I 75 anni della Nato

«Nothing in life is to be feared, it is only to be understood. Now is the time to understand more, so that we may fear less» (Di niente nella vita bisogna avere paura, deve solo essere capito. É adesso il tempo di capire di più, in modo da avere meno paura). Marie Curie.
Dall’inizio del conflitto russo-ucraino, che la rivista Limes ha ribattezzato “Guerra Grande russo-americana” l’informazione nei Paesi aderenti alla Nato è radicalmente cambiata. Proprio per questo è sempre più importante leggere narrazioni differenti, per poter avere un quadro della situazione che non sia marcato dalla propaganda. Al di là delle celebrazioni ufficiali segnate dalla retorica, a raccontarci i 75 anni della Nato, definita come l’Alleanza più duratura e di maggior successo della storia (si veda da ultimo il discorso del Presidente della Repubblica del 4 aprile scorso), viene in soccorso, tra gli altri, un podcast condiviso dal Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati, che segnalo e di cui indico il link alla fine di questo articolo. Si tratta della registrazione del Seminario del 13 aprile scorso, 75 anni dell’Alleanza Atlantica. Dalla Guerra Fredda alla Nato Globale, di cui è possibile richiedere la presentazione in ppt per serate divulgative o lezioni nelle scuole secondarie. Le analisi contenute, espresse in modo chiaro da studiosi competenti, rigorosamente tutti uomini, così come è maschile la narrazione a cui fanno il controcanto, hanno tagli diversi.
Quella del prof. Andrea Vento ha carattere storico e geopolitico, quella di Francesco Dall’Aglio, Ricercatore di Storia Militare presso l’Accademia delle Scienze di Sofia ci insegna a decifrare i messaggi che le superpotenze si scambiano tra loro, mettendoci in guardia dal credere ai titoli allarmistici dei quotidiani di questi ultimi mesi, quella di Mario D’Acunto dell’Unione Scienziati per il Disarmo interpreta i conflitti in corso con le lenti di Marx. Anche se queste analisi, come quella di Roberto Iannuzzi che riporto più avanti, hanno il pregio di suggerire interpretazioni differenti dal pensiero unico bellicista imperante sui media mainstream e di fornire strumenti preziosi per la comprensione di una realtà complessa, il senso di estraneità a queste logiche muscolari di guerra, tutte maschili, permane, accompagnato da una grande frustrazione. Sapere è indispensabile, ma occorre far sentire anche la nostra voce, troppo a lungo silenziata.
Prima di affrontare le trasformazioni della Nato, vorrei però soffermarmi sull’articolo 11 della nostra Costituzione, il più utopistico di tutti e da sempre il meno applicato. Padri e Madri Costituenti, dopo due conflitti mondiali combattuti sul suolo europeo, scelsero il ripudio della guerra «come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» e capirono che il valore più importante di tutti, senza il quale gli altri non potrebbero affermarsi, è quello della pace. Ma la pace non può essere raggiunta da un solo Stato. Occorre, come ci ricorda ancora il penultimo dei principi fondamentali, che l’Italia consenta, «in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni» promuovendo le organizzazioni internazionali dirette a tale scopo, in primis allora l’Organizzazione delle Nazioni Unite e oggi l’Ue. Mi preme sottolineare il riferimento, all’interno della nostra Carta fondamentale, alla guerra come strumento di offesa alla libertà dei “popoli” e non degli Stati. Parole scelte con cura che riprendono quelle del Preambolo dello Statuto delle Nazioni Unite del 1945, che inizia così: «Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso i questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità…». Il sogno di una comunità internazionale entro la quale i conflitti potessero essere risolti senza ricorrere alle armi, per rispetto della volontà e della dignità dei popoli, si infranse quasi subito. Già nel 1949 si costituì un’”alleanza militare difensiva” contro le presunte e temute mire espansionistiche dell’Urss, formata da dodici paesi tra cui dieci europei più Canada e Usa: la Nato, Otan in sigla.
C’è una foto che è entrata nella storia ed è quella della Conferenza di Yalta: tra i rappresentanti delle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale, accanto a Churchill e Roosevelt è ritratto anche Stalin, che aveva avuto il merito di sconfiggere Hitler con il più alto tributo di morti. Come è andata dopo di allora lo sappiamo e lo troviamo scritto in tutti i testi di storia e di relazioni internazionali. Nel dopoguerra ci fu la Guerra Fredda. Il Patto di Varsavia si costituì nel 1955 come alleanza militare tra gli Stati socialisti del blocco orientale in reazione al riarmo e all’entrata nella Nato della Repubblica federale tedesca nel maggio dello stesso anno. Con la Guerra Fredda iniziò l’equilibrio bipolare del terrore, con due blocchi militari contrapposti, quello filosovietico e quello filoamericano. Le due superpotenze non si fecero mai la guerra direttamente, appoggiarono altri conflitti nel mondo e nella Guerra di Corea si trovarono coinvolte nell’aiuto ai due diversi contendenti.
Con il crollo del Muro di Berlino del 1989 e l’implosione dell’Urss nel 1991 il ruolo della Nato invece di venir meno, come sarebbe stato logico aspettarsi, cambiò. Fu coinvolta in numerose operazioni militari, come è ben spiegato nell’intervento del professor Andrea Vento del Giga nel Seminario sopra citato. Ascoltarlo è indispensabile per ricordare in quante vicende di tanti Paesi, che qui sarebbe impossibile elencare, la Nato si intromise, prima e dopo la caduta dell’Urss.

