Editoriale. Casa mia, casa tua

Carissime lettrici e carissimi lettori,
dicevano che erano tutte canzonette. Invece c’è entrata la politica e a gamba tesa.
Ma prima di parlare di questo, e rimanendo in tema di “canzonette” bisogna festeggiare il ritorno di una voce femminile, (e non solo la sua, ma lo vedremo più avanti) che vince il Festival, dopo ben dieci anni di assenza di una donna dal podio più alto dell’Ariston. Ha vinto una figlia d’arte, Angelina Mango, mamma e papà cantanti anche loro: Mango, scomparso prematuramente nel 2014 (cantautore di pezzi iconici come Bella d’estate e Mediterraneo) e Laura Valente, ex voce dei Matia Bazar.
L’ultima volta a salire sul podio era stata Arisa (con Controvento). Eppure si era cominciato bene. Nel 1951 e nell’anno successivo, con due vittorie consecutive aveva vinto Nilla Pizzi che poi altre voci femminili riuscirono a superare nei contenuti meno “melodici” dei testi delle loro canzoni. Da Mia Martini (che però non vinse mai ed ebbe davvero grandi ingiustizie) a Anna Oxa o Giorgia, all’estroversa e intelligente Patty Pravo (anche lei non vinse mai).
Durante i 74 anni del festival le donne arrivate alla vittoria sono state 18 con un doppione e una tripletta: le due vittorie di Nilla Pizzi nel 1951 e ’52 sono state seguite, l’anno successivo, da quella di Carla Boni, “la cantante dell’urlo come veniva chiamata e chiacchierata quale rivale certa di Pizzi. Una giovanissima (la più giovane) tra le vincitrici, quella dell’edizione del 1964, ha festeggiato quest’anno il sessantesimo compleanno della sua fortunata canzone: ve la ricordate Non ho l’età con una Gigliola Cinquetti appena sedicenne?

Noi che l’età ce l’abbiamo per ricordarci quasi tutte (se non tutte!) le canzoni e le vincitrici vediamo anche dalle cronache e dalle classifiche dei giornali le presenze femminili arrivate alla vittoria finale. Sicuramente uno stacco importante c’è stato in questi ultimi dieci anni tra Arisa e Mango che, come abbiamo detto, hanno visto passare due lustri di assenza delle donne. Una grande differenza c’è stata anche tra Tiziana Rivale, vincitrice nel 1983, e Giorgia arrivata al primo gradino del podio ben 12 anni dopo. Nel mezzo tutti cantanti maschi. Così sono nove gli anni di separazione tra la vittoria di Alexia e quella di Emma Marrone: una ha vinto nel 2003 e l’altra nel 2012. Le donne, comunque, in questo festival sono state, se non tante, almeno degne di citazione. Da Loredana Bertè con la sua Pazza che lancia un grido di libertà verso il mondo e dimostra a tutti e tutte di saper fare ammissione dei suoi limiti, ad Alessandra Amoroso che ha saputo poeticamente raccontare, tra le altre cose, la sua esperienza come vittima dei cosiddetti leoni da tastiera, un male di grande e dolorosa attualità. Poi Fiorella Mannoia sulla quale ci siamo già soffermate la volta scorsa e quindi la splendida Annalisa per concludere con BigMama, vera icona della body posivity che ha portato con il suo testo un importante messaggio alla comunità queer, ricordandoci di nuovo l’indimenticabile Michela Murgia.

