A Roma, in via di Val Lanzo 147-149, si erge il primo tempio italiano della Goddess spirituality.
Fondato nel 2015 da Maya Vassallo di Florio e da Diego Zoppo, co-fondatore e vicedirettore della struttura, il tempio, dedicato ad Afrodite, Grande Dea del mare, dell’Amore e della Sessualità sacra, nasce dalla volontà di «ri-attivare gli antichi templi e luoghi sacri della Dea, nell’intento di ri-sacralizzarli e rivendicarli, restituendo loro dignità e vita».

I principi fondanti della casa spirituale romana e, in generale, di tutto il Movimento della Dea poggiano su temi quali: l’amore e il rispetto reciproco, la parità dei rapporti tra uomo e donna e il recupero della centralità delle donne nella società, in quanto madri, figlie, antenate e custodi della memoria.
Come riportato sul sito web (https://tempiodellagrandedea.com/la-nostra-storia), con le loro attività quotidiane, le donne e gli uomini della Dea cercano di contribuire alla creazione di MadreMondo teorizzato da Kathy Jones, Sacerdotessa di Avalon e fondatrice del Glastonbury Goddess Temple, da cui il tempio trae ispirazione.
«MadreMondo è la società dove le madri e i valori del matriarcato quali amore, cura, supporto gli uni verso gli altri e per nostra Madre Terra e tutte le sue creature e la natura, sono posti al centro delle nostre vite, piuttosto che essere lasciati fuori, ai margini».
L’assunto da cui muovono le necessità espresse dal Movimento della Dea «poggia sull’assoggettamento delle donne all’ordine androcratico, il quale ha rovesciato quello precedente connesso al culto della Grande Madre Terra». All’origine di questa assunzione troviamo le riflessioni teoriche di femministe quali Mary Daly, teologa statunitense che nel suo celebre lavoro La chiesa e il secondo sesso (1968) individua nel cristianesimo, e nella Bibbia, un ulteriore strumento a servizio del patriarcato: nella concettualizzazione di un Dio uomo come garante dell’ordine simbolico, il cattolicesimo e i suoi testi tenderebbero a legittimare la diseguale distribuzione di potere tra uomini e donne e la subordinazione di quest’ultime.