Solo due anni fa Macron ha definito la Nato “cerebralmente morta”, oggi parla di invio di truppe. Di fronte alle numerose dichiarazioni di ministri e politici che sul suo esempio invocano la possibilità di un intervento diretto delle forze militari della Nato, o delle forze militari dell’Ue in collaborazione con la Nato, nel conflitto russo-ucraino, occorre tornare alla Costituzione. La Nato non rientra, ai sensi dell’articolo 11 della Carta repubblicana, tra le organizzazioni internazionali che perseguono la pace e la giustizia tra le nazioni, ma è un’alleanza militare che, da difensiva, si è trasformata in globale e si attribuisce la funzione di usare la forza armata contro altri Paesi al di fuori di qualsiasi mandato delle Nazioni Unite. Questa trasformazione/involuzione della Nato non è mai stata istituzionalizzata in un trattato e non è mai stata oggetto di discussione e deliberazione del nostro Parlamento. Le uniche limitazioni di sovranità ammesse dalla Costituzione sono quelle previste dalla partecipazione alle Nazioni Unite e all’Unione europea.
Inutile sottolineare quanto manchi dal discorso pubblico ogni riferimento alla Costituzione, che è il “dover essere” della politica.
Se le truppe francesi e britanniche vorranno intervenire, come sembra, in Ucraina, territorio che è fuori dalla Nato, dovranno farlo sulla base di accordi bilaterali con il Paese di Zelensky senza coinvolgere la Nato, anche se l’Alleanza Atlantica si è offerta di fare da collegamento e punto di raccolta degli aiuti militari all’Ucraina.
Ma la Nato nei due terzi del secolo della sua esistenza è stata davvero come ce la raccontano? Cioè un’alleanza nata per «preservare i nostri valori comuni: libertà individuale, diritti umani, democrazia e stato di diritto»?
Non dimentichiamoci che quella che oggi si celebra fu dalla parte dei golpisti in Grecia e con la scusa di combattere l’influenza sovietica appoggiò gli avversari dei governi nazionalisti e di sinistra in Africa e America Latina. La Nato collaborò con i servizi segreti di molti Paesi membri e insieme alla Cia e all’intelligence inglese creò nell’Europa occidentale una rete clandestina di eserciti anticomunisti chiamata Stay behind. Da noi si chiamava Gladio e fu scoperta nel 1990. Il suo compito era manipolare l’opinione pubblica per impedire che forze genericamente definite anticapitaliste minacciassero l’orientamento atlantista dei loro Paesi.
Dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia gli Usa hanno trasformato la Nato da alleanza difensiva in strumento di espansione della propria sfera di influenza ai danni della Russia. Da allora la Nato ha messo in atto la “politica della porta aperta” in base alla quale ogni Paese europeo in grado di contribuire alla sicurezza dell’area euro-atlantica poteva essere invitato dagli Stati membri a farne parte sulla base di determinati requisiti. Nell’era dell’unilateralismo statunitense, dopo la guerra provocata nel 1991 dagli Usa nel Golfo Persico, l’Alleanza intraprese le proprie operazioni “fuori area” a partire dalla Iugoslavia. Come ricorda Roberto Iannuzzi, «nel 1999, la Nato bombardò la Serbia senza mandato ONU, e in violazione del diritto internazionale, favorendo la secessione del Kosovo. Dopo l’11 settembre, invocò per la prima volta l’articolo 5 di mutua difesa, ed occupò l’Afghanistan, conducendo una guerra che si sarebbe protratta per vent’anni, portando alla distruzione del paese, e infine al ritorno dei Talebani. Paesi Nato hanno preso parte, direttamente o indirettamente, alle guerre in Iraq, Libia, Siria e Yemen, che hanno stravolto il già fragile tessuto mediorientale». L’allargamento della Nato a Est è cosa nota come pure il coinvolgimento Usa-Nato nella guerra in Ucraina a partire dal 2014.

