Medicina di genere. Significato, enti e leggi 

«Il corpo femminile è stato poco studiato, poco considerato e, di conseguenza, curato male. Ciò emerge con grande chiarezza esaminando alcuni dati della medicina, che per secoli è stata una medicina dei maschi bianchi per i maschi bianchi», sostiene Antonella Viola nel suo libro Il sesso è (quasi) tutto, posizione sostenuta dall’errata convinzione che, a parte i diversi apparati sessuali e riproduttivi, uomini e donne fossero equivalenti. 
È stata quindi necessaria una rivoluzione per introdurre la Medicina di Genere, cioè una medicina attenta alle differenze fisiologiche legate al sesso, ma anche alle conseguenze che le disparità di genere esercitano sulla salute. 

La lezione di anatomia del dott. Tulp– Rembrandt

Di questo argomento in Italia non si parla tanto e, per la mia esperienza, forse neanche le stesse donne sono sufficientemente informate. Vediamo quindi una breve panoramica sulla storia della Medicina di Genere, anche se va detto subito che l’Italia sconta un ritardo non piccolo nei confronti, ad esempio, degli Usa, dove l’attenzione a questo tema è iniziata fin dal 1991. 
L’interesse per una medicina che tenga conto delle differenze di genere, infatti, comincia a sorgere negli anni Ottanta con la stipula da parte dell’Onu di una convenzione volta all’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. Gli stati membri vengono sollecitati a prendere «appropriate misure per eliminare le discriminazioni verso le donne nel campo delle cure sanitarie». Negli anni successivi diversi altri organismi internazionali, quali l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms), la Comunità europea (Ce), l’Agenzia europea per il farmaco (Ema), l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Osha), i National Institutes of Health (Nih) negli Usa, intervengono con azioni specifiche. 
In accordo con le politiche internazionali in materia di Medicina di Genere, la Comunità europea interviene con la pubblicazione del documento Lo stato di salute delle donne europee (1997), che approfondisce il tema degli indicatori di salute specifici per il sesso femminile. Fonda, inoltre, due istituti dedicati, l’Istituto europeo della salute delle donne (2007) e l’Istituto europeo per l’equità di genere (2011). La Ce cura inoltre il Rapporto 2011 sullo stato di salute degli uomini d’Europa, contribuendo a mettere in luce le grandi disparità di salute tra i popoli di nazioni diverse. Successivamente, con il lancio del programma “Europa 2020”, pone l’attenzione all’importanza dell’uguaglianza di genere nell’ambito del progresso sociale. All’inizio degli anni 2000 la Ce propone le prime linee guida per l’inserimento del genere nei progetti di ricerca finanziati e nel 2011 istituisce un gruppo di esperti ed esperte con il compito di fornire una revisione dettagliata sull’innovazione “attraverso il genere”, che porterà nel 2013 alla pubblicazione del rapporto Gendered Innovations. Tale pubblicazione pone le basi per rafforzare la “dimensione genere” nel nuovo programma di ricerca Horizon 2014-2020. Nel 2016 la Ce pubblica un position paper, che propone nuove modalità per una migliore integrazione della dimensione genere nel Programma Quadro 2018-2020.  