La teologia femminista, la cui nascita viene fatta risalire al 1960, anno di pubblicazione di The Human Situation: A Feminine View di Valerie Saiving, si è impegnata, nel corso degli anni, in una rilettura critica della religione partendo dalle rivendicazioni del movimento omonimo. In Androcentrism in Religious Studies del 1976, l’autrice rileva il pregiudizio androcentrico che ha caratterizzato gli studi etnografici. Alla luce di tale pregiudizio, la ricerca risulta non essere puramente obiettiva perché viziata dalla percezione soggettiva degli studiosi delle religioni che, per lungo tempo, sono stati esclusivamente uomini.
Dopo di lei, teologhe del calibro di Elisabeth Schüssler Fiorenza, hanno lavorato intensamente per una ri-concettualizzazione dell’esegesi biblica in chiave femminista.
La Goddess spirituality, seppur influenzata dalle questioni politiche femministe, di cui condivide la sfida al monoteismo androcentrico a cui intende sostituire una visione del mondo fondata sulla cosmologia del sacro femminino, si spinge oltre la depatriarcalizzazione delle religioni propria del movimento per recuperare una forma di spiritualità incentrata sul culto di divinità femminili.
Sulla scia degli studi e delle ricerche condotte dall’archeologa Marija Gimbutas sulle culture preistoriche del Mediterraneo e dell’Europa centrale e nordorientale e dalla sociologa Riane Eisle sul modello dominatore e quello mutuale, si ritiene che nel periodo precedente all’età del bronzo fosse consuetudine praticare il culto della Grande Dea Madre, espressione del ciclo umano, naturale e cosmico di nascita-sviluppo-maturità-declino-morte-rigenerazione. Questo ordine simbolico connesso alla fertilità e al potere riproduttivo femminile, nel corso dei successivi duemila anni, è stato completamente abbandonato a vantaggio di ordini religiosi maschiocentrici. Si è trattato, e si tratta, di un meccanismo volto alla cancellazione e all’invalidazione del sacro femminile, tradizionalmente connesso alla santità della vita e alla fecondità, di cui una nelle più vistose esemplificazioni può essere rinvenuta, nell’ambito del cristianesimo, nelle correnti encratite (da enkrateia, continenza) radicali per le quali il peccato sessuale di Adamo ed Eva avrebbe violato l’assetto originario della creazione da risanare attraverso la continenza, l’astensione sessuale, unico strumento per interrompere il ciclo di nascita e di morte.
Il sangue mestruale, che nella tradizione biblica è espressione di impurità (Levitico 15-19: «Se una donna ha un flusso nel suo corpo, e questo è un flusso di sangue, la sua impurità durerà sette giorni; chiunque la tocca sarà impuro fino alla sera»), nella Goddess spirituality viene risignificato come potere generativo e rigenerativo. Questa valorizzazione del flusso mestruale pertiene anche ad antiche forme di sciamanesimo a cui il movimento si richiama. In La nascita mistica. Riti e simboli d’iniziazione Eliade avvalora tale centralità, documentando come le iniziazioni femminili, nonostante la scarsità di dati etnografici a disposizione, siano rivelatrici e confermative di una sacralità delle donne indissolubilmente legata al “mistero del sangue”.
Rifacendosi a credenze e tecniche magico-rituali ed estatiche, le donne del tempio «scoprono e riscoprono le proprie attitudini attraverso […] la lettura di carte e tarocchi, la lettura dell’iride e la caffeomanzia».
La riabilitazione delle pratiche sciamaniche non sorprende se si considera quanto sostenuto dall’antropologa Czaplicka nell’opera Aboriginal Siberia (1914): secondo l’autrice, il fatto che, a differenza di quanto avvenga per gli sciamani di sesso maschile, il termine utilizzato dai diversi gruppi della regione per indicare le specialiste religiose di tipo sciamanico sia sempre più o meno lo stesso (udagan, utagan) porterebbe a presumere l’esistenza ab origine di una ritualità tutta al femminile.
Mary o’Brien definiva il patriarcato e la dominazione maschile sulle donne come effetto del desiderio degli uomini di superare l’alienazione loro derivante dalle esigenze di riproduzione. L’imposizione di una vita verginale e la rapida identificazione della vita religiosa femminile con quella claustrale sembrerebbero fornire ulteriori prove a sostegno di questa interpretazione.
Il femminile, per rientrare nelle griglie della religiosità, deve essere depotenziato delle sue capacità corporee. Ciononostante, proprio in virtù delle sue potenzialità, di cui il ciclo mestruale diventa il simbolo metaforico e reale, le donne vengono sempre rubricate come impure e profane in opposizione a un maschile che, coincidendo nel sesso e nella forma con un Dio Padre che si ritiene volutamente uomo, viene etichettato come puro e sacro. Da qui la caccia alle streghe, potenti figure femminili che, fin dall’inizio, vengono definite come amanti del diavolo.
Nel tempio della Grande Dea la stregoneria e l’appellativo di strega vengono recuperati al fine di rivendicare quelle capacità femminili come la premonizione e l’uso delle erbe curative di cui l’uomo, nel corso del tempo, si è appropriato e, in senso politico, per smascherare il patriarcato insito nel cristianesimo e nei monoteismi di cui sottolineano l’incompatibilità con i valori matrifocali della spiritualità della Dea.
Istanze politiche, sociali, culturali, ambientali e spirituali si fondono insieme in pratiche e credenze che si costituiscono come importanti strumenti di emancipazione femminile.
Miriam Simos individua nell’immanenza, nell’interconnessione e nella comunità i principi fondanti della fede nella Dea. Il primo termine si riferisce alla credenza per cui in ogni persona è ravvisabile la Grande Dea; con interconnessione si definisce l’interdipendenza cosmica degli esseri umani; convergono nel concetto di comunità tutte le componenti umane e non presenti sulla Terra. Recuperando la religiosità femminile primordiale si aggiunge un ulteriore tassello nel mosaico di scoperta e riscoperta di quella metà della specie umana troppo a lungo silenziata.
Bibliografia:
https://tempiodellagrandedea.com/la-nostra-storia;
https://it.wikipedia.org/wiki/Movimento_della_Dea#:~:text=Per%20movimento%20della%20Dea%20(dall,una%20parte%20del%20movimento%20femminista;
https://www.donnedelmondonuovo.it/madremondo-vision/;
Carmelo Russo, “La riabilitazione dei poteri magico-rituali come strumento di emancipazione femminile. Suggestioni etnografiche dal Tempio della Grande Dea di Roma”, in Alessia Lirosi e Alessandro Saggioro, (a cura di), Religioni e parità di genere. Percorsi accidentati, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2022, pp. 187-210;
Emanuela Prinzivalli, “Le molteplici forme della vita religiosa femminile dal I al VI secolo. Dall’ascetismo domestico delle origini alla prima regola monastica scritta per le donne”, in Alessia Lirosi e Alessandro Saggioro, (a cura di), Religioni e parità di genere. Percorsi accidentati, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2022, pp. 57-78.
Articolo di Sveva Fattori

Diplomata al liceo linguistico sperimentale, dopo aver vissuto mesi in Spagna, ha proseguito gli studi laureandosi in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza con una tesi dal titolo La violenza contro le donne come lesione dei diritti umani. Attualmente frequenta, presso la stessa Università, il corso di laurea magistrale Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione.
