Rosella e Lietta. Storia di due insegnanti a Sora

Nella costruzione del collettivo Rosa Luxemburg di Sora, in provincia di Frosinone, un ruolo fondamentale fu ricoperto dalle insegnanti che venivano da fuori la cittadina: figlie del Sessantotto, portatrici di un nuovo metodo educativo, erano lontane dalla mentalità conservatrice che caratterizzava Sora e con la quale si scontrarono più volte nel corso della loro carriera. Tra di loro spiccano in particolar modo Rosella e Lietta che, oltre a insegnare, furono attive nei sindacati, incoraggiando le loro studenti alla politica e alla lotta.
Rosella, siciliana di nascita, dopo il trasferimento, entrò subito a far parte dei movimenti femministi che furono l’embrione dei futuri collettivi. Riguardo il suo arrivo riferisce: «Sono arrivata a Sora per la prima volta nell’autunno del 1974, ospite di Armando Lentini, un caro amico del mio paese che insegnava lì da qualche anno. Sono tornata ancora altre volte nei mesi successivi a trovarlo e così ho conosciuto, via via, i suoi amici: un gruppo di insegnanti della Cgil-scuola di Sora, che, oltre ad essere “compagni di lotta”, erano anche “compagni di vita”, amici fraterni che condividevano ideali, interessi, progetti, sogni, quotidianità. Tra questi, un gruppo di giovani donne: Maria, Titti, Lietta, Antonella, Anna, Giulia, Gabriella, Dorina e le altre che di lì a poco avrebbero formato il primo gruppo femminista di Sora. Eravamo tutte insegnanti e vivevamo il nostro lavoro con l’entusiasmo e la passione che ci comunicavano sia la nostra giovane età ― eravamo tutte al di sotto dei trent’anni ― sia, e soprattutto, il contesto culturale e politico italiano degli anni Settanta».

Lietta, romana, si era trasferita a Sora due anni prima, nel 1972, e fu una delle principali coordinatrici dei e delle docenti venuti/e da fuori che intendevano dare una sferzata d’aria fresca alla cittadina. Racconta: «Quando sono arrivata a Sora mi cambiò tutto, ho conosciuto tutta questa gente, che era venuta da Roma, alcuni dalla Sicilia, tutta gente molto di testa, molto appassionata di politica e di quello che faceva anche, c’era gente veramente di sostanza, poi non so come ci siamo trovati tutti quanti là. Quando sono arrivata a Sora avevo 24 anni, ma gli altri più o meno dai 25 ai 30, tutti giovani, ma noi ci sentivamo già abbastanza grandi, per assumerci le responsabilità. Mi ritrovo in mezzo ad un mondo antico, e poi a questo mondo della politica. Insieme abbiamo fatto di tutto, il doposcuola, la rivoluzione della didattica, convegni sulla didattica. […] Siamo nel post Sessantotto, ma in quelli che sono stati per me i meravigliosi anni Settanta, Anni di piombo è vero, ma noi oltre tutto questo piombo, abbiamo visto una straordinaria fioritura democratica, di partecipazione a tutti i livelli, dal basso, nelle scuole c’erano i decreti delegati, c’erano i comitati di quartiere, c’erano tutti questi gruppi politici, c’era il teatro spontaneo, le radio libere, vivevamo come spazio una libreria, “La Locomotiva”, alla cui nascita partecipammo noi giovani attivi sul territorio… cioè era una fioritura di vita, proprio di speranza, della costruzione di una democrazia dal basso […]».

