Suzanne Belperron, quando il gioiello è pura arte

Dalle immagini che ne abbiamo è immediato comprendere la sua eleganza, il suo buon gusto, la sua finezza e la sua innegabile creatività. 

Ritratto

Era una aristocratica per il nome altisonante e la grazia innata, ma di fatto era figlia di un commerciante, Madeleine Suzanne Marie Claire Vuillerme, nata il 26 settembre 1900 nella cittadina di Saint Claude, nell’area montuosa del Giura francese, non lontano dalla Svizzera. La località, fredda e isolata, si era distinta nel tempo per una particolare abilità, ovvero il taglio dei diamanti. La bambina dimostrava spiccate doti nel disegno, così fu incoraggiata dalla madre Marie Clarisse Faustine a frequentare la Scuola di Belle Arti a Besançon, fondata nel Settecento e di notevole prestigio. Non è un caso se proprio accanto all’istituto sorga fino dal 1694 il più antico museo pubblico di Francia, dedicato sia alle belle arti che all’archeologia. Così la giovane poté visitarlo spesso e rimase colpita dalle preziose collezioni di disegni e di reperti di provenienza egiziana. A conclusione del corso di decorazione dell’orologeria e dell’oreficeria, Suzanne ottenne il primo premio del concorso nell’anno scolastico 1917-18. 

Si stavano avvicinando a grandi passi i “ruggenti anni Venti” e la ragazza tanto dotata di talento e tanto bella non poté che lasciare la provincia e raggiungere la capitale. Già nel 1919 venne assunta come disegnatrice dalla stimata manifattura artistica di Jeanne Boivin, da poco vedova del fondatore René. Entro alcuni mesi comparve la sua prima collezione di gioielli, tuttavia la regola voleva che non figurasse il nome di chi ideava i preziosi monili; in breve divenne la co-direttrice di Casa Boivin. 

Una creazione di Belperron

 Nel 1924 sposò un ingegnere di cui assunse il cognome: Belperron. Ma non era del tutto soddisfatta proprio perché le opere realizzate con i suoi disegni erano anonime, e ciò la portò ad accettare, nel 1932, una proposta allettante di mettersi in proprio, grazie all’intervento di un amico commerciante, Bernard Herz, diventando collaboratrice del gioielliere Adrien Louard e dell’atelier Groené & Dardé. A questo punto il suo nome diventa famoso e le sue fantasiose, sfolgoranti creazioni compaiono sulle riviste di moda e nelle vetrine delle più importanti gioiellerie parigine. Ottima pubblicitaria di sé stessa, collabora con fotografi affermati e la celebre giornalista Diana Vreeland, redattrice capo di Harper’s Bazaar e poi di Vogue edizione americana, adora le sue “opere” e non perde occasione per celebrarle.

1934, Copertina Vogue Parigi

Quando arriva la richiesta di recarsi a lavorare negli Usa, tuttavia, nonostante possa essere un’ulteriore crescita professionale, Suzanne rifiuta. A proposito di firme, ottenuta la fama internazionale, la stilista e creatrice era solita affermare: «Il mio stile è la mia firma»; non c’era più bisogno di apporre il proprio nome perché quello che progettava era unico, rappresentava in pieno il suo stile, diverso da ogni altro, ispirato com’era da culture e arti orientali ed esotiche. Sue fonti inesauribili di idee saranno l’Asia nelle sue mille sfaccettature, l’Africa, persino l’Oceania di cui coglie con sapienza i colori, i motivi, l’utilizzo delle pietre, la modernità che rendono ogni gioiello un oggetto prezioso, certo, ma anche bellissimo. 

Farfalla in oro giallo, platino, smeraldi e diamanti

Fa uso di brillanti, oro giallo, pietre dure, smalti, zaffiri, calcedonio, corallo rosa, citrino, perle, agata, turchesi, smeraldi, ma pure cristallo di rocca e materiali meno nobili, per orecchini, anelli dalla forma sconcertante, braccialetti, spille, collane talvolta sobrie altre volte ricchissime. Non meraviglia che le signore dell’epoca, quelle ovviamente dotate di mezzi idonei a soddisfare i loro desideri, se ne potessero innamorare e li sfoggiassero nelle occasioni giuste: a teatro, ai concerti, ai balli, ai pranzi di gala, nei ristoranti alla moda, durante i viaggi… trattandosi di creazioni di non facile utilizzo quotidiano! 

Belperron, Pendente

Per rendersene conto basta consultare un catalogo o curiosare un po’ e si rimane davvero senza parole. Dalla sua fantasia nascono fiori, foglie, conchiglie, figure geometriche, forme arrotondate in modo armonioso, in un tripudio di combinazioni e di colori abbinati con sapienza e buon gusto. 
L’arrivo dell’occupazione tedesca e della guerra dà un duro colpo all’attività di Suzanne; il suo socio Herz, ebreo, è sotto sorveglianza e più volte lei lo salva dalla Gestapo. Deve prendere dunque le redini dell’azienda con il proprio nome e un nuovo socio. Tuttavia, dopo una denuncia anonima, sia lei che Herz vengono arrestati: è il 2 novembre 1942. Herz prima finisce in un campo di reclusione, poi viene deportato ad Auschwitz, da cui non tornerà; per lei è invece indispensabile dimostrare di non essere ebrea. Viene rilasciata e si fa coinvolgere nella Resistenza; nel 1946 finalmente rientra dalla prigionia il figlio dell’amico Herz, Jean, che può riprendere il proprio posto nell’attività economica. Uno dei più importanti membri della Resistenza francese, lo scrittore e archivista André Chamson, le chiederà di creare appositamente per lui la spada quando, nel 1956, avrà l’onore di essere ammesso all’Accademia di Francia. Nel 1963 Suzanne Belperron riceve la Legion d’onore come giusto riconoscimento per la sua carriera artistica. Nel 1970 avviene la morte del marito e dopo quattro anni viene decisa di comune accordo la chiusura dell’azienda. Si sa che la grande disegnatrice rifiutò varie offerte sia di collaborare stabilmente con gioiellerie come Tiffany, sia di far replicare le proprie creazioni, ma non si negava per una consulenza amichevole o per una valutazione di oggetti preziosi. 

