Vera Gheno, la grammamante che immagina futuri con le parole

Vera Gheno, sociolinguista, traduttrice dall’ungherese e collaboratrice per vent’anni con l’Accademia della Crusca, è una figura di spicco nel campo della comunicazione digitale e dell’educazione linguistica, con un ricco background accademico e una vasta esperienza come autrice e podcaster. Spesso ospite per presentare il suo ultimo libro Grammamanti. Immaginare futuri con le parole in incontri letterari, trasmissioni televisive e interviste esclusive (come quella filmata per Snoq Lodi e Toponomastica femminile del 3 giugno 2024) condivide con convinzione l’importanza delle parole nelle nostre vite, sostenendo che esse ci offrono infinite possibilità e ci permettono di migliorare la nostra esistenza e di cambiare il mondo.

Vera Gheno, Grammanti. Immaginare futuri con le parole, Einaudi, Torino, 2024


Nel raccontare il suo percorso come autrice, rivela come siano proprio le case editrici che spesso le chiedono di scrivere libri, piuttosto che il contrario. Questo approccio riflette il suo profondo legame con il linguaggio e la sua passione per la lingua italiana e su quanto importante stia diventando questo argomento.
Gheno si concentra principalmente sulla comunicazione digitale e interviene di frequente su giornali e riviste trattando temi come il sessismo e l’inclusività nella lingua italiana. Promuove l’uso dello Schwa in contesti scritti e orali, come alternativa al maschile non marcato  — che utilizza il maschile plurale per indicare gruppi misti  — ma ritiene che non si possa o debba considerare una posizione ben definita, bensì una ricerca in piena evoluzione.

Firmacopie Vera Gheno

Condivide, negli incontri, aspetti della sua vita personale, parlando delle sue esperienze e delle difficoltà nei rapporti interpersonali, sottolineando l’importanza del rispetto e della libertà nei legami, raccontando anche del suo matrimonio fallito e delle numerose relazioni successive, arrivando alla conclusione che un vero rapporto passa attraverso il riconoscimento delle potenzialità, la fiducia e il rispetto reciproco. Nel corso della carriera di insegnante, durata vent’anni, Gheno ha appreso molto dalle generazioni di studenti che ha incontrato, ha compreso come spesso le giovani donne si trovino a dover affrontare le limitazioni imposte dai loro partner maschili e come sia importante che queste restrizioni non diventino ostacoli ai loro sogni e aspirazioni.

Il libro Grammamanti. Immaginare futuri con le parole è una dichiarazione d’amore verso la lingua italiana, frutto delle sue molteplici esperienze personali e professionali. L’origine del titolo nasce dalla sua idea di voler trovare una parola da contrapporre al termine ‘grammarNazi’, che viene usato per descrivere chi corregge ossessivamente gli errori grammaticali, in modo pedante e soprattutto in rete. Riflettendo su questo fenomeno, Gheno ha cercato un termine che esprimesse l’amore per la lingua, che descrivesse quindi l’esatto contrario di un atteggiamento critico e negativo. Così è nata la parola ‘grammamante’, che definisce una persona che ha un rapporto maturo e affettuoso con la propria lingua, lo stesso tipo di rapporto maturo che dovremmo puntare ad avere con le persone che conosciamo e con le/i nostri partner. Evidenzia dunque l’importanza di un rapporto sano con la lingua, che dovrebbe essere amata e liberata, piuttosto che difesa rigidamente.

In Italia  — sottolinea Gheno  — «spesso si sviluppa un rapporto insano con la lingua, a causa della paura del cambiamento e della mancanza di apprezzamento per le sue sfumature. Questa rigidità ha radici nel modo in cui la grammatica è stata tradizionalmente insegnata, focalizzandosi troppo sugli aspetti formali e non abbastanza sull’uso pratico e appassionato del linguaggio». Un aspetto fondamentale del lavoro dell’autrice è la sua riflessione sulla centralità del linguaggio nelle rivendicazioni identitarie. Spesso chi non subisce il peso delle parole non riesce a comprendere quanto queste possano influenzare profondamente la vita delle persone. Ogni scelta linguistica è un atto politico, che può dare o negare visibilità e importanza. L’unico vantaggio è che in Italia, con la nostra lingua ‘giovane’, siamo in grado di leggere anche testi del 1300 senza laurea, cosa che non succede in Inghilterra perché nel frattempo la lingua inglese si è evoluta, a differenza di quella italiana che è rimasta bloccata per secoli, per paura dei cambiamenti.

