L’Europa merita di meglio

Candidato alle prossime elezioni europee nelle file del Carroccio perché, come lui stesso afferma, condivide pienamente i valori della patria, della famiglia e della difesa delle tradizioni contro ogni forma di turpitudine e devianza dal modello dei nostri padri (alla larga gay, neri, disabili ecc.), Roberto Vannacci, sul 25 aprile, se ne esce con l’ultimo slogan da chi la testa preferisce non usarla: «Non scendo in piazza, me ne vado al mare con le mie figlie. Non mi dichiaro antifascista perché sono cose successe ottanta anni fa». Certo, anche la Costituzione, in effetti, ha i suoi begli anni, quindi non la filiamo più, non la insegniamo ai ragazzi, perché ormai è acqua passata. La cosa peggiore di questo personaggio è che, sulla carta, non è un idiota. In 53 anni di vita è riuscito a conseguire tre lauree di livello magistrale: una in Scienze strategiche (Università degli Studi di Torino), la seconda in Scienze internazionali e diplomatiche (presso l’Università degli Studi di Trieste) e l’ultima in Scienze militari (presso l’Università di Bucarest). Non solo. Il Generale ha combattuto in prima persona in Afghanistan, Somalia, Yemen, Ruanda, Iraq, Libia. Non se n’è perso uno, dei conflitti che hanno insanguinato la fine del Novecento e l’inizio del nuovo millennio. Un genio della guerra, potremmo definirlo. Che è come dire un esperto di violenza. Uno abituato a considerare l’altro un nemico, un essere inferiore, un bersaglio. Non stupisce quindi che proprio dalla sua bocca sia uscita la proposta di tornare alle classi differenziate. Ecco la perla pedagogica che ci ha donato alcuni giorni fa: «La scuola dovrebbe essere come lo sport, dove si mettono insieme le persone con prestazioni simili. Credo che classi con “caratteristiche separate” aiuterebbero i ragazzi con grandi potenzialità a esprimersi al massimo, e anche quelli con più difficoltà verrebbero aiutati in modo peculiare. Un disabile non lo metterei di certo a correre con uno che fa il record dei 100 metri. Gli puoi far fare una lezione insieme, per spirito di appartenenza, ma poi ha bisogno di un aiuto specifico. Non sono un esperto di disabilità, ma sono convinto che la scuola debba essere dura e selettiva, perché così sarà poi la vita». La verità, caro Vannacci, è che non sei esperto di nulla, se non di guerra, di carriera militare, di competizione. Fai un favore a tutti, allora, e rimani nel tuo (come peraltro avrebbe dovuto fare una nutrita schiera degli attuali occupanti i banchi di Montecitorio, a mio avviso). Cosa mai ti sarà venuto in mente di metterti a scrivere e autoprodurre un libro se, dall’alto delle tue tre lauree, lo hai infarcito di errori grammaticali, sintattici e semantici? Neppure i contenuti si salvano, per come lo hai riempito di teorie omofobe e xenofobe quali: «L’italiano ha la pelle bianca, lo dice la statistica», l’omosessuale che «ostenta da esibizionista deve accettare le critiche», «l’aborto non è un diritto», «Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!», i gay pride sono dominati da «sconcezze, stravaganze, blasfemie e turpitudini». Oppure, «se pianto la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce – ammazzandolo – perché dovrei rischiare di essere condannato per eccesso colposo di legittima difesa visto che il povero malcapitato tentava solo di rubarmi l’orologio da polso?». Benissimo, ottima idea! Torniamo all’Homo homini lupus (per lei che è letterato, Generale, non ci sarà bisogno di traduzione; in ogni caso significa: l’uomo è un lupo per l’altro uomo, cioè senza una legge ci si sbrana a vicenda) e alla società del tutti contro tutti! Che meraviglia! Giochiamo alla guerra universale tutto il tempo, viviamo di competizione, legge del più forte, sopravvivenza a tutti i costi, soprusi reciproci! Quanto ci ha insegnato Pascal (mi sa che le è sfuggito, tra una laurea e l’altra), quando diceva: «Perché mi uccidete? Ma come! Non abitate dall’altra parte del fiume? Amico mio, se voi abitaste da questa parte io sarei un assassino, e sarebbe ingiusto uccidervi in questo modo. Ma dal momento che vivete dall’altra parte io sono un valoroso e ciò che faccio è giusto.»