Fabbricante di lacrime, uscito sulla piattaforma Netflix il 4 aprile, mantiene le promesse. Ha prodotto parecchie lacrime, non quelle della finzione scenica, ma le mie, durante la visione. Il lungometraggio, della casa di produzione italiana Colorado Film, è diretto da Alessandro Genovesi e vede come interpreti Caterina Ferioli, nel ruolo di Nica, e Simone Baldasseroni, nei panni di Rigel, Alessandro Bedetti è Lionel, Nicky Passarella interpreta Billie e Sveva Romana Candelletta è Miki. Provo a introdurne la storia a chi ancora non lo avesse visto. La pellicola, girata in Italia, è ambientata in uno spazio non definito di origine anglofona (chi ha letto il romanzo omonimo di Erin Doom saprà che la narrazione si svolge in Minnesota) e vede come protagonista femminile la dolce Nica, mentre nel ruolo maschile il cupo e tenebroso Rigel. Il ragazzo e la ragazza sono cresciuti in un orfanotrofio, il Grave, istituto nel quale aleggia la leggenda di un fabbricante di lacrime, colpevole di tutte le paure e i tormenti degli uomini, e vengono presi in affido da una coppia che ha da poco perso il figlio in un incidente. Nonostante l’astio reciproco, Nica e Rigel sono costretti ad andare d’accordo per far concludere le pratiche dell’adozione da parte dei nuovi genitori. Come in tante storie adolescenziali, anche dette teen drama, l’odio tra sedicenni non è che un modo per nascondere i sentimenti d’amore che provano a vicenda e che, per ragioni sconosciute al pubblico, non possono dimostrare apertamente. Ovviamente, la storia è contornata da sottotrame di personaggi secondari, le cui azioni non sono influenti nella successione degli eventi; nominerò, ai fini della riflessione, Lionel, corteggiatore di Nica, e Billy e Miki, due amiche di scuola.

Tralasciando una sceneggiatura piuttosto striminzita e numerosi problemi sul piano tecnico, come un audio in presa diretta che in più di un’occasione costringe a interrompere la visione del film, tornare indietro, alzare il volume e mettere i sottotitoli, in questa sede mi interessa analizzare i rapporti di potere tra i sessi che vengono mostrati. Come si può intuire, Nica si trova al centro di un triangolo amoroso e no, proprio come Renato Zero, non l’aveva considerato. La protagonista è una ragazza molto gentile, timida, amante degli animali per cui ha sempre le dita fasciate a causa dei morsetti di qualche bestiolina che tenta di salvare. Sì, Nica è una crocerossina. E cosa fanno le protagoniste crocerossine dei teen drama? Ovviamente hanno il compito di salvare lo scostante maschio di turno che non è davvero arrabbiato con il mondo, è solo ferito dentro. Nica ha la possibilità di scoprire i veri sentimenti di Rigel fuori dal Grave poiché, solo allontanandosi dalla cornice dell’orfanotrofio, possono liberarsi della distanza che per anni c’era stata tra loro.

Ad avvicinarsi per primo è proprio Rigel che approfitta di ogni situazione per intromettersi nella vita della sorella adottiva. Sarebbe una cosa tenera, se solo non tentasse ogni volta, in ogni discussione, di accorciare anche la distanza fisica che si frappone tra loro, invadendo lo spazio vitale della ragazza senza alcun motivo apparente. Le ingerenze di Rigel sono evidenti anche nel debole rapporto che Nica ha con Lionel e confermano, con assoluta certezza, se mai ci fosse stato il dubbio, che il protagonista sia geloso e possessivo. A coronamento di tutto, c’è la sua grande capacità di finire in mezzo alle risse (specie se coinvolgono la sorella). Ma pure Lionel non è una compagnia raccomandabile: sembra premuroso con Nica che, però, non ricambia e così, come la volpe che non arriva all’uva dice che è acerba, allo stesso modo, quando Lionel capisce che la giovane non è interessata a lui, preferendo Rigel, decide di umiliare entrambi, insinuando che si tratti di una situazione malata perché i due sono fratello e sorella. Se risulta difficile capire il perché di tale argomentazione, non essendoci un legame di sangue, sarà ancora più difficile capire perché al ballo della scuola Lionel ritenga giusto tentare di approfittare di Nica che, frastornata dalla musica alta, chiede all’amico di essere accompagnata in un posto più tranquillo per potersi riprendere.

