Spazio all’arte contemporanea

Dopo la narrazione della visita guidata, a cui abbiamo avuto il piacere di partecipare, all’Archivio Viafarini e alla mostra Address Unknown – Città, limiti, confini, nella Fabbrica del Vapore di Milano, pubblicata nel numero scorso di Vitamine vaganti, abbiamo l’occasione molto gradita di conversare con l’artista da cui abbiamo ricevuto l’invito, Rebecca Agnes, che ci ha fatto da Cicerone insieme a Giulio Verago, curatore della mostra.

ViaFarini, opera di Rebecca Agnes, AddressUknown, by Emanuele Sosio Galante

Rivolgiamo loro alcune domande, per conoscere il percorso personale e professionale che li ha condotti a oggi, e soprattutto conoscere le prospettive future del loro cammino.

Iniziamo con Rebecca Agnes.

Rebecca Agnes

Nel presentarti durante la visita alla mostra, ti sei definita “artista visiva”, ci vuoi dire che cosa significa?
Ho utilizzato il termine artista visiva per rendere esplicito in che ambito opero, cioè che utilizzo tecniche percepibili principalmente attraverso la vista (immagini) visto che il termine artista può riferirsi a diversi campi di produzione culturale come musica, teatro, arte.

Quale percorso scolastico ed esperienziale hai avuto, che ti ha condotta a sviluppare a tua vena artistica?
Ho sempre amato disegnare sin da bambina e i miei genitori mi hanno regolarmente portato a visitare diversi tipi di musei, da quelli archeologici a quelli di arte contemporanea, e questo ha sicuramente influenzato la scelta di frequentare prima l’istituto d’arte e poi l’Accademia di belle arti di Brera, dove ho seguito il corso di pittura di Alberto Garutti con assistente Anna Sostero, e il corso di storia dell’arte di Laura Cherubini con Giacinto Di Pietroantonio.

Sappiamo che sei stata a Berlino per lavoro: ce ne parli?
Dal 2006 mi sono trasferita a Berlino e vi ho vissuto in pianta stabile fino al 2020, momento in cui ho iniziato ad alternare periodi lunghi di residenza fra Milano, Berlino e un giardino in Eberswalde, dove insieme a un piccolo gruppo di altre persone abbiamo iniziato a coltivare ortaggi, erbe ed erbacce per noi e dove possibile per gli abitanti non-umani del posto. Tutti questi luoghi sono casa anche perché lə miə partner é berlinesə, e vi abbiamo amicizie e famiglia, oltre che lavorarci. A Berlino accanto alla occupazione artistica sono parte di una associazione culturale no-profit di nome Peninsula e.V. che opera come piattaforma interdisciplinare per presentare mostre e progetti in collaborazione con la scena artistica internazionale di Berlino.

Nephelococcygia we are in this together but we are not all human, one and the same

Abbiamo avuto modo di apprezzare il tuo progetto, ancora in progress, La città di chi? Ci vuoi illustrare altre tue opere?
Mi piacerebbe parlarvi dell’ultimo lavoro che ho realizzato Nephelococcygia: we are in this together, but we are not all human, one and the same, che in italiano potrebbe essere tradotto come Nubicuculia: siamo in questa situazione insieme, ma non siamo tuttə umanə, unə e uguali. Il lungo titolo combina il termine nephelococcygia, che in inglese indica sia la città utopica mai finita nella commedia Gli uccelli di Aristofane, sia l’atto di cercare e trovare forme tra le nuvole, con una citazione leggermente alterata di Rosi Braidotti. Il lavoro consiste di una serie di slogan stampati su stoffa multi funzione, nel senso che possono essere appesi a un muro come opere d’arte, indossati come un pareo oppure portati a una manifestazione — visto che le risorse sono preziose e limitate e che in futuro non troppo lontano potremmo non essere più in grado di permetterci articoli specializzati che svolgano un solo compito. Le frasi riportate sono fortemente influenzate da posizioni femministe, antispeciste e antiessenzialiste. Ad esempio «il profumo del prato tagliato è l’urlo di dolore dell’erba», «insieme perseveriamo», «fare shopping fino ad estinguersi», «un’altra società è possibile de-gerarchizzando le relazioni fra specie».

Nephelococcygia installata alla mostra Ante Litteram

Che cosa vuoi che ti riservi il futuro? Hai già in mente e sul piatto le prossime azioni?
Al momento, come avete già accennato voi, sto continuando a lavorare a La cittá di chi? In pratica sto camminando per le vie di Milano, disegnando e leggendo. E ho appena iniziato a leggere Mappa Femminile della città di Milano di Lorenza Minoli su vostro suggerimento. Prossimo evento in cui sarò coinvolta é l’Open Studio del 10 luglio all’Archivio di Viafarini, ma ve ne parla meglio Giulio.

Che cosa consiglieresti alle ragazze che vogliano seguire le tue orme?
Faccio un po’ fatica a dare consigli a persone giovani (ragazze o non) perché stanno crescendo e si stanno formando in una realtà molto diversa dal contesto in cui io ho iniziato a fare arte. Non solo per quanto concerne l’accademia e i luoghi di produzione, ma anche i media, le nuove tecnologie, i social. Purtroppo nonostante le grandi opportunità date dal web sia di creare comunità che diffondere idee, raccontare storie, dare voce a persone marginalizzate o “tradizionalmente” escluse dalla società, stiamo vivendo un periodo che con la sua contro (contro) informazione, fake news e frammentazione delle notizie ci mostra, e non solo a chi è giovane, che bisogna non dare per scontati i diritti acquisiti dalle generazioni precedenti e che la strada per una reale uguaglianza nella diversità e specificità di ciascuna persona è ancora al di là da venire.

