Karen Keskulla Uhlenbck. Una eccellente e accattivante matematica 

Per una persona addetta ai lavori, “nuotare” fra la stragrande quantità di studi nell’ambito della matematica, prodotti da Karen Keskulla Uhlenbeck (Cleveland, 24 settembre 1942), costituisce un immenso piacere. Per i non addetti, la biografia di una eccellente e accattivante matematica americana riconosciuta a livello mondiale, può rappresentare un esempio e un impulso per percorsi simili sia in matematica che in altri settori del sapere. Si palesa al nostro sguardo la figura di una “mentore”. Immagino che sia riuscita a fare apprendere Matematica anche ai sassi!!!! 

Studiosa attiva e fattiva, già da bambina lettrice instancabile, ha percorso i sentieri della curiosità che si trasforma poi in interesse fino ad appassionarsi alle discipline scientifiche. Sua madre era un’artista e insegnante, suo padre ingegnere. Karen era la maggiore di quattro figli e vivendo in campagna si “inabissava” nella lettura.  
Entrò all’Università del Michigan con l’intenzione di studiare Fisica, ma tra lo studio di interessanti corsi di matematica e la scoperta che le esercitazioni di fisica non erano il suo forte, scaturì la decisione di passare alla Matematica conseguendo la laurea nel 1964 e continuando i suoi studi alla Brandeis University, dove nel 1966 conseguì un Master e nel 1968 ottenne il Dottorato di ricerca sotto la supervisione di Richard Palais, noto matematico americano oggi professore emerito . 
Il primo incarico di Karen fu di un anno nel 1968-69 presso il Massachusetts Institute of Technology. Poi un altro incarico temporaneo, questa volta biennale, come docente presso l’Università della California, Berkeley, nel periodo 1969-71. 

Riporto la sua descrizione della faticosa ricerca di una cattedra duratura nel tempo: «Mi è stato detto, mentre cercavo lavoro dopo il mio anno al Mit (Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti università di ricerca del mondo con sede a Cambridge, nel Massachusetts) e due anni a Berkeley, che le persone non assumevano donne, che le donne dovevano stare a casa e avere figli. Quindi i luoghi interessati a mio marito – Mit, Stanford e Princeton – non erano propensi ad assumermi. Ricordo che mi dissero che c’erano delle regole sul nepotismo e che non potevano assumermi per questo motivo, anche se quando li chiamai su questo tema anni dopo non ricordavano di aver detto queste cose… Finii all’Università dell’Illinois, Champaign-Urbana, perché mi hanno assunto e mio marito è arrivato. In retrospettiva mi sono resa conto di quanto fosse straordinariamente generoso perché avrebbe potuto essere al Mit, Stanford o Princeton. Odiavo Champaign-Urbana: mi sentivo fuori posto matematicamente e socialmente, ed era brutto, borghese e monotono».  
Da questa riflessione percepisco la capacità di gestire con sincerità e rigore mentale le situazioni contingenti e i sentimenti.  

