Sono 542 i crateri minori del pianeta Venere: ognuno di loro è stato chiamato con un nome di donna appartenente a culture diverse, circa una ottantina. È impossibile nominarle tutte, ma salta all’occhio che ci sono molti nomi europei, diversi africani, alcuni asiatici, pochi oceanici e americani, praticamente soltanto quattro appartenenti alle lingue di alcune tribù indigene del Nord d’America, escludendo totalmente la popolazione femminile del continente latino-americano. Se scartabelliamo tra i nomi definiti italiani, troviamo Elena, Francesca, Gina, Laura, Ortensia, Pamela, Rita e Romola. Ho cercato il mio nome, e ho scoperto che esiste il cratere Marie, presentato come nome della cultura francese, mentre Teresa viene indicata come di origine greca: vabbè, sono ugualmente su Venere!
Il “mio” cratere, Teresa (ho scelto di adottare questo come mio) ha un diametro di 14,80 chilometri e posso identificarlo con precisione sulla superficie del pianeta, grazie alle sue coordinate. Il nome è stato approvato dall’Unione astronomica internazionale nel 1994.

Ognuna può cercare, se ha pazienza, il proprio nome o quello di una persona cara: ho trovato a esempio il nome di mia madre, Wilma, assegnato in quota cultura inglese a un piccolo cratere di appena 12,5 chilometri di diametro. Quante di noi hanno un cratere su Venere e non lo sanno? Bineta Diop è un attivista senegalese per i diritti delle donne, fondatrice di Femmes Africa solidarité; probabilmente non sa che un cratere di 10,7 chilometri di diametro, dal 1997, porta il suo nome, indicato come nome proprio mandingo, lingua dell’Africa occidentale.
Gudrun è un nome antico legato alla mitologia nordica, il cui significato è “segreto di Dio” o “mistero divino”; molto popolare tra i popoli germanici e scandinavi durante l’era vichinga, è rimasto popolare fino ai giorni nostri. Gudrun Pausewang è una scrittrice tedesca, morta pochi anni fa, autrice di molti libri per l’infanzia e anche libri di fantascienza. Gudrun Landgrebe è invece una attrice tedesca, ancora vivente, interprete di numerosi film e serie televisive, oltre a recitare in teatro. Anche loro possono riconoscersi in un cratere di Venere, diametro di 13,3 chilometri.

Afua è un nome comune della cultura akan; gli akan sono un gruppo etnico dell’Africa Occidentale, composto da diverse popolazioni diffuse in Costa d’Avorio e Ghana. Tutte queste tribù sono ancora strutturate in regni, in cui le cariche sono ereditarie e trasmesse in modo matriarcale; curiosamente i loro nomi sono legati al giorno di nascita. Porta il nome Afua la scrittrice e conduttrice britannica Hirsch, la cui madre era di origine ghanese, mentre il nonno materno partecipò attivamente nelle istituzioni educative del Ghana dopo l’indipendenza, diventando poi un esule politico. Afua Hirsch ha scritto nel 2018 il libro Brit(ish): On Race, Identity and Belonging e successivamente, nel 2023, Decolonising My Body: A Radical Exploration of Rituals and Beauty, entrambi legati alla sua identità di donna britannica di origini miste. Nel 2017, su The Guardian, Afua si è chiesta se la Colonna di Nelson non dovesse essere rimossa, suscitando molte polemiche: successivamente lei parlò chiaramente di una provocazione, ritenendo che la Gran Bretagna avrebbe dovuto riflettere sul proprio passato coloniale. Anche Afua ha il suo piccolo cratere su Venere, di appena 10 chilometri di diametro.

Non esistono crateri con nomi di origine latino-americana, ma alcune donne latinoamericane possono vantare un cratere minore su Venere: Esmeralda Mallada è una di loro, anche se Esmeralda viene catalogata nell’elenco dei crateri come nome di origine gitana. Esmeralda Mallada, uruguaiana, è stata una importante astronoma, tra le fondatrici della Asociación de aficionados a la astronomía ad appena quindici anni, istituzione che poi la dichiarerà presidente onoraria. Dopo una lunga carriera come insegnante di cosmografia nelle scuole secondarie del paese, ottenne la laurea di astronomia, lavorando successivamente nel Departamento de astronomía della facultad de ciencias della Universidad de la República, contribuendo con la sua esperienza a numerosi progetti di ricerca. Proprio per questa sua prolungata e fruttuosa traiettoria scientifica, l’Unione astronomica internazionale nel 2015 designò con il suo nome l’asteroide 16277, appartenente alla fascia centrale degli asteroidi, tra Marte e Giove, un asteroide che si muove su un’orbita quasi circolare. In una intervista rilasciata nel 2009 in occasione dell’Anno internazionale della astronomia, Esmeralda affermava che «il primo ricordo di qualcosa relazionato con la astronomia nella mia vita fu la cometa che vidi al tramonto, una lunga coda bianca verticale, ben visibile in cielo». Probabilmente era la grande cometa del 1947. Fu grazie al professore di cosmografia, Alberto Pochintesta, che si avvicinò definitivamente all’astronomia come scienza, appassionandosi immediatamente al funzionamento cinematico del sistema solare. Esmeralda ha vissuto anni importanti nell’evoluzione dell’astronomia, assistendo al lancio dello Sputnik e allo sbarco del primo uomo sulla luna.

Si è dedicata con entusiasmo allo studio e alla diffusione delle conoscenze astronomiche, contribuendo e sostenendo la rete degli Osservatori astronomici delle scuole secondarie in Uruguay, rete coordinata dall’Osservatorio astronomico di Montevideo. «La curiosità umana è un motore del progresso e i sentimenti che possono risvegliare le osservazioni celesti grazie ad un telescopio sono i semi di scelte di vita» affermava Esmeralda, chiedendosi «quale altra scienza può servirsi di ricercatori, osservatori dilettanti, semplici amatori, che hanno in comune nient’altro che l’interesse ad ammirare con passione l’Universo?». Ammirando anche quel cratere su Venere, diametro inferiore ai 10 chilometri, che porta il nome di Esmeralda.
In copertina: la superficie di Venere, Wikimedia Commons.
***
Articolo di Maria Teresa Messidoro

Classe 1954, insegnante di fisica, da quarant’anni vicina alla realtà latinoamericana, in particolare a El Salvador, e con un occhio di genere, è attualmente vicepresidente dell’Associazione Lisangà culture in movimento; è scrittrice per diletto ma con impegno e spirito solidario.
