Oro, diamanti e altre disgrazie 

La prima volta che ho sentito parlare di corsa all’oro è stato su Topolino; le storie dei paperi narravano che Zio Paperone avesse accumulato il suo primo oro raccogliendolo nel Klonidike e ridevo pensando che l’oro scorresse in vene — alcuni depositi di oro. Più grandicella, leggevo dei ritrovamenti di diamanti grossi come uova di struzzo. Sembrava che bastasse passeggiare per un deserto sudafricano per inciampare in questi sassi preziosissimi. Di solito, una volta tagliati, diventavano degli splendidi accumulatori di sfighe. Tra questi portasfortuna: il famoso diamante blu Hope, 45,52 carati, o Le Regént, 140,64 carati, appartenuto anche a Napoleone. 
Cercare l’oro, o inciampare in sassi purissimi, mi sembravano avventure meravigliose, fiabesche. Superata l’infanzia, ho imparato che le attività minerarie, che si tratti di oro, diamanti, o altro, hanno sempre un grande impatto sull’ambiente e sono tra i lavori più pericolosi per chi se ne occupa. La Terra non cede volentieri i suoi tesori.  

Figlio delle stelle: ma come si forma l’oro? Questo elemento chimico con simbolo Au (dal latino aurum) non è originario della Terra. Si forma in galassie lontane lontane, anzi la scienza dice che si formi dallo scontro tra due stelle di neutroni, i corpi più densi dell’universo; per scatenare le complesse dinamiche chimico-fisiche che creano l’elemento oro ci vogliono quantità di energia stellari. Energie così grandi non si trovano neanche nelle esplosioni nucleari della nostra stella; per fare l’oro il sole non basta.  
Le teorie su come questo metallo tanto ambito sia arrivato sulla Terra sono diverse. Probabilmente era contenuto nella nube primordiale da cui si è formato il pianeta, di certo è arrivato, come un extraterrestre sulla sua astronave, trasportato da meteoriti e asteroidi. Anche qui mi viene in mente — la mia preparazione scientifica ha solide basi fin dalla prima infanzia — Paperino che provava a catturare pepite giganti nello spazio, con un retino montato su di un razzo.  

Tornando con i piedi per terra, i giacimenti di oro si dividono in due tipi: primario e secondario. I giacimenti primari si formano da fluidi idrotermali, caldi e ricchi degli elementi che hanno catturato in profondità dai corpi rocciosi di origine vulcanica. Questi fluidi, raffreddandosi, depositano nelle fratture delle rocce i minerali trasportati. Si formano così i filoni e le vene
I giacimenti secondari, invece, nascono dall’erosione: la roccia in superficie viene grattata dagli agenti metereologici; si formano così le pepite e le sabbie aurifere che vengono trascinate via dall’acqua e, a volte, creano dei depositi chiamati placer.  
Lo stock, la quantità di oro estratto, ammonta a 190.000 tonnellate: il 50% è utilizzato in gioielleria, circa un 20% è immobilizzato in monete e lingotti per investimento, le banche centrali ne possiedono il 17% circa e infine il 13%-14% serve alla tecnologia e all’odontoiatria. 
Le maggiori quantità di oro si estraggono in Nevada, Uzbekistan, Indonesia, Santo Domingo, Australia, dove sono le miniere più grandi, ma anche in Burkina Faso, Congo, Ghana, Colombia e Venezuela e in una miriade di punti estrattivi  a “conduzione familiare” in un’attività detta artisanal mining (estrazione artigianale). 

Miniera d’oro in Australia
Estrazione artigianale oro

Dal profondo del pianeta. Tutta un’altra storia quella dei diamanti. È noto che il diamante non sia altro che carbonio, lo stesso elemento del carbone o della grafite. La differenza è nella struttura: il diamante ha un reticolo cristallino, dove gli atomi di carbonio sono distribuiti in forme regolari (tetraedri e ottaedri di solito). La struttura degli atomi è il risultato dell’azione delle altissime pressioni e temperature nell’ambiente in cui il minerale si forma. Queste condizioni ambientali particolari sono possibili solo nel mantello, tra i 150 e 220 km. di profondità. I diamanti risalgono da quelle profondità per azione dell’attività vulcanica, ma — e il perché non è ancora del tutto chiaro — le uniche rocce che riescono a portarli fino alla superficie sono le kimberliti. Questa roccia deve il nome alla città di Kimberly in Sud Africa, dove è stata identificata per la prima volta; prima di raffreddarsi la kimberlite è un magma povero in silicati, che risalendo durante un’eruzione, forma dei condotti caratteristici detti camini.  