Mappa di Laura Canali, tratta dalla rivista Limes

La trasformazione in Nato Globale e l’ampliamento della Nato a Est, iniziato nel 1999, hanno determinato, come ricorda Andrea Vento, «un aumento continuativo delle spese militari fino a raggiungere nel 2022 il nuovo record di 2240 miliardi di dollari. Nel complesso, i Paesi della Nato nel 2022 hanno totalizzato ben 1.232 miliardi $ di spese militari, pari al 55,1% del totale mondiale». La Nato Globale ha avuto l’effetto di riarmare tutti i Paesi che ne fanno parte, compresi quelli europei, nei quali improvvisamente anche il tema del debito pubblico, che ci assilla da almeno trent’anni con la conseguente riduzione graduale della spesa pubblica per sanità, scuola e assistenza, sembra diventato irrilevante se finalizzato alla spesa per le armi, cresciuta in modo esponenziale.
Scrive Roberto Iannuzzi nel suo blog Intelligence for the people (a 75 anni, l’Alleanza Atlantica si fonda su una narrazione fittizia): «La transizione occidentale verso un modello neoliberista senza regole ha impoverito la classe media europea, creando una spaccatura sempre più profonda fra essa e le élite al potere. Queste ultime, agitando lo “spauracchio russo”, ora promuovono un’ulteriore alterazione del contratto sociale, ventilando una progressiva militarizzazione dell’economia e delle società europee. Già a metà dello scorso anno, il New York Times titolava che “Il ‘dividendo della pace’ è finito in Europa. Ora arrivano i duri compromessi” […] Il Financial Times ha ribadito che “per militarizzarsi quanto è necessario, l’Europa ha bisogno che i suoi cittadini sopportino tasse più alte o uno stato sociale più contenuto”. Un’Europa militarizzata è anche, inevitabilmente, un luogo in cui non sono più le masse ad ispirare, attraverso il voto, la condotta delle leadership politiche, ma sono queste ultime che sempre più si sforzano di plasmare il consenso. Che sia questa la ricetta per un rinnovato successo europeo è ovviamente illusorio. Semmai tale ricetta ci pone di fronte alla prospettiva di un progressivo impoverimento economico, di nuove fratture sociali, di un’ulteriore crisi della democrazia, e di accresciuti rischi di destabilizzazione continentale… La Nato è un anziano boss, costretto a mentire a sé stesso pur di prolungare il proprio declinante potere, perpetuando una scia di divisioni e conflitti nel vecchio continente e nel mondo».

Questo il link al podcast curato dai Giga: https://gemininetwork.it/75-anni-dellalleanza-atlantica-dalla-guerra-fredda-alla-nato-globale/.

In copertina: Nato.

***

Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

Lascia un commento