Da qualche giorno, nella mia scuola, si sta combattendo una battaglia silenziosa. Da una parte certi studenti di quinta del corso di meccanica, dall’altra il personale docente e Ata, per una volta alleato nella lotta alla devianza.
Pare che i suddetti alunni, purtroppo non visti da nessuno — ma il vicepreside e la collaboratrice del terzo piano sembrano non avere dubbi sui nomi dei colpevoli — abbiano avuto la brillante idea di dar fuoco al cassone del bagno dei maschi, gettare rotoloni di plastica e pezzi metallici dell’officina nel tubo dello scarico, rompere le porte a pedate e altre belle imprese di questo genere, in barba al concetto di bene comune e di rispetto dell’ambiente che li accoglie tutte le mattine.
Vien subito da pensare che le trentatré ore annuali di educazione civica, introdotte da Salvini qualche anno fa, non abbiano dato i risultati sperati. Qui siamo tornati ai tempi delle caverne, quando i bisogni corporali si espletavano all’aria aperta e nel più breve tempo possibile, per non rischiare di finire fra le zanne di una tigre dai denti a sciabola di passaggio. Qualcosa mi dice che, pur non avendo la fama del carnivoro assetato di sangue, in questo momento anche il vicepreside se li mangerebbe a colazione i nostri simpaticoni della gang dei bagni. Ma, in mancanza di prove incriminanti, non è possibile incolpare nessuno, dunque la Dirigenza deve dar fondo alla propria genialità per trovare una soluzione di senso.
L’educazione in contesti di gruppo, a volte, cammina su fili davvero sottili. Punire in modo indifferenziato? Non punire nessuno? Nascondere il misfatto per non dar adito a pericolose emulazioni o renderlo pubblico per fare un discorso allargato sul senso civico? Introdurre un clima di delazione e sospetto? Invitare i colpevoli all’ammissione spontanea? Coinvolgere le famiglie? Restringere il campo delle persone coinvolte? Non c’è mai una risposta univoca, di fronte a queste situazioni, bisogna giocarsela di intuito ed equilibrio, partendo dalla conoscenza del contesto e delle dinamiche che lo abitano.
L’altra mattina, dunque, le porte degli antibagni sono state tutte rimosse. Decisione della Dirigenza, che non ha sentito il bisogno di interpellare altre componenti scolastiche per accollarsi tale onere pedagogico. Ora è impossibile fare qualsiasi cosa senza che l’occhio vigile del personale Ata punti il suo mirino da cecchino su chiunque si avvicini ai lavandini dei bagni.
La reazione più scomposta è naturalmente stata quella delle ragazze che, del tutto incolpevoli e ignare delle cause dell’affronto, hanno vissuto la cosa come una grave lesione della loro privacy. Ma come? Non si può più nemmeno rifarsi il trucco in santa pace, tra un’ora e l’altra, senza che le bidelle ci debbano mettere il becco? Ma c’è di peggio. La collega Susanna mi ha inseguita per il corridoio allarmatissima, allorquando il collaboratore scolastico del primo piano si è confuso e ha divelto la porta del bagno del personale docente, anziché quello degli e delle studenti.
Apriti cielo! La mail del vicepreside è stata presa d’assalto dalle lamentele accorate di tutti/e le insegnanti dell’Istituto! Riparato in fretta e furia il malfatto, tutto sembrava essere tornato alla normalità, se non fosse che questa mattina, appena arrivata a scuola, ho notato la comparsa di una cosa a mio giudizio meravigliosa. Al posto della porta, all’ingresso del bagno dei maschi, è stata appesa una sorta di tenda tutta paiettes e lustrini, con sopra la scritta “Privé”. I ragazzi di quinta ne hanno subito rivendicato la creazione con orgoglio, in nome del diritto al buon gusto e all’intimità. E le ragazze si rodono d’invidia, per non aver avuto loro per prime un’idea simile. Ora vedremo cosa decideranno di fare ai piani alti. Rimuovere anche la tendina? Far finta di nulla e continuare con l’esperimento delle porte aperte?
A volte lavorare a scuola è meglio che staccare un biglietto per il varietà! E chi dice che la scuola è noiosa, sempre uguale, un posto poco stimolante e alienante, probabilmente non è mai stato nella mia!
Le pagine di questa rubrica raccolgono testimonianze di insegnanti di sostegno che hanno scelto di condividere con noi qualche riflessione sul loro lavoro e qualche episodio particolarmente emblematico del mondo dell’inclusione fuori e dentro la scuola. La Redazione ringrazia tutte/i coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione, prestando la loro voce a Vitamine vaganti.
In copertina: foto di Christian Tasso, tratta dal libro Nessuno escluso, edito da Contrasto, novembre 2020.
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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, già docente di filosofia/scienze umane e consigliera di parità provinciale, tiene corsi di formazione, in particolare sui temi delle politiche di genere. Giornalista pubblicista, è vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile e caporedattrice della rivista online Vitamine vaganti.
