Peregrinatio Aetheriae, resoconto di un viaggio in Terra Santa

Il pellegrinaggio nei luoghi più sacri del Cristianesimo in Palestina è una pratica già consolidata nel IV secolo dopo Cristo: tra i nomi più famosi di personaggi che hanno intrapreso questo viaggio c’è quello di Elena, madre dell’imperatore Costantino, che dal 325 al 327 ripercorse i luoghi della Passione di Cristo alla ricerca di reliquie – secondo la tradizione cristiana fu lei a ritrovare la croce su cui Gesù fu crocifisso. Di questi viaggi abbiamo vari resoconti, spesso anonimi, che hanno permesso la ricostruzione di quello che doveva essere il percorso convenzionale: una volta giunti a Roma – per esempio, dalla via Francigena – si proseguiva sulla via Appia fino in Puglia, dove erano situati i porti da cui prendere le navi che si dirigevano in Palestina – particolarmente importante fu quello di Brindisi – attraccando a Giaffa, Acri o Tripoli nel Levante. Una volta giunti, tappa obbligata era la visita al Santo Sepolcro, su cui Costantino fece erigere una chiesa nel IV secolo; a seconda delle disponibilità economiche, poi, ci si poteva recare a Betlemme, al monte Sinai, al fiume Giordano, a Nazareth e in altri luoghi citati nelle Sacre Scritture.
Le donne, in genere appartenenti alla classe agiata, si resero spesso protagoniste dei pellegrinaggi per la loro incrollabile fede e le grandi opere che commissionarono: oltre alla già citata Elena famose pellegrine sono state Elia Eudocia Atenaide, moglie di Teodosio II, che nei suoi viaggi in Palestina recuperò le reliquie del primo martire Stefano e le catene dell’apostolo Pietro, fondò due monasteri, tre oratori, un convento con ospizio, e finanziò la costruzione di diverse chiese e basiliche; Paola e la figlia Eustochio, parte delle matrone che circondavano il santo Gerolamo, si trasferirono a Betlemme per condurre una vita monastica; similmente, Melania Selione vendette tutti i suoi beni per potersi trasferire in Terra Santa e fondare un monastero. Ma la pellegrina più famosa di questo periodo rimane sicuramente la nobildonna romana Egeria – anche conosciuta come Eteria – che documentò il suo viaggio in quello che è oggi conosciuto come Itinerarium Egeriae (Itinerario di Egeria) o Peregrinatio Aetheriae (Il pellegrinaggio di Eteria).

Resti di una scalinata sulle sponde del Lago di Tiberiade
descritta da Egeria

Quello che sappiamo su Egeria proviene interamente dal suo unico testo scritto che ci è stato tramandato, una lunga lettera di cui possediamo solo la parte centrale – dovrebbe essere circa un terzo dell’intera opera – e che è stata ritrovata nel 1884 ad Arezzo, nella biblioteca della Fraternita di Santa Maria della Misericordia, da Gian Francesco Gamurrini all’interno di un manoscritto dell’XI secolo proveniente dall’abbazia di Montecassino, il Codex Aretinus; altre parti del testo sono citate dal monaco spagnolo Valerio del Bierzo, vissuto nel VII secolo, il quale parla di Egeria come di una monaca che scrisse del proprio pellegrinaggio per le sue consorelle. In realtà è quasi certo che Valerio sia stato tratto in inganno dall’uso delle parole dominae sorores: nell’epoca di Egeria, infatti, questo appellativo, in genere tradotto come “sorelle”, non era usato solo all’interno delle comunità monastiche – come al tempo di Valerio – ma era un modo affettuoso per rivolgersi ad amiche di pari rango o appartenenti alla stessa confessione religiosa cristiana – storia simile ha il termine “fratelli”. Tutto nell’Itinerarium, infatti, lascia intendere che Egeria fosse una donna molto benestante e con forti connessioni presso le alte sfere della politica, che le consentirono di affrontare il pellegrinaggio in relativa sicurezza grazie alla presenza di una scorta e con le comodità che una persona di umile condizione non si sarebbe mai potuta permettere.
Il viaggio di Egeria dovrebbe collocarsi tra il 381 e il 384 e avrebbe avuto inizio nella sua terra di origine, la Galizia spagnola: con a disposizione una documentazione che le avrebbe permesso di essere ricevuta da vescovi e funzionari imperiali che l’avrebbero aiutata nel corso della sua avventura, la donna ha il dichiarato intento di ripercorrere i luoghi delle Sacre Scritture.
La prima tappa che viene nominata nel testo a nostra disposizione è quella del monte Sinai con la valle circostante; Egeria, che fa continui riferimenti alla storia biblica nel corso della scrittura, è accompagnata da una guida che le spiega come eseguire correttamente i riti della preghiera in quel luogo sacro, e procede a salire la montagna per vedere dove Mosè ricevette le Tavole della legge.

