Il Palio pesciatino in onore di santa Dorotea

In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, presso l’Archivio di Stato di Pescia (Pistoia) è stata inaugurata il 23 settembre una mostra documentaria che rimarrà aperta fino al 23 ottobre, dal titolo Il Palio di Pescia nelle carte d’archivio. Alcuni pannelli esplicativi illustrano la storia del Palio e la sua evoluzione nei lunghi secoli con notizie tratte dai volumi: Il Palio di Pescia nella tradizione e nell’età moderna di L. Silvestrini e C. Bottaini (Buggiano, 1999) e Il Palio e la Giostra per una città: Pescia a cura di L. Silvestrini (Buggiano, 2012).

Locandina del Palio di Pescia

Da questi si viene a sapere che dal 1340 la comunità pesciatina decide di organizzare una festa annuale in onore della patrona santa Dorotea il 7 febbraio in ricordo del ritorno degli esuli guelfi e dell’entrata in Pescia del primo rappresentante fiorentino. Viene allora disputato il Bravìo, dal latino bravium, ovvero “dono da assegnare al vincitore”. Si tratta di una gara di corsa a cavallo; al vincitore verranno consegnati un drappo di dieci braccia di panno scarlatto e una banda di stoffa lilla con dipinti i gigli, simbolo di Firenze. La festa inizia la mattina con la processione, segue la messa nella chiesa di Santo Stefano, quindi la gara. Si va avanti regolarmente fino alla fine del XIV secolo quando una epidemia di peste interrompe la consuetudine; si riprenderà negli anni Trenta del secolo XV, ma per una serie di difficoltà economiche c’è ogni volta il rischio di non riuscire a organizzare degnamente la festa. Nel 1471 la competizione, divenuta più spettacolare, si svolge fuori dalle mura, presso l’attuale via Traversa; dello stesso anno è pure la parodia del Palio: una corsa a piedi delle prostitute del postribolo locale detta “palio delle Puelle“. Nel 1526 è l’edizione più bella a cui partecipano 39 musici, gareggiano 7 cavalli arabi e il premio diventa più ricco: ben 16 braccia di damasco rosso. Una carestia, una nuova epidemia di peste, vicissitudini politiche e militari creano le condizioni per interrompere ancora una volta l’usanza.

Il Saracino-foto tratta dal volume Il Palio e la Giostra per una città Pescia

Nel 1596 si decide di riprendere le celebrazioni, ma in altra forma, ovvero con la Giostra del Saracino. Nel 1608 avviene l’acquisto per 35 lire del busto ligneo del Saracino che, dopo il restauro, dal 2012 si trova nel Museo Civico. La festa inizia il 6 febbraio con l’esposizione dei premi consistenti in pezzi d’argenteria con impressa l’immagine del delfino, che figura nello stemma della città. Il giorno seguente si svolgono la processione, la messa solenne, la competizione in piazza Grande. Dal 1635, parallelamente, si disputa anche una sfida letteraria con gara di abilità di botta e risposta a tema. A partire dal 1677, forse per mancanza di partecipanti, la festa rimane strettamente nell’ambito religioso. Un secolo dopo si organizza una gara di cavalli nel mese di settembre; nell’Ottocento alcune manifestazioni si svolgeranno in maggio, ma si dovrà attendere il carnevale del 1908 per avere di nuovo la Giostra del Saracino e il 1925 per le feste del Crocifisso, ancora in maggio. Dal 1978 si tiene il Palio dei Rioni, nato come Torneo del Saracino e diventato Palio degli Arcieri, arrivato alla 46esima edizione; consiste in gare di tiro con l’arco e imponenti rievocazioni storiche in costume con tamburini, figuranti, sbandieratori, giocolieri. I quattro rioni sono San Francesco, San Michele, Ferraia e Santa Maria; gli arcieri si contendono, come a Siena, un “palio”, ovvero un drappo dipinto che riproduce un evento storico legato alla città. Oggi – per motivi di richiamo turistico e per il migliore clima – la data della festa è stata spostata da febbraio alla prima domenica di settembre. Alcune foto dell’edizione del 1982 sono visibili nella sala d’ingresso.

La sala con i documenti e la bacheca a destra.
Foto di Laura Candiani

I documenti esposti nel bell’edificio, andando in ordine cronologico, cominciano dal 1372, quando Michele di Puccino, capitano di Parte Guelfa, ha l’incarico di organizzare il Bravìo; provvederà all’acquisto della banda lilla, alle spese per il sarto e a procurare l’apposita asta, il tutto costerà 12 fiorini d’oro. Appartiene al 1390 la nota delle spese effettuate per un totale di 12,5 fiorini, 5 lire, 12 soldi, 6 denari. Del 1447 è l’elenco dei capitani eletti in rappresentanza delle 10 Arti pesciatine.