La morte è arrivata accidentalmente, per un banale incidente nel bagno di casa, il 28 marzo 1983 a Parigi. Ma la sua vicenda professionale non si è conclusa, infatti nel 1987 riemersero da qualche scrigno o cassaforte i gioielli che aveva realizzato per una cliente speciale, la Duchessa di Windsor, quando venne organizzata una vendita all’asta da Sotheby’s a Ginevra e la luce si accese di nuovo sulla sua mirabile arte. Dal 1991 al 1998 è stata attiva una nuova società che ha promosso la copia dei gioielli di Suzanne, realizzati in Francia ma commercializzati in esclusiva a New York. Tuttavia la storia avventurosa e sorprendente va avanti con un’altra sorpresa; siamo ormai nel 2007 e per caso si entra in un appartamento appartenuto alla creatrice, rimasto chiuso dalla sua morte. Qui vengono trovati la sua biblioteca, le sue carte, i suoi disegni, i suoi contratti, le sue foto, gli articoli a stampa, l’archivio della clientela che forse aveva accuratamente ordinato in vista di una monografia sul suo lavoro, poi mai realizzata a causa della morte improvvisa. Questo ritrovamento fu anche molto utile perché permise di datare dei gioielli rimasti senza firma o di incerta provenienza, di eliminarne altri erroneamente a lei attribuiti, insomma di fare chiarezza sulla sua immensa produzione, finita per lo più nelle mani delle facoltose committenti e acquirenti sparse in tutto il mondo. 

Gioielli vari

Il suo archivio, consistente in oltre 9200 disegni, verrà acquistato dalla famiglia Landrigan. Da quel momento è una riscoperta continua del suo genio e le vendite di alcuni pezzi unici raggiungono cifre stratosferiche. Anche il mondo della moda ne rimane affascinato, tanto che in varie sfilate parigine alle modelle vengono fatti indossare suoi monili adatti pure alla nostra contemporaneità. Un’ulteriore sorpresa si ha quando viene trovata la raccolta personale di gioielli conservati per proprio uso da Suzanne Belperron, che non aveva avuto figli e aveva lasciato tutto in eredità al figlio di Herz e a sua volta ai suoi diretti discendenti.

Biografia illustrata pubblicata da Thames e Hudson nel 2016

 Nel 2012 è avvenuta a Ginevra una vendita all’asta davvero principesca, tanto che i prezzi, rispetto alle stime iniziali, sono raddoppiati o anche più; si è giunti a un ricavato di 2 milioni e 700 mila euro. Nel 2015 a New York è stata aperta la Maison Belperron al n.745 della Quinta Strada dove si ammirano le meravigliose creazioni e si possono acquistare, avendo a disposizione cifre consistenti. Nel 2018 la grande disegnatrice è stata celebrata, nel centenario del diploma, con una collezione nata da 22 suoi bozzetti di studente, in cui già emergeva la sua originalità, e dalla replica di alcune sue opere più celebri.

Parlare però di gioielli, che a questo livello sono pura arte, vuol dire abbellimenti raffinati, capi da indossare, ben più di un cappotto o di una borsa “firmata”, perché eterni, inimitabili, unici come un dipinto o una scultura di valore. Dobbiamo allora curiosare nella sua clientela: della Duchessa di Windsor, la cui eleganza è rimasta proverbiale, abbiamo detto; ma le altre? Chi ha avuto il piacere di portare su di sé simili meraviglie? Intanto, come è ovvio, iniziamo dalle famiglie aristocratiche come quella dell’Aga Khan, o ricchissime come Rothschild e Wildenstein; attrici e attori, cantanti, personaggi dello spettacolo ne fecero acquisti per sé o per una persona cara, come Gary Cooper, Colette, Charles Boyer, Josephine Baker, Merle Oberon, Maria Felix. Anche membri della politica francese e internazionale li apprezzarono, ad esempio Léon Blum o Paul Reynaud. Grande stima arrivò nell’ambito della moda: abbiamo già citato l’amica giornalista Vreeland, ma dobbiamo aggiungere stiliste/i celebri, fra cui Karl Lagerfeld, Christian Dior, Nina Ricci, Jeanne Lanvin, Elsa Schiaparelli. 

Nel 2011 è uscito un libro intitolato semplicemente Suzanne Belperron, scritto da Sylvie Raulet e Olivier Baroin, tradotto anche in Italia.

Catalogo

 Affascinanti da sfogliare i cataloghi delle case Sotheby’s e Christie’s realizzati in occasione delle aste, opportunità unica per immergersi in un mondo fatato dove i sogni sono diventati realtà, ma solo per le più fortunate.

Qui le traduzioni in francese, spagnolo e inglese.

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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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