del governo di allora (quello papale temporale) nonché un fermo oppositore della dilagante corruzione (della Chiesa) del tempo.
È successo cento anni fa, il 10 giugno del 1924. Stava per nascere il “nuovo” governo e il presidente del consiglio era Benito Mussolini. Giacomo Matteotti, deputato del partito socialista, quel giorno era uscito di casa nel primo pomeriggio, probabilmente per andare a Montecitorio a tenere l’ennesimo fermo discorso contro il governo. Forse avrebbe anche mostrato il contenuto delle carte che portava sottobraccio avviandosi al Parlamento. Lì, seppure non ci siano prove certe, i riscontri di una corruzione ulteriore, questa volta economica, fatta di una serie di “bustarelle” da parte di una ditta petrolifera americana (la Sinclair Oil) a beneficio di Arnaldo Mussolini, fratello del futuro duce.
Il rapimento avvenne con una Lancia Trikka nera. A bordo c’erano Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo: uomini della Ceka, il potente braccio violento da scagliare contro gli avversari politici di allora.
«Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me», era stata la frase di chiusura del famoso ultimo intervento dell’onorevole Matteotti alla Camera, il 30 maggio, a undici giorni dall’agguato di Lungotevere. Non era, però, come si è sottolineato, una premonizione da parte di Matteotti alla sua fine, ma era la sua consapevolezza di aver provocato un ulteriore fastidio a chi ormai era deciso alla dittatura.
A Giacomo Matteotti sono state dedicate strade, piazze, targhe, intitolazioni di scuole, in Italia e non solo. Forse, l’onorevole socialista è il personaggio storico più presente nella odonomastica. Anche riguardo ai francobolli a lui dedicati, quello del centenario odierno è il terzo. Ciò non toglie la gravità e l’anomalia temporale della scelta fatta. Perché è successo proprio ora, proprio con le europee, il centenario dell’uccisione di Matteotti e, non secondario, l’anniversario dello sbarco in Normandia che, con il nome in codice di Operazione Neptune, avveniva in Francia, la mattina del 6 giugno di ottanta anni fa, iniziando la liberazione dell’Europa dal nazifascismo. Inopportuna, dunque, oltre che inappropriata (più di qualcuno ne ha chiesto il ritiro) la dedica di un ulteriore francobollo, che è sempre un segno di valore storico e, aggiungerei, etico, a Italo Foschi.
Chi era costui? Per raccontare chi fosse usiamo anche noi le parole di uno storico, Mimmo Franzinelli: «A lui il duce commissionava spedizioni punitive contro avversari politici: dalla devastazione dell’abitazione dell’ex presidente del Consiglio Nitti all’organizzazione di assalti ai giornali e a parlamentari aventiniani. Sodale di Dumini (tra gli esecutori materiali dell’uccisione dell’onorevole socialista n.d.r.), in qualità di segretario federale del fascismo romano gli scrisse il 29 aprile 1925 felicitandosi per la sua condotta al processo di Chieti per il delitto Matteotti: «Ho parlato di te molto in alto e ti assicuro che il tuo contegno è apprezzato moltissimo. Caro Dumini, sei un vero eroe, degno di tutta la nostra ammirazione!».
È vero, la motivazione del francobollo in onore di Italo Foschi è, oltre alla celebrazione (!) dei 140 anni dalla sua nascita (1884) anche quella di essere stato il primo presidente della As Roma, la squadra della capitale, fondata dallo stesso Mussolini con la fusione delle due società precedenti. Un fatto, apparentemente, squisitamente sportivo. Ma dietro c’è davvero molto di sconosciuto ai tanti e tante che hanno passione calcistica per la squadra romana. Italo Foschi (1884-1949) è stato un membro molto attivo del partito fascista. Ha iniziato nel 1927 come Prefetto ed è a lui che Mussolini si rivolge all’indomani del discorso di Matteotti, l’ultimo del 30 maggio, che sopra abbiamo citato.