Ci saremmo fermate qui, su questa nota di costume che riguarda la scarsa presenza delle donne (anche in questo caso!) agli apici della canzone nostrana, se non fossimo obbligate a soffermarci sull’ingerenza della politica nel “detto” e cantato sul palco dell’Ariston. Allora rimaniamo sul tema “canzonette” che spesso, come si è visto, tanto “canzonette” non sono!
Ghali, Geolier e Dargen D’Amico con le loro composizioni canore e, soprattutto, con le parole, importanti, dette sia durante il festival sul palco del teatro sanremese, che domenica nel corso della trasmissione condotta da Mara Venier. Hanno turbato gli animi, creato imbarazzi. Ma a chi? E perché?
I tre cantanti hanno preoccupato i vertici della Rai. L’amministratore delegato Roberto Sergio ha mandato in onda, attraverso Venier, un comunicato dove prendeva le distanze da Ghali e dal suo pronunciarsi perché si arrivi alla «fine di un genocidio», pensiero già manifestato durante il festival nel simpatico duetto del cantante con Rich Ciolino, il “mostro” extraterrestre che lo ha accompagnato durante tutte le sue esibizioni. Ghali non ha esplicitamente nominato Israele e il suo governo, ma l’ambasciata israeliana ha manifestato il proprio punto di vista sul genocidio, e la stessa presentatrice, Mara Venier, si è affrettata, durante il suo programma di domenica pomeriggio a dissociarsi completamente. Ma Venier ha fatto anche di più! Ha fermato con decisione la risposta ai giornalisti di D’Amico sull’immigrazione («gli immigrati e le immigrate con il loro lavoro ci pagano, grazie ai contributi versati, le nostre pensioni e noi spendiamo molto meno per loro e la loro accoglienza») e lo ha invitato a mantenere i discorsi sul vago per renderli adatti (!) a una festa musicale. Insomma, secondo la presentatrice, in Rai da decenni, non era il caso di continuare su questo argomento: «Abbiamo troppo poco tempo – si è giustificata — e poi un tema importante come l’immigrazione ne richiede molto». Poi fuori onda ha aggiunto un altro carico di censura rivolgendosi alla stampa e dichiarandosi disposta, se avessero continuato a metterla in imbarazzo, a non farli parlare! Dunque, un ulteriore colpo alla libertà di stampa da parte dell’attuale classe dirigente. Il gioco si fa davvero seriamente duro!

Ritorniamo ai cantanti. Geolier (pseudonimo di Emanuele Palumbo) è stato fischiato per la sua canzone in dialetto napoletano. Un testo d’amore, che potrebbe essere un possibile riscatto, anche in questo caso, di una parte della società in degrado (in proposito è intervenuto anche Roberto Saviano). A suo tempo, era il 1991, Pierangelo Bertoli e il gruppo dei Tazenda cantarono, in dialetto o, meglio, in un’altra lingua, in italiano e in sardo, la bellissima Spunta la luna dal monte che era nata completamente in sardo con un altro titolo, Disamparados, e tradotta da Bertoli in italiano. Riguardo ai fischi ricevuti da Geolier, Alice Castagneri, inviata de La Stampa ha scritto: «I fischi fanno male. E non sono un bello spettacolo. Certo si può non essere d’accordo con una classifica, ma fischiare in un teatro (neanche fossimo allo stadio) non va bene. Soprattutto se si fischia un talentuoso ragazzo di 23 anni che ha lavorato sodo per essere su quel palco. I fischi sono stati brutti, mortificanti, avvilenti…Geolier è la voce dei ragazzi, di tutti i ragazzi, anche quelli delle strade di Scampia che forse non sanno scrivere in napoletano in modo corretto ma vedono in Geolier un sogno, un modo per stare lontano dalla strada».

I sogni, quelli che «tengono i ragazzi lontani dalla strada» sono quelli che ha nominato anche l’altro giovanissimo protagonista di questa esperienza sanremese. Ghali ha portato come esempio sé stesso, ragazzo della periferia, quella dura, milanese, figlio di migranti tunisini, rappresentante, sempre difficile, della cosiddetta seconda generazione.