1471 Palio delle Puelle. Foto di Laura Candiani

Nel 1471 viene organizzato il citato palio derisorio delle Puelle, in cui si sfidano nella corsa alcune prostitute: Francesca, Battistina, Agata e Margherita di Pescia, Rachenna di Pistoia, Pellegrina di Tonio Lemmi di Castelvecchio che vince e si aggiudica il premio, consistente in una pezza di lana di colore verde. In relazione al 1526, l’anno della gara più ricca, quando si verificò la partecipazione di 39 musici, si leggono in un documento i loro nomi e i relativi compensi. Nel 1598 Priori e Capitani dichiarano di accogliere l’ammonizione del prelato Andrea Turini di non svolgere la Giostra del Saracino in tempo di Quadragesima (ovvero di Quaresima). In occasione dell’ultima edizione del 1677 si dà notizia dello spareggio per il terzo e quarto posto e della distribuzione dei premi.

1383- capolettera. Foto di Laura Candiani

Altri documenti di grande interesse per la storia cittadina sono sistemati in una bacheca per salvaguardarli al meglio; primo fra tutti il capolettera del 1383 con una delle più antiche rappresentazioni dell’arma parlante di Pescia con il delfino di colore rosso, l’animale marino simbolo di coraggio e lealtà, stemma ufficialmente concesso nel 1929. Lo stesso figura nel frontespizio del Libro d’oro delle famiglie nobili, appartenente al fondo del Comune di Pescia preunitario.

Libro d’oro della nobiltà
1340 Regole da seguire per la festa di santa Dorotea.
Foto di Laura Candiani

Un prezioso volume scritto in latino, dell’anno 1340, elenca le regole da seguire per la festa di santa Dorotea. Grazie alla traduzione di Alberto Maria Onori, veniamo a sapere che la giornata in onore della «protettrice e avvocata del comune di Pescia» è festiva a tutti gli effetti, quindi non si deve lavorare; ogni anno vengono eletti tre operai che controlleranno il corretto funzionamento delle celebrazioni. In tutte le chiese cittadine andrà dipinta una immagine della santa, ogni famiglia si dovrà dotare di un cero e si dovrà procedere alla luminara per le vie, alle finestre, negli spazi pubblici. Nella chiesa di Santo Stefano dovrà essere realizzato un altare in onore della patrona e annualmente si dovrà svolgere il Palio. In un documento del 1617 vengono illustrate le regole per impedire irregolarità durante lo svolgimento della Giostra del Saracino.

Il testo più recente risale al 1925, esposto per gentile concessione di Lando Silvestrini; si tratta del Bando della manifestazione ancora denominata Giostra del Saracino che si sarebbe svolta il 10 maggio.

Non possiamo concludere questo breve excursus nelle tradizioni pesciatine senza fornire qualche notizia sulla patrona in onore della quale si sono svolti per tanti secoli i palii, le giostre, le feste e che ancora oggi è celebrata dalla devozione popolare.

Pescia, Chiesa di San Francesco, Jacopo Ligozzi Il martirio
di santa Dorotea 1595

La vicenda di Santa Dorotea si lega alla cittadina toscana perché i suoi simboli sono fiori e frutti e Pescia è appunto un importante centro del vivaismo e della floricultura. La giovane cristiana – nata a Cesarea in Cappadocia e morta in data incerta (intorno al 311) – era dedita alle opere di carità e, durante le persecuzioni ordinate dall’imperatore Diocleziano, rifiutò di convertirsi, nonostante le torture; fu allora affidata a due sorelle che avrebbero dovuto convincerla ad abiurare la propria fede. Accadde invece il contrario e Crista e Callista furono messe al rogo, mentre Dorotea fu condannata alla decapitazione. Poco prima del martirio un uomo di nome Teofilo per schernirla le chiese di operare un miracolo, portandogli frutti e fiori; dopo breve tempo comparve un bambino recando tre mele e tre rose che lei offrì a Teofilo. Rimasto colpito dal prodigio, anche lui si convertì, per essere presto torturato e decapitato. Entrambi quindi vengono festeggiati il 6 febbraio. La santa è patrona di giardiniere/i, floricoltori, vivaiste/i, fiorai/e, birrai/e e delle giovani coppie, ma anche di messaggeri e messaggere; probabilmente l’uso delle spose di portare in mano alle nozze un mazzolino di fiori si deve proprio a lei che era destinata a uno sposo divino. È venerata sia dalla chiesa cattolica che da quella ortodossa. Le sue reliquie si trovano a Roma, a Solofra (Avellino) e a Castro (Lecce). Pescia, nonostante avesse un santo locale di riferimento, sant’Allucio, per lungo tempo non ha avuto ufficialmente un patrono o una patrona, quindi la popolazione, che già contava circa 3000 abitanti (oggi sono poco più di 19.000), insieme al clero, scelse come protettrice santa Dorotea fino dal 1339; ben presto le furono dedicati i solenni festeggiamenti di cui abbiamo dato conto e che questa interessante mostra illustra efficacemente.

In copertina: Pescia, Archivio di Stato (ex casa del fascio) foto di Laura Candiani.

***

Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

Lascia un commento