«Perché si è scelto proprio quest’anno di dedicare una affrancatura allo squadrista romano citato dall’onorevole socialista nel suo ultimo discorso alla Camera dei deputati prima di essere ucciso?» si chiede su Linkiesta, Riccardo Nencini. La risposta è nella storia personale di questo personaggio e nel periodo particolare, attuale, in cui c’è chi ha sentito l’esigenza di dedicargli l’emissione postale. Seppure, bisogna dirlo per dovere di cronaca, forse per le numerosissime proteste, ora del francobollo a Foschi non si trova più traccia e anche il Ministero preposto sembra non farne cenno da nessuna parte. Come scomparso nel nulla.
Purtroppo, ci assale un’altra “malinconia”. Ce la comunica un’organizzazione femminile, NoiReteDonna, che l’anno scorso ha proposto, proprio per la filatelia, una rosa di nomi di donne che hanno contribuito fortemente alla Storia, quella con la “S” maiuscola. Tra loro Alma Sabatini, la linguista che si è battuta per un linguaggio di genere, Marisa Rodano (oltre che cofondatrice con Daniela Carlà di NoiReteDonna, è stata anche una partigiana e un’impegnata deputata parlamentare soprattutto a favore delle questioni femminili), e Fausta Deshormes La Valle, figlia di giornalisti, che aveva intravisto nell’Europa un’opportunità per le donne. Come Ursula Hirschmann (è tra le proposte future di Nrd), la moglie di Colorni e poi di Altiero Spinelli, che ci riporta al profumo del mare e al vento europeista che è soffiato a Ventotene da dove, lo abbiamo raccontato la volta scorsa, Ursula, convinta più che mai del progetto di un’Europa unita e democratica, portò fuori, oltre il mare, il sogno appena creato, usando l’astuto escamotage del pollo arrosto!
Per ora, però, mentre è stato emesso il francobollo dedicato a Foschi, di tutti i nomi di donna proposti è andato a buon fine solo quello dedicato a Elena Gianini Belotti, la grande pedagogista nota soprattutto per il suo Dalla parte delle bambine, caposaldo della differenza di genere. Il suo nome per ora è l’unico affermato e realizzato nel francobollo annullato con il timbro postale durante una cerimonia, appena qualche mese fa, alla Fondazione Besso a Roma.
Eppure, la storia di questo “quadratino di carta” è interessante e non è sempre nota. Ce ne dà notizia lo stesso Ministero, oggi nominato Delle Imprese e del Made in Italy: «La sua nascita — è scritto — è legata alla riforma postale inglese del 1837, elaborata da Sir Rowland Hill. Dopo tre anni di gestazione, nel maggio 1840, entrò in uso, e fu il primo francobollo del mondo, un esemplare da 1 penny di colore nero recante l’effigie della regina Vittoria, che passò poi alla storia con il nomignolo di Penny Black. Otto anni dopo, nel 1848, l’ingegnere Henry Archer ideò la perforazione meccanica del francobollo, completando la genesi del francobollo dentellato così come ci è noto oggi. In Italia il francobollo fece la sua prima comparsa il 1° giugno del 1850, quando il Regno Lombardo-Veneto emise la sua prima serie denominata Aquila Bicipite. Nel giro di pochi anni anche gli altri Stati italiani preunitari si dotarono di francobolli: il 1° gennaio 1851 il Regno di Sardegna diede alle stampe la sua prima serie, recante l’effigie di Vittorio Emanuele II, mentre il 1° aprile successivo fu la volta del Granducato di Toscana con una serie raffigurante il marzocco, stemma del granducato. Seguirono poi, nel gennaio del 1852, lo Stato Pontificio e, nel giugno dello stesso anno, il Ducato di Modena e il Ducato di Parma. Per ultima, nel 1859, arrivò l’amministrazione postale di Sicilia».