Diamante nella matrice

Anche per i diamanti si parla di giacimenti primari, quando i cristalli vengono estratti direttamente dalla matrice kimberlitica, o secondari quando si trovano in terreni alluvionali che si sono formati dal disgregamento della roccia madre.  
Questo minerale è stato anche oggetto di pubblicità ingannevole. “Un diamante è per sempre”, slogan di qualche anno fa, considerando tempi geologici è un’eresia: alle nostre pressioni il diamante è instabile e tende, in qualche milione di anni, a tornare alla grafite, struttura di carbonio molto più stabile.  
I diamanti vengono estratti in Russia, Australia, ma soprattutto in diversi Paesi africani: Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Tanzania, Botswana, Lesotho, Sud Africa, Namibia, Angola, Ghana, Sierra Leone e Guinea. Ma spesso le miniere sono di proprietà di grandi gruppi come: la De Beers, presente in 25 paesi al mondo, la Alrose, compagnia russa che detiene circa il 25% delle estrazioni mondiali, il Rio Tinto Group, e la BHP Billiton, società Anglo Australiana.  

Miniera di diamanti in Russia

Miniere e dolore. Ricercati e contesi dall’inizio dell’umanità, oro e diamanti hanno un prezzo elevato, non solo nel momento in cui si compra un gioiello o si decide di investire in monete e lingotti. Le attività estrattive e minerarie hanno impatti negativi importanti sia sull’ambiente sia sulle persone. Per quello che riguarda l’ambiente le attività estrattive provocano erosione su larga scala, con conseguente aumento dei sedimenti in fiumi e laghi, turbandone l’equilibrio. I cumuli di terra scavati possono, nel tempo, assumere dimensioni notevoli, avere problemi di stabilità e dare origine a frane e smottamenti. La deforestazione è una pratica comune nei territori in cui devono sorgere le miniere, a cui segue un’incalcolabile perdita di biodiversità. 
Le miniere inquinano. In particolare l’estrazione dell’oro comporta l’uso di sostanze chimiche altamente tossiche, come arsenico, piombo, mercurio, sottoprodotti del petrolio, acidi e cianuro. Queste sostanze possono inquinare le fonti d’acqua e danneggiare la fauna e le popolazioni che vivono in prossimità delle miniere. E se l’ambiente piange gli esseri umani non ridono di certo. Abbiamo visto che le maggiori concentrazioni di oro e diamanti si trovano in Paesi con notevoli difficoltà economiche, con popolazioni spesso sfruttate. Molte operazioni di estrazione di diamanti e oro vengono svolte in condizioni di lavoro terribili, con salari bassi e alti rischi di infortuni o malattie. Il lavoro minorile è molto diffuso, e bambine/i spesso subiscono abusi. Si stima che un terzo delle 45.000 delle persone che lavorano nelle miniere boliviane siano minori e a questo conteggio sfuggono molte piccole miniere più o meno legali. Si parla addirittura di traffico di esseri umani, o quantomeno di lavoro coatto, ai limiti e oltre della schiavitù
I rischi per la salute sono molti, in particolare, per le attività estrattive artigianali non c’è un orario di lavoro fisso, e si lavora senza protezione ed esposti alle intemperie, a volte l’estrazione avviene in gallerie scavate nel terreno, spesso instabili. Il materiale estratto subisce una prima lavorazione sul posto con prodotti chimici dannosi, come il mercurio per l’estrazione dell’oro. Nelle miniere vengono frequentemente utilizzati gli esplosivi con tutti i rischi connessi a queste tecniche.  

Minatori in un cunicolo
Camerun, estrazione artigianale

I diamanti sono stati utilizzati per finanziare guerre civili, i famigerati diamanti insanguinati. Per questo motivo nel 2003 è stato istituito un percorso di certificazione — The Kimberley Process Certification Scheme — che traccia l’origine dei diamanti. La certificazione non sempre è sufficiente; parte dei diamanti in circolazione è ancora frutto di attività criminali. E anche il commercio dell’oro è uno dei modi più utilizzati per il riciclo di denaro sporco. Molti stanno affrontando a diversi livelli il problema etico del commercio di oro e diamanti e si pensa ad alcune alternative, come l’uso in gioielleria di gemme artificiali e l’acquisto di oro “vecchio” o del cosiddetto oro etico, frutto di attività non nocive per l’ambiente, e sicure per i lavoratori.  

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Articolo di Sabina Di Franco

Geologa, lavora nell’Istituto di Scienze Polari del CNR, dove si occupa di organizzazione della conoscenza, strumenti per la terminologia ambientale e supporto alla ricerca in Antartide. Da giovane voleva fare la cartografa e disegnare il mondo, poi è andata in un altro modo. Per passione fa parte del Circolo di cultura e scrittura autobiografica “Clara Sereni”, a Garbatella.

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