La Resistenza raccontata ai ragazzi

Ancora una volta Federica Seneghini firma un’opera di altissimo livello sugli anni della Resistenza, rivolta ai più giovani. Appena pubblicato nella collana Il Battello a Vapore, Mondadori edizioni, Salvate il soldato Jack è un romanzo per ragazze e ragazzi, dai dodici anni in su, a dir poco meraviglioso, assolutamente da leggere. Uno di quei libri che dovrebbero essere resi obbligatori nelle ore di educazione civica in tutte le scuole d’Italia.
Non mi stupirei affatto (Nuove linee guida del Governo permettendo) di scoprirne alcuni stralci nelle prossime antologie per le secondarie, sempre molto attente alle pubblicazioni di qualità rivolte a una fascia d’età così complicata.

Salvate il soldato Jack è un piccolo gioiello letterario, capace di far sentire a chi scorre le sue pagine l’odore dolce dei campi in primavera, l’afrore fresco dei fiori del ciliegio e insieme il rombo assordante delle bombe e l’odore acre del fumo degli schianti; il sapore della terra che ti entra in bocca mentre ti rannicchi con chi è protagonista dentro il riparo anti aereo e insieme quello del pane duro col lardo, che non basta mai a riempire lo stomaco.
Leggere Federica Seneghini dà la stessa vibrante emozione, lo stesso intenso desiderio di verità che accompagnano l’ascolto dei racconti della Senatrice Liliana Segre: frammenti di guerra, visti con gli occhi di una bambina. Perché la protagonista di Salvate il soldato Jack, Carla, è figlia di una famiglia contadina della campagna ferrarese e ha appena nove anni. Suo fratello maggiore, Tonino, ha scelto di fare il partigiano, nascondendosi tra le colline e i boschi insieme all’amico Mario, la cui mamma, la Cecina (personaggio, a mio avviso, particolarmente riuscito, a cui bisognerebbe dedicare un altro intero romanzo), non manca mai di portare alla famiglia di Carla un piatto di minestra in più.
Sono tanti, in questa storia, i gesti di solidarietà di chi non ha più nulla o quasi, eppure non rinuncia alla propria umanità. Ma sono altrettante le azioni meschine e vili di coloro che, nella miseria e nella paura, si abbandonano alla delazione e all’inganno, pur di portare a casa la pelle o anche solo levarsi di dosso il fiato sul collo dei nemici. Per questo il libro funziona: perché è profondamente autentico, onesto, franco nel descrivere la doppia faccia dell’umano, insieme capace di grandi slanci e di infime bassezze.
Con una scrittura che scivola dolcemente come le acque del Canal Bianco e che, come la corrente, affronta le rapide dei colpi di scena con elegante naturalezza, questo romanzo storico tiene la lettrice e il lettore incollati alle vicende dei suoi personaggi, semplici contadini e contadine, capaci di incarnare una straordinaria varietà di tipi umani e di caratteri, così veri da non aver bisogno di lunghe descrizioni fisiche o psicologiche. Leggendo il libro, si ha l’impressione di conoscere perfettamente ogni attore e attrice della tragedia, con la stessa confidenza del vicino di casa, della vicina di panca abituale alla messa della domenica. Meravigliosa alchimia della penna di Federica Seneghini questa, che per capacità di creare consonanza tra lettori/rici e personaggi, non mi pare abbia nulla da invidiare a nomi come Vasco Pratolini, Achille Campanile o Piero Chiara — tutti uomini, ovviamente… Ma le cose stanno cambiando, finalmente!

Nel piccolissimo borgo delle Chiesoline, dove il romanzo è ambientato, Carla e il fratellino Benito assistono allo stravolgimento del loro mondo e dei valori che lo attraversano, senza capire fino in fondo cosa stiano combinando i grandi, ma cogliendo nei loro sguardi, nei gesti, nei bisbigli dietro le tende l’angoscia di chi non ha più certezze, se non quella di essere sempre in pericolo, senza averlo scelto. È in una mattina di aprile del 1945, a pochi giorni dalla Liberazione, che Carla vede un aereo da caccia alleato precipitare nelle campagne poco distanti da casa sua. La sera stessa, il soldato irlandese che lo pilotava, il soldato Jack appunto, si presenta alla sua porta ferito e semisvenuto. La madre di Carla, dopo un breve momento di esitazione, decide di soccorrerlo e di provare a nasconderlo. Lo fa nonostante il marito, che la Resistenza la condivide poco e dei fascisti ha paura; nonostante il pericolo dei tedeschi, che girano tra le cascine a rubare il possibile e a giustiziare chiunque nasconda in casa soldati o partigiani; nonostante gli occhi indiscreti della vicina, che la accusa di volerli far ammazzare tutti e che fa abitualmente la spia. Un puro gesto di pietà umana, di solidarietà, come ce ne sono stati chissà quanti durante la Seconda guerra mondiale e non solo quella. Una decisione presa da una donna, da una mamma che si fa aiutare dalla figlioletta di neppure dieci anni a trascinare in casa un omone di quasi due metri, che parla una lingua straniera, ma i cui occhi azzurri sanno esprimere immensa gratitudine.
Tonino incarna la resistenza combattendo i nazifascisti con le armi, sua madre e sua sorella lo fanno aiutando un aviatore ferito dall’artiglieria tedesca. Carla sa che gli inglesi sono i buoni in questa storia intricata e folle della guerra, ma ha paura che proteggerne uno possa significare la fine per tutta la sua famiglia e non si sbaglia. Tuttavia, nonostante le gambe che tremano, il cuore che rischia di scoppiare e il fiato che non vuole entrare nei polmoni, quando i grandi decidono che solo lei può accompagnare Jack oltre le linee nemiche senza destare sospetti, la piccola partigiana Carla risponde decisa il suo «Ce la faccio».
Inizia così la notte più lunga della sua vita, quella in cui, preso il soldato irlandese per mano, si avventura nelle campagne che tante volte ha percorso correndo, al bordo dei canali, dentro case abbandonate e semi diroccate, verso la salvezza, la libertà. È il 23 Aprile 1945. Riuscirà Jack a raggiungere i compagni e ad aver salva la vita a due giorni dalla fine del conflitto? Carla saprà trovare la strada nel buio della notte? Rivedrà la sua famiglia e la sua casa?
Al giovane lettore e alla giovane lettrice la scoperta, attraverso un viaggio che sa restituire, intatte, le atmosfere, le paure e le speranze di chi ha vissuto gli ultimi giorni di guerra e ci ha lasciato in eredità il più prezioso dei doni: la libertà.

Federica Seneghini
Salvate il soldato Jack
Piemme, 2025
pp. 176

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Articolo di Chiara Baldini

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Classe 1978. Laureata in filosofia, specializzata in psicopedagogia, insegnante di sostegno. Consulente filosofica, da venti anni mi occupo di educazione.

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