Già, l’Europa. Forse, o sicuramente, non ci credono in tanti/e. Lo hanno dimostrato le ultime elezioni che hanno riguardato il vecchio continente. Ancora una volta, e in modo ancora più marcato in tante zone dove non erano doppiate le consultazioni locali (regionali o comunali), il partito dell’astensionismo ha vinto, consolidandosi a ben oltre il 50 per cento. Chiaro, poi, che episodi come quelli accaduti alla Camera mercoledì scorso (e non è la prima volta) non sono un deterrente contro questo allontanamento popolare, e lo diciamo al di là delle responsabilità di ciò che è accaduto. Un brutto modo di mostrarsi all’Europa proprio in un momento, quello del G7 pugliese, in cui tutti i riflettori erano puntati sul nostro Paese.
Non chiudiamo il liceo classico, come recita la denominazione di una pagina social (che per altro non ci ha accolte), ma diciamo alla Scuola (quella globale, da citare con la maiuscola) di contribuire a educare i giovani e le giovani che la frequentano, per ogni ordine e grado, come si dice di prassi, al rispetto reciproco e all’abolizione decisa delle differenze per la parità, contro le brutte ritualità legate al genere, ai preconcetti.
È accaduto a Roma, in uno dei Licei d’élite della capitale, frequentato spesso dai rampolli delle famiglie del centro storico, quasi un liceo…di quartiere, quello della prima circoscrizione che, come utenza, gravita tra chi abita tra corso Vittorio e piazza Navona. Qui 5 maschi hanno pensato bene (o meglio, male) di affiggere alla porta della classe del quinto anno (la vecchia terza liceo) un elenco che affiancava a ciascuno dei loro nomi di maturandi (!), quelli di 30 ragazze “conquistate”, come in un orribile safari sessista, ed esibite a trofei di amaro sapore patriarcale! Dopo la denuncia, il 3 giugno, di un docente che ha indicato alla presidenza l’accaduto, i cinque maschi, a una manciata di giorni dalla maturità (e ci risiamo!) hanno chiesto scusa durante un’assemblea pubblica. Ci sono stati provvedimenti nei loro riguardi, che però in molti e molte non hanno giudicato sufficientemente duri: ammissione agli esami di maturità con il 6 in condotta e una settimana da passare al Telefono rosa sperando che le storie raccontate al telefono “educhino” i ragazzi al rapporto rispettoso con le loro compagne. Questo in sostituzione, comunque, della sospensione visto che la scuola è ormai finita.
Dalle ragazze della scuola (il Liceo Ennio Quirino Visconti di piazza del Collegio Romano) è arrivata però una risposta alla Direttrice didattica: «Questo grave accaduto non deve passare inosservato. La lista, scritta dai ragazzi che arbitrariamente hanno esplicitato e affiancato ai loro nomi quelli delle ragazze con cui erano intercorse relazioni private rappresenta non solo una grave mancanza di rispetto verso la dignità delle studentesse coinvolte, ma anche e soprattutto il fatto che gli autori si siano sentiti liberi di esporre pubblicamente tale elenco, senza la consapevolezza della gravità del gesto. Con la presunzione abominevole di una legittimità nel compierlo». E sui social viene ricordato che forse, tra i cognomi di quei ragazzi ce n’è più di uno altisonante!
A proposito di nomi e cognomi noti, quello di un giornalista della Rai è apparso nella cronaca di questo G7 che si sta concludendo in Puglia. È stata scelta infatti la sua ditta per fornire il vino servito a tavola durante i pranzi e le cene dei “potenti” della Terra. Mi chiedo se tutto ciò non è in conflitto di interesse con il giornalismo, che deve essere libero e indipendente. Speriamo sia una fake News! Non lo è invece quella della tensione dei governi di Parigi e Berlino nei confronti dell’Italia che avrebbe chiesto di cancellare, proprio nel G7, il riferimento all’aborto. Un passo, sempre celato dietro pretesti (discussioni ancora in corso, dicono) per l’abolizione graduale dei diritti civili.
Una bella notizia, anche questa tutta romana, è invece il treno arcobaleno in forza, per un anno intero, nella metropolitana di Roma per festeggiare il Gay Pride, che si svolge oggi per le strade della capitale a cui diamo un sincero e partecipato saluto.