In parallelo col crescente interesse delle maggiori organizzazioni internazionali alla Medicina di Genere, vengono fondate società scientifiche internazionali, quali la Associazione internazionale per la salute dell’uomo (Iamh), nata nel 2001, che denuncia come le diseguaglianze di salute siano causate dalla mancanza di conoscenza dell’impatto di determinanti genere-specifici sulla salute. Nel 2005 nasce la Società internazionale di Medicina di Genere” (Igm). L’anno successivo nasce l’Organizzazione americana per lo studio delle differenze sessuali (Ossd). 
In Italia, è del 2016 un Quaderno del Ministero della Salute (Il genere come determinante di salute, n. 26 dell’aprile 2016) che segnala «un’importante e attiva rete di collaborazione per il sostegno della medicina di genere, che vede al centro l’Istituto superiore di sanità (Iss) che ha un Reparto di “Malattie degenerative, invecchiamento e medicina di genere” e che sta costituendo un Centro nazionale di riferimento per la Medicina di Genere. L’Iss è in relazione e collaborazione continua con il Centro studi nazionale su Salute e medicina di genere e il Gruppo italiano su salute e genere (Giseg). C’è una convergenza di obiettivi e di azioni tra queste tre istituzioni volti alla ricerca scientifica, alla formazione degli attori nel mondo sanitario, in primis i medici, e all’informazione della popolazione Alla base di tutto ciò ci dovrebbe essere l’Università italiana. In realtà al momento solo poche scuole mediche italiane si stanno occupando di medicina di genere in modo ufficiale. Sono da citare: la Cattedra di Medicina di Genere della Scuola di Medicina dell’Università degli Studi di Padova, il Dottorato di Ricerca di Farmacologia di Genere dell’Università degli Studi di Sassari e il Master di secondo livello di Medicina e Salute di Genere dell’Università degli Studi della Basilicata. Infine vi sono numerose Regioni italiane che hanno attivato importanti azioni genere-orientate: Toscana, Marche, Umbria, Basilicata, Lombardia, Puglia, Veneto, Provincia Autonoma di Trento ed Emilia Romagna. 
Va però detto che, secondo QS (quotidiano on line di informazione sanitaria), già dal 2019 sono circa l’80% i Corsi di Medicina che hanno inserito l’approccio sesso-genere nella propria offerta formativa. Bisogna attendere poi il 2018, quando la legge 11 gennaio 2018 n. 3 dà finalmente al Governo la delega in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute. La legge è stata preceduta non solo da due Disegni di legge che non arrivarono mai alla discussione in aula, ma anche da una serie di studi, atti e raccomandazioni, come ad esempio il Tavolo di Lavoro “Salute delle donne e farmaci per le donne”, istituito presso il Ministero della Salute nel 2005, l’istituzione nel 2007 della Commissione sulla Salute delle Donne da parte dell’allora Ministra della Sanità Livia Turco, la pubblicazione da parte del Comitato nazionale di Bioetica del rapporto “La sperimentazione farmacologica sulle donne” (2008).