Passiamo ora a Giulio Verago.

Giulio Verago

Ti conosciamo come curatore di questa mostra allestita presso la Fabbrica del Vapore, ma ci vuoi parlare meglio del tuo lavoro? In che cosa consiste?
Sono curatore di un programma di residenza per artisti e artiste. Se preferisci, un curatore di relazioni nel tempo più che di opere nello spazio. Tra i miei compiti c’è quello di selezionare periodicamente un gruppo di artiste/i italiani e internazionali e cercare di metterli nelle condizioni di lavorare al meglio ai loro progetti e di offrire spunti e chiavi di lettura sulla città, soprattutto per chi si occupa di arte contemporanea all’estero. Poi come tante e tanti lavoratori nel settore della cultura e del non profit, sono diversi, indossano cappelli diversi, dal progettista culturale per applicarsi ai bandi che rendono sostenibile il lavoro di un meccanismo complesso come è Viafarini, fino al social media manager e al mediatore culturale. Personalmente, ho studiato filosofia e comunicazione e questo percorso mi ha forse permesso di affinare l’empatia e l’ascolto, che sono componenti fondamentali del mio lavoro.

Sappiamo che l’archivio/centro Viafarini è anche uno spazio di promozione, residenzialità ma anche programmi di mobilità per giovani artisti e artiste di arte contemporanea: come si svolge tutto ciò?
La mostra Address Unknown. Città, limiti, confini ha voluto fissare dei punti, mostrare delle traiettorie/riflessioni sulla città, mostrare un tipo di lavoro che raramente trova collocazione nelle gallerie commerciali ma che è quanto più essenziale oggi.
Il programma di residenza che curo è articolato in tre periodi di quattro mesi ciascuno, durante i quali gli artisti e le artiste hanno modo di conoscersi, confrontarsi, scoprire quello che Milano ha da offrire e lavorare alla restituzione finale in forma di Mostra Open Studio. Diversamente dalle mostre in galleria, si aprono le porte degli studi per permettere a chi li visita di scoprire tanto le opere quanto il percorso di lavoro e ricerca che ci sta dietro.
Il programma di residenza Viafarini offre anche la possibilità di consultare il patrimonio del suo centro di documentazione, con 16.000 libri e cataloghi d’arte contemporanea e 5.000 portfolio di artiste/i, recentemente digitalizzati e accessibili al portale www.viafariniarchive.org.

Per la tua esperienza a contatto con giovani artisti, artiste e, penso, spesso, anche altro come identità di genere, quali differenze hai colto? Non mi riferisco certo alla biologia, ma rispetto alla società e al loro vivere nei diversi ambienti, climi e mentalità sociali.
Lo spazio della residenza è importante rimanga uno spazio di accoglienza e ascolto, orientamento e crescita sia professionale che umana, uno dei rari contesti nei quali l’artista può concedersi il lusso di “errare” e di percorrere anche la strada più lunga e meno intuitiva.
Ho cercato in questi anni di coltivare un clima non giudicante e quanto più inclusivo, e di mettere a disposizione di chi lavora con me materiali di ricerca che esplorano l’impatto della questione di genere e della uguaglianza di genere, soprattutto nel nostro Paese. Parallelamente con iniziative come Engage Public School nel 2017 abbiamo affrontato il tema dell’oppressione di genere, dando voce ad artiste/i e operatori/trici socio-culturali, anticipando forse in Italia un dibattito che abbiamo visto detonare nello scenario post pandemico. Come femminista e come membro della comunità Lgbtqi+ l’inclusione è un tema che naturalmente mi sta a cuore ed è importante potermi confrontare con tantə alleatə dentro e fuori il mondo dell’arte.
Il formato che abbiamo ottimizzato qui in Viafarini è basato sulla condivisione orizzontale, non gerarchica, per permettere che anche artisti e artiste con retroterra distanti possano trovare un terreno comune, un riconoscimento reciproco, attraversando le contraddizioni senza negarle.

Prossimi appuntamenti?
Il 10 luglio organizziamo alla Fabbrica del Vapore l’evento di restituzione Open Studio, aprendo le porte degli studi Viafarini dalle 11.00 alle 21.00.
Viafarini ha inoltre dal 2021 attivato il nuovo spazio Viafarini Work, uno spazio polifunzionale di produzione artistica, cinematografica e di eventi socio-culturali in dialogo con le molte realtà che animano il quartiere Corvetto. L’11 giugno abbiamo inaugurato 400 metri quadri di spazio “Garage” riqualificato, grazie a un workshop di progettazione partecipata e con il supporto di Fondazione Cariplo. Nello spazio attiveremo sia momenti laboratoriali che espositivi, anche con attività di formazione ed educazione attraverso l’arte condotte da artisti, come “Campus Itinerari Corvetto”, che favorisce l’accesso alla cultura per famiglie a rischio esclusione sociale.

Particolare di City Spheres Corvetto di Baukje Spaltro

Ringraziamo per il tempo che ci è stato dedicato e complimentiamoci con chi promuove cultura e sperimentazione, per offrire a chi è giovane importanti opportunità e alla società tutta modi per essere più civile e aperta di quanto non sia ora. Arrivederci il 10 luglio alla Fabbrica del Vapore di Milano😊

In copertina: opera di Rebecca Agnes (particolare). Foto di Danila Baldo.

***

Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, già docente di filosofia/scienze umane e consigliera di parità provinciale, tiene corsi di formazione, in particolare sui temi delle politiche di genere. Giornalista pubblicista, è vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile e caporedattrice della rivista online Vitamine vaganti.

Lascia un commento