! Era il suo modo di dimostrare che gli uomini si costruiscono una giustizia su misura, del tutto assurda a volte. Non sarà che lei lo ha preso alla lettera? E allora avanti, W le classi su misura, i gruppi di livello, che gli handicappati se ne vadano altrove, con chi è come loro (perché loro non sono come noi, sia chiaro)! Le spiego una cosina, Generale. Una cosina che ha dimostrato un certo Jean Piaget nel secolo scorso (lui non aveva il titolo di Generale, ma era uno psicologo, un biologo, un pedagogista e pure un filosofo. Forse, anche senza le spillette militari, possiamo fidarci lo stesso di quel che dice). Secondo lui noi apprendiamo utilizzando due meccanismi: l’assimilazione (cioè inseriamo nuove esperienze e informazioni negli schemi mentali che già possediamo) e l’accomodamento (cioè siamo in grado di modificare i nostri schemi cognitivi, arricchendoli e migliorandoli, in relazione alle nuove esperienze ambientali). Quindi, caro Vannacci, è il nuovo, il diverso, ciò che rompe gli schemi che costituisce il vero presupposto per la nostra crescita cognitiva, intellettuale e umana. Ah già, ma a lei il diverso fa paura, è il nemico. Mano alle armi di distruzione, allora, e chi se ne frega se eliminando ciò che ci sembra “strano” rinunciamo alla sola possibilità che abbiamo di migliorarci! Una volta che abbiamo vinto la guerra, voglio proprio vedere chi oserà darci degli ignoranti o dirci che non siamo i migliori!
Io la politica l’ho conosciuta da ragazzina, studiando filosofia e storia. E ho sempre pensato che per assumersi la responsabilità di governare un Paese servissero almeno tre caratteristiche di base: la capacità di saper prendere le parti di tutti – bianchi, neri, gialli, psichiatrici, disabili, plusdotati, vecchi, giovani, maschi, femmine, gay, lesbiche, cristiani, musulmani, atei ecc. – una vita trasparente, onesta e spesa in nome dei valori universali – la vita, la libertà, la pace, l’educazione, le pari opportunità, la solidarietà – e la consapevolezza che per fare una cosa difficile, come custodire le sorti di un popolo, si debba essere preparati, competenti e si debba aver voglia di continuare a formarsi, migliorarsi, crescere. Ora, quale mai di queste tre caratteristiche ha il nostro Generale? Mi sa nessuna (volutamente non mi dilungo sui guai giudiziari del nostro candidato a Strasburgo). Ora, perché la Lega sceglie un personaggio del genere da promuovere in Europa? A me vengono in mente solo tre possibilità, una più misera dell’altra: è un partito ormai disperato, messo sempre più in ombra dall’alleato di Governo; oppure pensa di accaparrarsi i 200.000 voti costituiti dai lettori del libro di Vannacci; o ancora sposa la teoria che «bene o male non importa, purché se ne parli». Si può cadere più in basso di così, in politica, mi chiedo?
Anch’io credo nel valore della famiglia. Ma la penso come una realtà aperta, allargata, variopinta, in continua evoluzione, dove ciascuno è libero di amare (amare per davvero, dico) chi vuole, come vuole. E credo nella patria, ma la penso come un ponte che si stende nel Mediterraneo per accogliere, come una cerniera di monti che la tiene saldamente attaccata all’Europa, perché facciamo parte di un pianeta e di un mondo molto più grande di noi italiani. E anch’io credo nella storia e nelle tradizioni, perché sono quelle che ci hanno portato a dirci repubblicani, democratici e antifascisti (art.1), solidali (art.2) e a rinnegare la guerra (art.11). A proposito, Generale, io faccio l’insegnante di sostegno. In classi differenziatissime, perché non ho neppure un’alunna o uno studente uguale all’altro. Eppure le assicuro che nessuno/a si è mai lamentato/a.

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Articolo di Chiara Baldini

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Classe 1978. Laureata in filosofia, specializzata in psicopedagogia, insegnante di sostegno. Consulente filosofica, da venti anni mi occupo di educazione.

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