L’Association for Women in Mathematics l’ha inclusa nella classe 2020 degli Awm Fellows: «per i suoi contributi innovativi e profondi all’analisi geometrica moderna; per aver intrapreso una carriera come una delle più grandi matematiche del nostro tempo, nonostante le notevoli sfide che le donne hanno dovuto affrontare quando sono entrate in questo campo; per aver utilizzato la sua esperienza nell’affrontare queste sfide per creare e sostenere programmi per affrontarle, a favore delle future generazioni di donne. Per una vita passata a rompere le barriere; e per essere stata la prima donna a vincere il premio Abel. I suoi risultati nella ricerca sono accompagnati dalla sua leadership e dal suo appassionato coinvolgimento nella formazione e nell’istruzione della matematica». 
Karen Keskulla Uhlenbeck vinse il premio Abel il 19 marzo 2019 ed è stata non solo la prima, ma anche l’unica donna matematica ad averlo ottenuto fino ad ora. Si tratta di uno dei più prestigiosi riconoscimenti mondiali, in ambito matematico, assegnato dall’Accademia Norvegese delle Scienze e delle Lettere ogni anno a partire dal 2002, in ricordo del brillante matematico norvegese Niels Henrik Abel, morto nel 1829 a soli 26 anni in povertà, a causa di una tubercolosi polmonare, ma universalmente riconosciuto come uno dei migliori matematici di tutti tempi per i suoi contributi fondamentali in Algebra e Teoria delle funzioni.  
Il premio ha lo scopo, fra l’altro, di promuovere la matematica, rendendo più appassionante questa scienza, specialmente agli occhi delle nuove generazioni. Ha lo stesso prestigio del premio Nobel.  
La scelta di chi vince si basa sulle indicazioni di un comitato composto da cinque matematici riconosciuti a livello internazionale. 
Il premio, assegnato a Karen Keskulla Uhlenbeck «per i suoi risultati pionieristici nelle equazioni differenziali alle derivate parziali geometriche, nella teoria di Gauge e nei sistemi integrabili e per l’impatto fondamentale del suo lavoro sull’analisi, la geometria e la fisica matematica», certifica in modo definitivo la sua grandezza e permette di considerarla a pieno titolo la più importante matematica vivente. (La citazione completa dei motivi per cui è stata premiata è piuttosto tecnica, ma facilmente rintracciabile e leggibile per chi si interessa di questa disciplina). 

Per tutti i suoi molteplici e innumerevoli contributi teorici dobbiamo ribadire con forza il suo impegno, oserei dire militante, per le sue attività volte a diffondere la cultura matematica tra le giovani generazioni e a favorire l’ingresso delle donne nel mondo accademico.  
È co-fondatrice del Park City Mathematics Institute, importante centro per la formazione di giovani matematici/che, e del programma Women and Mathematics dell’Institute for Advanced Studies di Princeton, creato nel 1994 per promuovere la presenza femminile in questo settore.  
Nel 2007, in occasione della consegna del premio Steele da parte dell’American Mathematical Society, Karen Keskulla Uhlenbeck pronuncia le seguenti parole: «Ringrazio l’American Mathematical Society, i suoi membri e il comitato del Premio Steele per l’onore e l’assegnazione del Premio Steele. Questo onore conferma ciò che sospettavo da tempo. Sto diventando una vecchia matematica, se non ci sono già. Mi dà motivo di guardare indietro alla mia ricerca e al mio insegnamento. Tutto sommato, ho trovato grande gioia e piacere nello studio della matematica. Lungo il percorso ho stretto grandi amicizie e ho lavorato con un numero di persone creative e interessanti. Sono stata salvata dalla noia, dalla cupezza e dall’egocentrismo. Non si può chiedere di più». 
Inoltre, aggiunge: «Sin dai miei giorni a Berkeley, la questione femminile è stata al centro dei miei pensieri. Rimango piuttosto delusa dallo scarso numero di donne che fanno matematica e che si trovano in posizioni di leadership. Questo fatto, a mio avviso, è dovuto principalmente al modo di pensare della comunità dei matematici e alle pressioni esterne da parte della società nel suo complesso. Cambiare l’atteggiamento e la cultura delle persone è un compito decisamente più importante rispetto ai risultati che ho raggiunto col mio lavoro». In queste parole ritroviamo la consapevolezza della necessità di dover lottare senza mai cedere alla stanchezza per il raggiungimento di una piena parità di genere. Ecco, da parte di una grande matematica, lo sguardo a tutto tondo e la volontà di contribuire al cambiamento di una realtà penalizzante per le donne.  
Grazie Karen! 

***

Articolo di Gabriella Anselmi

Docente di matematica e formatrice in Italia e all’estero, presso Istituti Superiori e Università, da sempre attiva nell’associazionismo, e già presidente nazionale FILDIS, è componente del Direttivo della Rete per la Parità, del CNDI, di Toponomastica femminile, della GWI (Graduate Women International) e dell’UWE (University Women of Europe).

Lascia un commento