Anche Ghali ha risposto alle domande dei giornalisti, che per mestiere devono fare domande, stimolare risposte, come queste al cantante di origini tunisine sulla posizione verso le sue parole dell’ambasciata israeliana. Davanti a una sempre più imbarazzata Mara Venier, che non avrebbe dovuto sentire il bisogno, dopo tanto lavoro (e potere, aggiungerei) in azienda e con i suoi 73 anni di età, o l’obbligo di scusarsi affiancandosi ai vertici della Rai nel commentare e approvare il comunicato del presidente Sergio!
All’affermazione di un giornalista (che poi Venier ha redarguito ) secondo cui Ghali non doveva parlare di “stop al genocidio”, di cui si era sentito accusato l’ambasciatore israeliano, il cantante ha risposto: «Io sono un musicista! Ancora prima di essere su questo palco ho sempre parlato di questo, l’ho fatto per i problemi sociali da quando ho cominciato a comporre canzoni, da quando avevo meno di 15 anni. Io sono uno di quelli nati grazie a Internet. Quindi internet può documentare che da quando sono bambino, da quando ho fatto le mie prime canzoni, a 13 e a 14 anni, parlo di quello che sta succedendo perché – questa volta ci ha tenuto a precisare — non è dal 7 ottobre che questa cosa va avanti, ma già da un po’! La gente ha sempre più paura. Non va bene che continui questa politica del terrore: la gente ha sempre più paura di dire stop alla guerra, stop al genocidio. Stiamo vivendo in un momento in cui le persone sentono che vanno a perdere qualcosa se dicono viva la pace. Ciò è assurdo, non deve succedere in Italia che è un paese che porta valori completamente opposti. Io credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che tutti noi vogliamo la pace perché abbiamo tutti paura!» Poi ha precisato: «Ci sono dei bambini di mezzo, cioè il futuro. Io ero un bambino che sognava e ieri sono arrivato qua e sono riuscito a realizzarmi. Noi lo auguriamo a tanti altri di quei ragazzini e ragazzine che stanno morendo in questo momento. Chissà quante star, chissà quanti dottori, chissà quanti insegnanti, quanti geni sono in mezzo a loro, tra quelli che sono stati e saranno ammazzati!». Davvero un discorso di pace!

Alice Castagneri riguardo a Geolier e a Ghali scrive ancora: «Ma è ora di guardare in faccia la realtà e farsene una ragione. L’Italia è quella di Geolier e di Ghali, quella dei ragazzi che sono riusciti a far sentire le loro voci. Per fortuna» E noi tutti e tutte siamo d’accordo, schierandoci dalla parte dei sogni e, soprattutto, della possibilità della loro realizzazione.
Rimaniamo ancora in tema, visto che siamo arrivate e arrivati insieme fino a qui.
Sentiamo insieme le parole di Dargen D’Amico, pseudonimo di Jacopo Matteo Luca D’Amico, classe 1980, il Corvo D’Argento dei suoi primi passi in musica, debitore musicale di Battiato e Lucio Dalla con uno sguardo al rap di Marracash e di Fabri Fibra. Lui risponde a Mara Venier secco e gentile: «Quando mi fanno una domanda ho l’abitudine di rispondere, ma scusami». La sua canzone parla delle barche, di chi non «vede il meteo» se deve partire e dare speranze a chi rimane a casa.  Di chi «sceglie», costretto a viaggiare, anche per «riempire il frigo». Una bella ed efficace spiegazione alla politica. Devono farlo le “canzonette”

Onda Alta

C’è chi mi chiama
Figlio di puttana
Che c’è di male?
L’importante è aver la mamma
Che non lavori troppo che la vita è breve
A volte un mese
Se prendi il treno, sai
Ci metti meno
E non l’hai visto il meteo?
Non l’hai visto il cielo?
Ma a volte ci si vuole troppo bene
Anche così, un giovedì, senza un sì, come viene
Come faccio a volere una vita in incognito
Se parlo solo di me?
Se basta un titolo a fare odiare un intero popolo
Non lo conosci Noè?
No eh?
Sta arrivando sta arrivando l’onda alta
Stiamo fermi, non si parla e non si salta
Senti il brivido
Ti ho deluso lo so
Siamo più dei salvagenti sulla barca
Sta arrivando sta arrivando l’onda alta
Non ci resta che pregare finché passa
Sembri timido
Mi hai sorriso o no?
Sono già promesso sposo con un’altra
Hey hey bambino
Questa volta hai fatto proprio un bel casino
Alla contraerea sopra un palloncino
Tutta questa strada per riempire un frigo
Per sentirti vivo
Hai solo un tentativo
Ormai ho deciso
Scusa se non ti avviso
Ti mando quello che mi avanza se ci arrivo
Mamma, ti ho sognata che eri bimba
Figlia, ti ho sognata che eri incinta
Quando hai meno
Vivi più sereno
Qua abbiamo tutto ma ci manca sentimento
E non riusciamo più a volerci bene
Neanche così, un giovedì, senza un sì, come viene
Come faccio a volere una vita in incognito
Se parlo solo di me?
Se basta un titolo a fare odiare un intero popolo
Non lo conosci Noè?
No eh?
Sta arrivando sta arrivando l’onda alta
Stiamo fermi, non si parla e non si salta
Senti il brivido
Ti ho deluso lo so
Siamo più dei salvagenti sulla barca
Sta arrivando sta arrivando l’onda alta
Non ci resta che pregare finché passa
Sembri timido
Mi hai sorriso o no?
Sono già promesso sposo con un’altra
Hey hey bambino
Questa volta hai fatto proprio un bel casino
Alla contraerea sopra un palloncino
Tutta questa strada per riempire un frigo
Per sentirti vivo
C’è una guerra di cuscini
Ma cuscini un po’ pesanti
Se la guerra è dei bambini
La colpa è di tutti quanti
Abbiamo cambiato le idee
Abbiamo cambiato leader
Ma la madre e le altre donne
Non hanno niente da ridere
Hey bambino
Bel casino
Su un palloncino
Per riempire un frigo
Navigando navigando verso Malta
Senza aver nuotato mai nell’acqua alta
Navigando navigando verso Malta
Senza aver nuotato mai nell’acqua alta.