Gerusalemme nel VI secolo, sulla mappa di Madaba

Scendendo dopo aver raggiunto la cima visita la chiesa posta di fronte alla caverna dove si rifugiò il profeta Elia, in fuga dal re Acab, e osserva il cespuglio che Dio usò per parlare a Mosè sotto forma di fiamma. Egeria si dirige quindi prima nell’oasi di Faran e poi nella città di Clisma, da cui parte per andare nella valle del Goscen, dove passa l’Epifania e visita Arabia e Tani, la città che ha dato i natali a Mosè. Da qui va a Gerusalemme, in cui rimane tre anni – dandoci una preziosa e minuziosa descrizione dei riti della Settimana Santa dei primi cristiani e cristiane – e dove visita il Santo Sepolcro e il Golgota. Gerusalemme è anche usata come base per poter raggiungere diversi luoghi, come Betlemme, il lago Tiberiade, il monte degli Ulivi, Betania; in particolare è rilevante il viaggio verso il monte Nebo, dove Mosè scrisse il Deuteronomio e dove secondo la tradizione è stato sepolto da alcuni angeli. Dalla sommità della montagna Egeria può godere della vista della sottostante valle del Giordano e Segor (Zoara); si dirige poi a Uz (a sud dell’attuale Palestina e Giordania) a visitare la tomba di Giobbe a Carnea (Al-Shaykh Saad). Dopo il lungo soggiorno a Gerusalemme va ad Antiochia, e da qui in Mesopotamia, dove vede Ierapoli e il fiume Eufrate, che attraversa per raggiungere Edessa e poi Harran dove è sepolto Aran, il fratello di Abramo. Si sposta a Tarso, la città natale di Paolo, quindi parte per Costantinopoli, passando per la chiesa dedicata a santa Tecla di Iconio vicino a Seleucia Isauriae (Silifke). Da Costantinopoli pianifica di arrivare a Efeso per visitare i luoghi percorsi da san Giovanni.
L’Itinerarium dovrebbe essere stato scritto alla fine del viaggio, sunto di una serie di appunti presi durante il pellegrinaggio e diretti, come già detto, alle donne della sua comunità spirituale. Lo stile di scrittura è particolare e ricercato, quasi poetico, una preziosa testimonianza dell’evoluzione del latino volgare in quelle che diverranno poi le lingue romanze. Egeria si dimostra una donna estremamente colta e arguta, che non crede ciecamente a quanto le dicono le guide che la accompagnano durante il percorso, acuta osservatrice delle tradizioni e dei costumi delle popolazioni che incontra; non è timida, non si fa problemi a porre domande ai monaci e ai vescovi che la accolgono, è genuinamente curiosa, vuole conoscere e capire. È comunque una cristiana assai devota, che compie questo lungo viaggio alla ricerca della pace spirituale, la sua attenzione è dedicata esclusivamente a luoghi e personaggi sacri e alle loro storie, che accompagnano le descrizioni dei posti visitati. L’Itinerarium è un testo unico, il primo esempio di cronaca di viaggio dedicata al pellegrinaggio in Terra Santa e della letteratura spagnola, una preziosa testimonianza del fiorire del Cristianesimo sopravvissuto a decenni di persecuzioni e delle sue nascenti tradizioni, e uno dei pochi casi di scrittura femminile dell’antichità che sono giunti fino a noi.

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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.

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