Nel suo libro Vera Gheno racconta la storia presunta della donna primordiale, che a un certo punto dell’evoluzione perde il pelo e quindi non può più caricare la propria prole sulle spalle, si trova quindi costretta a dover inventare un modo per comunicare a distanza, diventando così lei la persona che dà inizio al linguaggio: un atto d’amore per i suoi figli e le sue figlie. Riferisce anche l’ipotetica vicenda di una linguista che entra in contatto con degli alieni, o delle aliene, e che deve trovare il modo di comunicare. Ci riesce scegliendo una parola particolare: human, così come nel film Arrival.

Vera Gheno, Grammanti. Immaginare futuri con le parole, Einaudi, Torino, 2024

Viene spesso citato nei suoi interventi il linguista Tullio De Mauro, il quale sosteneva che l’educazione linguistica dovrebbe andare oltre la semplice grammatica formale e abbracciare una comprensione più ampia e appassionata del linguaggio. De Mauro ha promosso una visione democratica dell’educazione linguistica, che valorizzi la complessità; la sua pubblicazione, nel 1975, con i Gruppi Giscel (Gruppo di intervento e studio nel campo dell’Educazione Linguistica) offre un documento importante che si trova ancora in rete e che si intitola Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica, dove enuncia la necessità di portare la linguistica a scuola per arricchire l’uso quotidiano della lingua.

La scrittrice Vera Gheno esplora con linguaggio brillante anche il concetto di normalità nella nostra società, rifacendosi al filosofo spagnolo Paul B. Preciado, esperto di teoria queer e studi di genere che, in una sua prolusione davanti agli psicanalisti freudiani a Parigi, disse: «Voi, bianchi psicanalisti borghesi, post coloniali, etero cisnormativi e quindi ‘normali’, pensate di non avere un’identità, pensate che l’identità sia una cosa che tocca solo chi è marginalizzato. Voi non vi rendete conto ma avete l’identità più sclerotica di tutte. Che è ancora più insidiosa perché sembra trasparente. O tutti e tutte abbiamo un’identità o l’identità non esiste», evidenziando come la normalità sia spesso percepita come trasparente, invisibile, mentre le identità marginalizzate vengono costantemente etichettate e definite dalle persone considerate e che si definiscono “normali”. Questo squilibrio genera una dinamica di inclusione che di frequente non lascia spazio alle persone diverse di definirsi autonomamente.

Gheno afferma: «La nostra società ha sempre coltivato il mito della normalità, chi è normale ritiene di non avere bisogno di etichette, le etichette appartengono ai diversi. Ma chi è che decide chi sono i diversi, chi nomina i diversi? I normali. Il sistema quindi è sbilanciato e genera una serie di conseguenze compresa l’idea di inclusione. Chi è che include e non discrimina? I normali. Chi viene escluso? Le persone diverse, cui viene preclusa ogni possibilità di scegliere come venire incluse perché sono sempre e comunque considerate un accollo della società. Siano disabili, persone Lgbtqia+ o altro».

Vera Gheno
Grammanti. Immaginare futuri con le parole
Einaudi, Torino, 2024
pp. 160

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Articolo di Giulia Bortolini

Mi occupo di fotografia, progetto e realizzo mostre fotografiche a tema, videoreportage (personali e su richiesta), docuvideo, videolezioni per le scuole, locandine, gestisco social media, disegno Màndala. Attivista di Se Non Ora Quando? Lodi e associata di Toponomastica femminile.

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