Buona lettura a tutti e a tutte. Permettetemi un augurio di cuore a mia mamma che domani compie 104 anni e che in tutto questo tempo ha saputo navigare «senza aver nuotato mai nell’acqua alta». Auguri alle donne dolcemente forti.

«Una donna cerca la risonanza di sé nell’autenticità di un’altra donna. Perché capisce che il suo unico modo di trovare sé stessa è nella sua specie». Questa riflessione di Carla Lonzi ci guida nella presentazione degli articoli di questa settimana, che si apre con Il movimento femminista a Sora, esperienze dai collettivi, la seconda parte di un racconto iniziato nel numero scorso di Vitaminevaganti e che continua con Attraverso l’Afghanistan per scoprire sé stesse: Ella Maillart e Annemarie Schwarzenbach, la storia di un viaggio che è anche quella «dell’amicizia tra due donne che imparano a conoscersi e a stimarsi ma che finiranno con l’allontanarsi».
Un tema su cui l’alleanza tra donne è fondamentale è la lotta contro la violenza sessuale, su cui recentemente è stata emendata un’importante direttiva dell’Unione Europea. Ne scrive in modo illuminante l’autrice di Chi tace non acconsente, lettura vivamente consigliata, soprattutto nelle scuole. Di violenza nei confronti delle donne, inseguite da uomini che vorrebbero sposarle senza il loro consenso, tratta anche Le figlie di Danao, per la serie “Grecità”, rivelandoci la grande attualità di Eschilo. Purtroppo, nemmeno la donna della serie Calendaria 2024 è sfuggita a un primo matrimonio violento: Sister Rosetta Tharpe, cantante soul americana, l’artista che ci teneva a dire che cantava meglio di un uomo. E di un’esperienza di molestie sessuali ci racconta anche il contributo del Laboratorio “Flash-back”, Vestito a righe.
Cambiamo argomento e andiamo in Toscana, con l’autrice di Riapre a Firenze il Museo della Moda e del Costume, mentre dal nostro ultimo Convegno, a Caserta, leggeremo dei Pregiudizi di genere nell’avvocatura e nel lavoro. Usciamo dai confini nazionali e per la serie “Altra verso” scopriamo insieme altri luoghi dedicati alle donne in Cherchez les femmes à Paris. Seconda parte. Per “Scienze della terra” ci accostiamo al mondo dei vulcani, con un contributo interessante dal titolo Non tutte le eruzioni sono uguali.
Parliamo di scuola con un racconto di vita bellissimo e commovente, La fatica di chiamarsi Tommaso e con il nostro Concorso “Sulle vie della parità”, raccontando il progetto Donne e Stem… in tutte le lingue del mondo, premiato anche al Concorso indetto nella Regione Marche.
Il libro che segnaliamo alle lettrici  e ai lettori è recensito in Siamo state tutte bambine, un confronto a due voci sui testi di quella grande Maestra di tutte noi che è stata e continua a essere Elena Gianini Belotti.
Chiudiamo, come sempre, con la ricetta della settimana che questa volta ci insegnerà a preparare una Crostata alla marmellata vegana. Buon appetito a tutte e tutti!
SM

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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