Un momento di malinconia, ma spero anche di consolazione e di vicinanza a una delle nostre carissime redattrici e collaboratrice generosa di questo editoriale. Dedichiamo alla mamma di Sara, la signora Marisa, che da qualche giorno non c’è più, la poesia di oggi. Sono stupendi versi che leggeremo insieme sulla vecchiezza e un “regalo” di una mamma alla propria figlia. I primi versi sono di un grande poeta, Gabriel Garcia Marquez, l’autore dei Cento anni di solitudine. Infinitamente dedicata a chi, comunque, ci accompagna per tanti anni nella vita. E poi una poesia “dettata”, appunto, per una figlia, versi teneri e forti, della meravigliosa poeta contemporanea Mariangela Gualtieri.

Verrà il tempo in cui
avremo il passo lento,
e le mani stanche;
riposeremo seduti accanto
ad incolmabili vuoti,
con gli occhi persi
in antiche malinconie.
Avremo rughe sul viso
e sull’anima;
nel cuore
i ricordi di una vita
da raccontare,
il desiderio e il bisogno
che qualcuno
ci stia ad ascoltare.

(Gabriel Garcia Marquez)

Bambina mia.
Per te avrei dato tutti i giardini
del mio regno, se fossi stata regina,
fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma. Tutto il regno per te.
Ti lascio invece baracche e spine,
polveri pesanti su tutto lo scenario
battiti molto forti
palpebre cucite tutto intorno. Ira
nelle periferie della specie e al centro. Ira.
Ma tu non credere a chi dipinge l’umano come una bestia zoppa e questo mondo come una palla alla fine.
Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e di sangue. Lo fa perché è facile farlo.
Noi siamo solo confusi, credi.
Ma sentiamo. Sentiamo ancora.
Siamo ancora capaci di amare qualcosa. Ancora proviamo pietà.
C’è splendore in ogni cosa. Io l’ho visto.
Io ora lo vedo di più.
C’è splendore. Non avere paura.
Ciao faccia bella,
gioia più grande.
Il tuo destino è l’amore. Sempre. Nient’altro. Nient’altro nient’altro.
(Mariangela Gualtieri)

Buona lettura a tutte e a tutti.
Un saluto con un link della sua canzone più nota a un’altra donna, Francoise Hardy, che ci ha lasciate /i anche lei l’11 giugno all’età di 80 anni

Apriamo le presentazioni di questo numero con L’ alternativa francese che descrive le conseguenze delle ultime elezioni europee in Francia. Medicina di genere. Significato, enti e leggi affronta un tema molto importante e poco conosciuto che riguarda le donne: quello di una medicina pensata solo per il maschio bianco, che ignora le donne. Collegata a queste tematiche è anche la nuova serie Democrazia, economia, cura. Parte Prima che approfondisce un intervento tratto dal Convegno di Padova del 2022 di Toponomastica femminile, Città Si-cura che ci accompagnerà per cinque puntate.
Continuiamo con le Rubriche più collaudate. Per “La targa che non c’è”, in Corso Vittorio Emanuele II, n° 116. L’esperienza di Adele Costa ci racconta la storia di una grande educatrice. Per “Calendaria 2024” ci spostiamo da Roma a Londra, per conoscere Elizabeth Nina Mary Frederica Lehmann, soprano e compositrice inglese e nel Derbyshire, dove, per “Le grandi assenti”, incontriamo il talento pittorico di Dame Laura Knight. Sempre per “le Arti visive” incrociamo Caty Torta, pittrice, pilota e spirito libero.
Continuiamo a viaggiare con “Biblioteche vaganti” che con Geografia e viaggiatrici ci farà spaziare dalla Spagna alla Sicilia dell’800 fino al viaggio in Val d’Aosta di Matilde Serao.
Due sono i racconti brevi che ci terranno compagnia questa settimana: Mia sorella e il Divin Codino, per “Flash-back” e Sogno per i “Racconti brevissimi di Daniela Piegai.
Due sono anche i consigli di lettura per questa “quasi estate”: Notte di vento che passa di Milena Agus e Virdimura di Simona Loiacono.
Per le iniziative Toponomastiche presentiamo Rete di Camere d’autrice in Valle dei laghi, chiudendo la nostra rassegna con la ricetta vegana del Curry di ceci cremoso con basmati, augurandovi Buon appetito.
SM

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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