L’insegnamento e l’impegno politico andavano di pari passo per le due docenti: «La Cgil-scuola di Sora, in quegli anni – racconta Rosella – era una parte molto attiva del sindacato in provincia di Frosinone e l’impegno per una scuola migliore era un tutt’uno con l’impegno a sostegno delle rivendicazioni operaie a difesa dell’occupazione e per una migliore qualità del lavoro e della vita. Fu in quell’atmosfera che andò maturando, in me e nelle altre, la consapevolezza di uno specifico femminile all’interno dei problemi generali. Maturò in noi la necessità di un momento separato, questa volta senza i nostri compagni».
Lietta prosegue: «Non è che ci siamo inventate il femminismo, il femminismo c’era. Nessuna era disponibile a rinunciare alla politica, al sindacato, alle lotte operaie, alle lotte sociali. Nessuna. Non siamo venute su come a Roma, dove certi movimenti sono venuti su dalle donne. Noi invece eravamo nate in mezzo al movimento operaio. Con le altre ci recammo a Roma per avere contatti con il movimento femminista, quando raccontammo la nostra esperienza, questo contatto con gli operai, operaie, loro non ce l’avevano. Quando hanno sentito che noi eravamo sindacaliste, ponti d’oro: “Che volete, sedetevi! […] beh, allora state facendo questa esperienza, preparateci un articolo!”». Articolo che sarà poi pubblicato sulla rivista Effe, dove viene raccontato l’incontro tra Lietta e le femministe di via del Governo Vecchio, a cui racconta delle attività a favore delle operaie della fabbrica Bassetti.
Rosella riferisce ancora: «Maturò dunque in noi la necessità di un momento separato, senza i nostri compagni. All’inizio, questa separatezza mi creò disagio e non solo a me. Mi sembrava che anche questo cammino di emancipazione, l’emancipazione delle donne da una cultura di subalternità e discriminazione, potesse essere fatto insieme a loro. Ma dopo le prime riunioni mi fu chiaro che non si trattava solo di rivendicare servizi che avrebbero aiutato le donne e favorito il loro inserimento sociale (asili nido, consultorio, parità salariale, ecc.). Questo, certo, avremmo potuto farlo (e di fatto lo facemmo) insieme ai nostri compagni, nel sindacato o in un movimento politico (la maggior parte però era più vicina a posizioni, diciamo, più “a sinistra”). Si trattava di qualcosa di diverso, di scendere più nel profondo in noi stesse e cogliere, sia nelle relazioni vissute nella nostra vita passata, sia in quelle che vivevamo nel presente, i segni di quella particolare subalternità da cui volevamo affrancarci, e di una cultura “al maschile” che non ci stava più bene».
«[…] era nata proprio l’esigenza di fare questo corso di “educazione popolare” rivolto alle operaie perché abbiamo avuto i finanziamenti per poterlo fare e il permesso alla Camera del Lavoro di esentarsi dall’azienda, ore retribuite», racconta Lietta, parlando del corso realizzato alla fabbrica Bassetti e frutto di un compromesso tra l’impegno nel mondo operaio e in quello delle donne. «Sono venute tutte quante. E non puoi capire la scena, quando si è aperto questo corso, per il quale noi abbiamo preparato un ciclostilato che doveva servire un po’ da libro di testo. Argomenti base che erano lavori su testi come Dalla parte delle bambine, oppure sulla donna e la famiglia, la sessualità, il lavoro domestico ed extradomestico. Isola del Liri era diversa da Sora perché lì da sempre le donne facevano le operaie, quindi lavoravano, c’era uno scambio più alla pari dei maschi. Ma Sora ancora aveva una testa, una mentalità antica […] Ricordo che un’operaia mi disse dopo un po’ che aveva fatto il corso: “Lo sai che adesso quando mio marito vede il telegiornale anch’io dico qualcosa, commento qualcosa di quello che vediamo?”».

Lietta svolse per molti anni nella città di Sora e nella provincia il suo attivismo dalla parte delle operaie e il ruolo di sindacalista: «Quando sono stata a Sora dopo un po’ c’è stato un convegno a Piedimonte San Germano, avevano appena aperto la Fiat provinciale e in quella sede ho fatto un intervento in cui mi hanno fatto parlare mentre c’era la partita e la sala si era svuotata, allora io mi sono arrabbiata e gli ho detto: “Ecco cosa siete! Che cos’è la politica! Stiamo facendo un convegno, state tutti di là a vedere la partita!” Si sono vergognati tutti quanti. […] ho cominciato questo lavoro con le vertenze operaie e la tutela di lavoratori e lavoratrici. Per guadagnare la stima del movimento operaio o il fatto che mi rivolgevano la parola in una riunione ovvero che dicessero: “Lietta che dice?” Ci ho messo anni perché ero una femmina prima, romana, professoressa […] e loro dicevano: “Noi siamo la classe operaia”».
Non solo lavoro da docente: Lietta, scomparsa da poco tempo, si attivò molto anche per la tutela della salute delle operaie: «Ho fatto questo lavoro d’indagine sulla fabbrica Bassetti in cui lavoravano 400 donne. Ci era giunta voce di aborti spontanei, allora per vederci chiaro facemmo una grande inchiesta. Facemmo dei questionari ciclostilati con delle domande sui maggiori disagi e vennero fuori i risultati. Tutto questo lavoro ce lo fecero fare ma la cosa bella è che il capo segretario ci disse: “Alla trattativa finale voi che venite a fare, quella è una cosa tecnica, non venite.” Quando andarono a fare la trattativa si fecero forti dei nostri documenti».

L’associazione Risorse donna così ricorda questa insegnante straordinaria: «Lietta è recentemente scomparsa e le attiviste che stanno curando la ricerca storica sul movimento femminista locale ― Alessia, Serena, Irene, Eleonora ― hanno avuto modo di incontrarla pochi giorni prima, il giorno 11 febbraio 2024 in occasione della videointervista. Immensamente grate di aver ricevuto il suo profondo senso di sorellanza, del “noi” così necessario per coloro che sono attive oggi al fianco delle donne. Lietta e il suo coraggio vivace e determinato, una “corazza che libera dalle spine”, saranno per noi una preziosa eredità da coltivare e trasmettere».

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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.

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