Salute e farmaci per le donne

Nel 2011 l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) formalizza il “Gruppo di Lavoro su Farmaci e genere” per approfondire le problematiche inerenti agli aspetti regolatori e farmacologici della Medicina di Genere e richiede alle aziende farmaceutiche di sviluppare disegni di ricerca orientati al genere e di elaborare i dati ottenuti considerando la variabile sesso. Nel 2016 è l’Aifa la prima organizzazione a includere la Medicina di Genere come area tematica nel bando pubblicato per la ricerca indipendente sui farmaci, tematica riproposta anche nel bando 2017. Nel 2017 l’Istituto superiore di Sanità istituisce il “Centro di Riferimento per la Medicina di Genere”, che svolge attività di ricerca biomedica, di formazione e comunicazione, oltre che attività istituzionale in un’ottica di genere. 
Ma torniamo alla legge 3 del 2018. Con l’articolo 3, comma 3, per la prima volta nel nostro paese il Ministro della Salute emana apposite raccomandazioni destinate agli Ordini e ai Collegi delle professioni sanitarie, alle società scientifiche e alle associazioni di operatori e operatrici sanitarie non iscritti/e a Ordini o Collegi, volte a promuovere l’applicazione della Medicina di Genere su tutto il territorio nazionale. Inoltre, di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, si decide la predisposizione di un Piano formativo nazionale per la Medicina di Genere, volto a garantire la conoscenza e l’applicazione dell’orientamento alle differenze di genere nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura. Vengono inoltre promossi specifici studi presso i corsi di laurea delle professioni sanitarie nonché nell’ambito dei piani formativi delle aziende sanitarie. Il Ministro della Salute decide infine di trasmettere alle Camere, con cadenza annuale, una relazione sulle azioni di promozione e di sostegno della medicina di genere attuate nel territorio nazionale sulla base delle indicazioni della legge, anche attraverso l’istituzione di un Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere, istituito presso l’ISS. 
Bisogna però aspettare oltre un anno per la predisposizione del Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere, che viene approvato nel giugno del 2019. Il Piano prima di tutto definisce perché la Medicina di Genere è necessaria: essa risponde al bisogno di una rivalutazione dell’approccio medico-scientifico in un’ottica di genere, per migliorare non solo le conoscenze sui diversi aspetti alla base delle differenze di genere, ma anche l’adeguatezza dell’intervento sulla salute. Il Piano quindi elenca quali sono, in particolare, le specialità della medicina in cui la Medicina di Genere è indispensabile. Facciamo qualche esempio: Farmaci e dispositivi medici, Malattie cardiovascolari, Malattie neurologiche, Malattie dell’osso, Malattie psichiatriche, Malattie respiratorie, Malattie autoimmuni, Malattie dermatologiche, senza dimenticare la Pediatria, i Vaccini e l’Oncologia. Per ciascuna delle specialità, il Piano spiega le ragioni che determinano l’importanza della Medicina di Genere.
Si va dalla scarsa conoscenza dei fenomeni cardio-vascolari nelle donne, laddove però i dati ci dicono che in Italia la mortalità per malattie cardiovascolari è maggiore per le donne rispetto agli uomini e la prima causa di morte della donna, come in tutti i Paesi industrializzati, è l’infarto del miocardio. 
Per fare altri esempi, si guardino le malattie neurologiche, che vedono le donne essere colpite più degli uomini da Alzheimer, sclerosi multipla e depressione maggiore, mentre la malattia di Parkinson ha un’incidenza maggiore negli uomini. Un altro esempio significativo è dato dall’osteoporosi, considerata una malattia prevalentemente femminile. In realtà, prima dei 50 anni uomini e donne ne soffrono in misura simile, ma la densità minerale ossea è testata negli uomini 4 volte di meno che nelle donne e la maggior parte dei farmaci per l’osteoporosi sono stati studiati solo nella donna e non sono attualmente prescrivibili agli uomini. 
Il Piano poi prosegue elencando principi generali e strategia di governance, prevedendo obiettivi per i Percorsi clinici, ricerca e innovazione, formazione e aggiornamento professionale, comunicazione e informazione. Vengono istituiti Referenti regionali e il Gruppo tecnico regionale per la programmazione delle attività di diffusione della Medicina di Genere, coordinato dal/dalla Referente regionale. Le Regioni devono: 

  • definire linee di indirizzo e obiettivi per le Direzioni generali delle Asl; 
  • realizzare un sistema di rete per la promozione e lo sviluppo della Salute e Medicina di Genere su tutto il territorio regionale; 
  • definire indicatori per genere da inserire nella raccolta e nell’elaborazione dei flussi informativi e nella formulazione dei budget sanitari;  
  • attivare sul sito regionale un’area dedicata alla Medicina di Genere supervisionata dal tavolo tecnico regionale. 

Sarebbe molto interessante verificare, Regione per Regione, quanto è stato fatto e quanto resta ancora da fare. 
Per chiudere questa panoramica, è necessario infine gettare uno sguardo sullo strumento di cui la legge 3/2018 ha dotato il Ministero della salute, e cioè l’Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere. 
Per chi volesse consultare quanto già pubblicato, l’Osservatorio è visitabile dal sito dell’Istituto superiore di sanità (https://www.iss.it/registri-e-sorveglianze): vi si possono trovare 17 documenti di grande interesse, tra cui un Glossario di medicina di genere e un Report delle attività dell’Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere – Triennio 2021-2024 (sito visitato il 29 maggio 2024). 

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Articolo di Roberta Pinelli

Ho lavorato per 42 anni nella scuola pubblica, come docente e dirigente. Negli anni fra il 2019 e il 2024 sono stata Assessora alle Politiche Sociali del Comune di Modena. Mi occupo da sempre di tematiche femminili e ho pubblicato un Dizionario biografico delle donne modenesi.

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