Religione, reliquie e ascetismo

Nel numero 10 di Bibliografia Vagante quattro articoli sulla religiosità; apriamo con la liturgia e l’agiografia sulla regina Æthelthryth e le sue sorelle venerate nel monastero di Ely (Est Anglia). Passiamo poi alla traslazione delle reliquie come strategia di legittimazione del potere femminile nel XII secolo e facciamo un salto indietro nel tempo tra il IV e il V secolo sull’ascetismo bizantino attraverso le vite di Maria Egiziaca e Matrona di Perge. Concludiamo con l’immaginazione di scrittori e cronachisti, ai tempi della conquista, sulla funzione delle religiose rinchiuse nelle aree templari Inca.
Per informazioni sui criteri di scelta degli articoli/libri, vi rimandiamo alla BV 1.

W. Tanner Smoot: History in liturgy: negotiating merit in Ely’s virgin mothers, Journal of Medieval History, Vol. 29, n. 2/2023. Abstract OA.
Come custodi di un culto particolare, le monache di Ely affrontarono un dilemma commemorativo alla fine dell’XI secolo. Il culto dell’abbazia femminile era incentrato sulla regina vergine Æthelthryth, il cui corpo incorruttibile esemplificava l’integrità della comunità monastica. La venerazione di Ely per Æthelthryth si estese alle sue sorelle, Wihtburh e Seaxburh, e alla nipote Eormenhild. A differenza di Ætelthryth, Seaxburh e Eormenhild avevano tradizioni storiche di maternità e corruttibilità corporea, che spinse le monache a bilanciare le virtù contrastanti delle loro sante nella letteratura commemorativa. Questo articolo esplora i meriti mutevoli delle madri di Ely rappresentati nella liturgia e nell’agiografia dell’XI secolo. Lo studio inizia esaminando la commemorazione liturgica da parte delle monache prima della Conquista normanna, con un focus sull’apparizione delle sante nelle litanie e nelle messe. Analizza poi l’agiografia di Ely redatta da Goscelin di Saint-Bertin, giungendo alla conclusione che aveva il fine di riconciliare le virtù contrastanti delle donne venerate.
Per maggiori informazioni sulle vite delle sante di Ely: Goscelin of Saint-Bertin. The Hagiography of the Female Saints of Ely, a cura di Rosalind C. Love, Oxford, 2004.

Miriam Rita Tessera: Le donne e la traslazione delle reliquie di Oltremare in Occidente nel secolo XII, Reti Medievali, Vol. 21, n. 2/2020 (Articolo OA scaricabile in .pdf).
Il trasferimento in Occidente di reliquie provenienti dai principati latini d’Oriente nel XII secolo fu spesso utilizzato come strategia politico-religiosa nel sostegno al movimento e agli stati crociati. Il ruolo svolto dalle donne laiche o religiose in questo campo presenta connotazioni specifiche, dovute alla realtà multiculturale di Outremer, che rimandano sia ai modelli bizantini di trasmissione ereditaria delle reliquie sia a innovative strategie di legittimazione del potere femminile in un contesto politico molto delicato (in particolare per l’invio di reliquie della Vera Croce). Tra i casi analizzati spicca quello delle badesse del monastero di Santa Maria la Grande di Gerusalemme (dall’abstract).

Christodoulos Papavarnavas: Saints’ mobility and confinement: deconstructing Byzantine stories of (fe)male ascetics and monastics, Early medieval Europe, Vol. 31, n. 3/2023. Articolo OA scaricabile in .pdf.
L’articolo indaga storie di santità, che hanno asceti o monastici come loro protagonisti e protagoniste, e che si sviluppano sulla base di un attento intreccio di due concetti: vagabondaggi in ambienti urbani o desertici e auto-perfezionamento in spazi chiusi o appartati. Attraverso la lettura e il confronto di due Vite di sante (Maria d’Egitto e Matrona di Perge) risalenti al primo e al medio periodo bizantino, l’analisi evidenzia la relazione tripartita tra movimento, confinamento e avanzamento spirituale da un punto di vista letterario-narrativo, approfondendo così la nostra comprensione dell’ascetismo e del monachesimo in contesti bizantini.

R. Alan Covey: Inca Religious Women in the Male Imagination, Hispanic American Historical Revue (HAHR), Vol. 103, n. 3/2023. Abstract OA.
Durante la colonizzazione spagnola delle Ande, le religiose segregate nei recinti dei templi Inca diventarono un argomento quasi universale per gli scrittori, che usarono la sessualità delle donne per dibattere sulla civiltà, sovranità e moralità indigene. I testimoni sottolineavano il lavoro svolto dalle donne rinchiuse, nascondendo la violenza sessuale perpetrata dai conquistadores. Nei decenni successivi, la funzione dei recinti femminili dei templi ha ispirato analogie imperfette attraverso il paragone delle religiose che li occupavano con le suore cattoliche e le vergini vestali. Gli scrittori spagnoli alla fine assimilarono i termini Quechua per le religiose (mamaconas) che servivano nei complessi del tempio e supervisionavano l’addestramento delle ragazze scelte (acllas) in altri recinti. Nuovi dettagli sui recinti delle donne apparvero alla fine del XVII secolo, compresi i primi racconti di uomini cristiani di origine andina. In particolare, la cronaca (Commentari reali degli Inca, 1609. ndr) di “El Inca” Garcilaso de la Vega sintetizzava approcci cattolici, classici e vernacolari, fornendo una fonte autorevole che gli autori successivi consultarono riducendo le istituzioni Inca a metafore di subordinazione e conquista di genere (dall’abstract).

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Articolo di Rosalba Mengoni

Rosalba Mengoni 400x400

Laurea magistrale in Storia e Società, il suo principale argomento di studio riguarda l’interazione fra l’essere umano e il territorio. Collaboratrice tecnica all’Isem – Istituto di storia dell’Europa Mediterranea del Cnr, è nel comitato di redazione di Rime, la rivista dell’Istituto e fa parte del gruppo di lavoro sulla comunicazione. Cura la Bibliografia Mediterranea pubblicata sul sito istituzionale http://www.isem.cnr.it

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