Donne più progressiste, uomini sempre più conservatori?

Attualmente, nella cosiddetta Generazione Z, costituita da coloro che sono nate/i tra la metà degli anni Novanta e i primi del 2010, sta emergendo chiaramente un divario ideologico-politico tra uomini e donne. In che modo? Leggendo l’articolo del Financial Times: A new global gender divide is emerging, sembrerebbe che i due generi si stiano muovendo ideologicamente in direzioni opposte. Tuttavia, l’interpretazione della situazione come un contrasto netto tra progressismo femminile e conservatorismo maschile, in cui le donne e gli uomini si allontanano ideologicamente le une dagli altri in maniera esponenziale e in direzioni contrarie, risulta troppo semplificata, per quanto ritragga un’immagine più drammatica e suggestiva di quella rappresentata dalla realtà.
In genere i membri di una generazione vengono esposti ai medesimi eventi, per cui tendono a condividere un comune sistema di valori e prospettive e uno stesso “destino”. La Generazione Z si presenta invece in maniera diversa. I suoi e le sue componenti infatti sembrano a volte portatori e portatrici di valori alquanto progressisti, altre volte invece di valori sorprendentemente conservatori. Secondo Alice Evans, docente presso il King’s College di Londra e una delle principali studiose dell’argomento, la causa di questo contrasto è la divergenza ideologica tra donne e uomini. La discrepanza è tale da far sostenere alla ricercatrice che la Generazione Z non sarebbe composta da una singola entità, come le altre generazioni, bensì da due entità ideologiche distinte, con valori e prospettive differenti. I dati raccolti da The Gallup Poll Social Series confermano questa tendenza. Negli ultimi decenni si è osservato un notevole cambiamento nelle preferenze politiche tra uomini e donne nei Paesi occidentali. In effetti, nel 1998, la percentuale di persone che si identificavano come liberali era quasi del tutto analoga tra i sessi, ma a partire dal 2012 si è verificato un significativo divario e, attualmente, il 30% delle donne tra i 18 e i 30 anni negli Stati Uniti è ben più propenso a identificarsi come liberale rispetto agli uomini della stessa fascia d’età. Dati simili sono stati riscontrati anche in Europa. Al di fuori dei Paesi occidentali lo scarto risulta ancora più pronunciato. Ad esempio, in Corea del Sud, durante le elezioni presidenziali del 2022, mentre uomini e donne più anziane hanno votato in modo simile, la gioventù ha dimostrato tendenze politiche nettamente opposte: gli uomini si sono in maggioranza allineati con la destra, mentre le donne con la sinistra. Questo contrasto ideologico viene indicato come una delle cause della drastica riduzione del tasso di matrimoni e di natalità nel Paese.
Ma queste divergenze si stanno veramente creando perché le donne e gli uomini si muovono in direzioni ideologiche e politiche opposte? In realtà sembra che il divario non sia tanto causato da un movimento degli uomini verso la destra, quanto piuttosto dalla loro stabilità ideologica nel corso del tempo. Secondo Antarika Sen, esperta in metodologia di ricerca, nel 1991 circa il 33% degli uomini si identificava come conservatore. Un confronto con dati più recenti rivela che nel 2022 questa percentuale è rimasta pressoché invariata, con il 31% degli uomini che si definisce conservatore e la maggioranza che si identifica come moderata. È invece tra le donne che si è osservato un crescente orientamento verso posizioni di sinistra nel corso degli anni. Per cui l’aumentato divario ideologico tra le giovani donne e i giovani uomini è dovuto al fatto che le prime abbracciano sempre di più posizioni progressiste, mentre i secondi rimangono ancorati alle proprie ideologie da decenni.
Tuttavia, vi sarebbero anche segnali di un graduale movimento degli uomini verso tendenze ancora più conservatrici. In particolare, in Germania gli uomini sotto i 30 anni si mostrano più ostili all’immigrazione rispetto agli uomini di età superiore. Inoltre, uno studio condotto dal King’s College di Londra, citato in un articolo di The Guardian, ha rivelato che, in alcuni casi, i maschi giovani non supportano l’uguaglianza di genere più dei cinquanta-sessantenni, diversamente da come si potrebbe pensare. Il 16% dei partecipanti uomini appartenenti alla Generazione Z ha addirittura sostenuto che il femminismo ha arrecato più danni che benefici, in confronto al 13% di quelli di età superiore ai 60 anni. In aggiunta, sembra che molti si stiano avvicinando a figure controverse come Andrew Tate, un influencer che si è autodefinito misogino e che è stato coinvolto in gravi crimini, tra cui traffico di esseri umani e stupro. Secondo Evans, l’avvicinamento a questo tipo di figure può essere attribuito alla stagnante situazione economica che stiamo vivendo. Tate e personaggi che condividono le sue idee sfruttano il cosiddetto “risentimento economico”, promuovendo una narrazione per cui il progresso delle donne debba automaticamente significare un regresso degli uomini. Una mentalità zero-sum completamente errata che ignora come del progresso, invece, benefici l’intera società.
Le differenze ideologiche tra uomini e donne sollevano un importante interrogativo: perché le donne stanno abbracciando nel tempo ideologie più progressiste mentre gli uomini sembrano rimasti fermi? Una spiegazione plausibile attribuirebbe la causa a movimenti sociali come quello del #MeToo, che hanno spinto le giovani donne verso una nuova consapevolezza e identità, ma che non hanno necessariamente avuto lo stesso impatto sugli uomini.
Un altro fattore chiave è rappresentato dai social media. Mentre le generazioni precedenti hanno vissuto le stesse esperienze formative, i membri della Generazione Z vivono vite più frammentate, immergendosi nei disparati spazi digitali disponibili. Queste piattaforme sono progettate per trattenere l’utenza il più a lungo possibile e favorire l’interazione. Gli algoritmi dei social media creano delle filter bubbles, in cui fruitori e fruitrici vengono esposte solo a contenuti che rafforzano le loro convinzioni. Si tratta di una “bolla” in cui viene mostrato solamente quello che piace agli/alle utenti e in cui è escluso tutto ciò che potrebbero disapprovare. Allo stesso tempo le echo chambers amplificano i contenuti più popolari, cioè quelli che ricevono più interazioni (commenti, mi piace, condivisioni), affossando invece idee alternative. È quindi inevitabile che visioni polarizzate proliferino online, influenzando le opinioni di coloro che vi partecipano. I diversi comportamenti che uomini e donne assumono sui social media possono quindi contribuire alla creazione di divergenze ideologiche tra i sessi.
Le conseguenze di questo gap ideologico non sono ancora del tutto chiare, ma a lungo termine tale fenomeno potrebbe implicare diverse ramificazioni nella vita affettiva delle persone e nella coesione sociale. Difatti, differenze ideologiche e politiche vengono considerate sempre di più un motivo per non intraprendere relazioni, sia sentimentali che amichevoli. L’esempio estremo di ciò che sta accadendo in Corea del Sud, come menzionato in precedenza, potrebbe fungere da monito su cosa potrebbe accadere se la discrepanza di pensiero tra uomini e donne dovesse crescere ulteriormente anche in altri Paesi.

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Articolo di Elena De Giacomo

Laureata in Politics, Philosophy and Economics presso l’università Luiss Guido Carli, sono appassionata di filosofia politica, sociologia e politica europea. Amo la ricerca ed esplorare nuove idee attraverso la scrittura. Mi piace immergermi nella lettura di romanzi, analizzare il significato dei film e dei testi delle canzoni, viaggiare e trascorrere il tempo all’aria aperta con la mia cagnolina.

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