Ovviamente, mentre il ragazzo tenta di avere la meglio su di lei, che si dimena tra i banchi di scuola, arriva prontamente Rigel a fare a pugni. La scena successiva è semplicemente incomprensibile, ma forse prevedibile per un film a lieto fine. Dopo il salvataggio, la regia lascia intendere, non troppo velatamente, che segua una serata di passione, come se la violenza avesse reso riconoscibile l’amore fra i due. La possibilità di denunciare il tentativo di stupro è evidentemente lontana da queste trame sdolcinate. Si potrebbe giustificare ogni passaggio ricordando che si tratti di finzione scenica, ma quanta sospensione dell’incredulità ci vuole per appassionarsi a una storia come questa? E se il target di riferimento del prodotto sono gli adolescenti e soprattutto le adolescenti (perché è socialmente pattuito che una donna si appassioni a storie d’amore, ma un uomo no), e se magari si parlasse a ragazzi e ragazze alle loro prime esperienze, quale esempio potrebbero trarre da una storia così sommaria? Bisognerebbe, piuttosto, far capire loro che non tutte le love story funzionano e bisogna riconoscere e accettare quando una relazione non è possibile o finisce, quando si deve lasciare spazio all’altra persona e quando e se la propria presenza è necessaria a chi ci sta accanto. Questo scialbo triangolo amoroso non è utile alla scoperta di sé o dei propri sentimenti ed evolve negativamente a ogni passo senza allontanare la protagonista femminile dalle grinfie degli ossessivi personaggi maschili.
Ma se i personaggi maschili sono discutibili, quelli femminili non sono da meno. Come ho accennato all’inizio, Nica ha stretto amicizia con Billy, ragazza solare del comitato di accoglienza, e Miki, dalla personalità cupa e poco socievole. Le due sono amiche dall’infanzia e anche tra loro scorre un amore non corrisposto: quello che Miki prova per Billy la quale, ignara dei sentimenti dell’amica, ha una cotta per il belloccio del liceo. Il loro rapporto di amicizia non sembra altro finché non vediamo una tenera Billy addormentata sul letto di Miki che viene baciata da quest’ultima furtivamente ma non tanto da non essere scorta da Nica.
Le due amiche non parleranno di quel bacio da “Bella addormentata” che non è servito a destare nessuna principessa. Quando Billy scopre i sentimenti di Miki nei suoi confronti, va su tutte le furie e non le rivolge più la parola. Se avesse saputo di essere anche stata baciata? Un bacio senza consenso, nel sonno, se avesse saputo come avrebbe reagito? Non lo sapremo mai, la scena non ha un seguito. La diffusione della violenza e della prevaricazione in questo film adolescenziale è disarmante. Si poteva scrivere un’opera cinematografica basata su una storia di giovani, oggettivamente complessa, in un modo migliore? Sì. A mio parere, non è stato fatto e la cosa più preoccupante è che Fabbricante di lacrime sia stato primo in classifica Netflix a livello internazionale per settimane, dimostrando che ancora una volta basta impastare indiscriminatamente dei cliché in una storia a lieto fine per attirare un pubblico meno attento a certi stereotipi. Si possono guardare con fierezza i frutti del cinema italiano, tuttavia, dopo aver analizzato questa storia, più che orgoglio provo imbarazzo. Credendo fortemente al grande impatto che possono avere i prodotti audiovisivi sulla crescita personale di spettatrici e spettatori, un film del genere è potenzialmente dannoso perché invece di condannare gli atteggiamenti sbagliati di ragazze e ragazzi, non fa che esaltare le solite dinamiche estremamente tossiche, non solo nel rapporto tra le persone, ma anche verso di sé. Va bene non essere individui egoisti e aiutare chi ha più bisogno di essere compreso, ma questo non deve essere imprescindibile; è altrettanto necessario, a un certo punto, lasciare andare chi non vuole aiuto e allontanarsi da chi ci fa del male. Rimanere bloccati in una relazione con la convinzione di poter cambiare il o la partner è uno schema che ricorre troppo spesso nella vita reale e, purtroppo, vediamo come l’epilogo, al contrario dei film, sia sovente triste. C’era del potenziale, ma è andato in fumo.
In copertina: Nica e le sue amiche.
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Articolo di Chiara Gargiulo

Sono laureata in Letteratura, musica e spettacolo all’Università di Roma La Sapienza e attualmente frequento la facoltà di Scritture e produzioni dello spettacolo e dei media, con un approfondimento particolare all’uso delle piattaforme social. Sono appassionata di sport, cinema e serie televisive; mi considero una persona solare a cui piace essere d’aiuto ad altri e altre.
