Nel numero 11 di Bibliografia vagante parliamo di sguardo colonialista sulle donne e di schiavismo. Concludiamo con quello che può essere considerato un caso di colonialismo al contrario: l’esperienza mistica della filosofa Eva De Vitray-Meyerovitch. Cresciuta nella religione cattolica, conobbe l’Islam attraverso gli scritti del filosofo e politico Muhammad Iqbal; convertitasi all’Islam negli anni ’50, i suoi studi si concentrarono sul poeta mistico Jalāl al-Dīn Muḥammad Rūmī e il sufismo.
Per informazioni sui criteri di scelta degli articoli/libri, vi rimandiamo alla BV 1.

Anche se nella Francia post-rivoluzionaria vivevano relativamente poche persone di colore, immagini e discussioni, soprattutto sulle donne nere, apparivano ripetutamente in diversi settori culturali e ambienti sociali francesi. In Venere nera, l’autrice mostra come queste rappresentazioni visive e letterarie abbiano contribuito a plasmare l’identità nazionale post-rivoluzionaria, soprattutto in risposta al trauma della sconfitta francese nella rivoluzione haitiana. Il volume esplora le ripercussioni di questa sconfitta prendendo in esame le rappresentazioni di tre donne nere divenute famose negli anni successivi. Sarah Baartmann, conosciuta come la Venere Ottentotta, rappresentava un distorto ricordo di Haiti nell’immaginario francese; la sua esposizione, i trattamenti subiti e le sue raffigurazioni incarnavano la collera ancora nutrita dai francesi. La Francia si appropriò invece dell’identità di Ourika — una giovane senegalese condotta in Francia dal Maresciallo Prince de Beauvau — attraverso lavori teatrali, poemi e moda perpetuando, allo stesso tempo lo stereotipo della ipersessualità delle donne nere. Infine, l’autrice mostra come la demonizzazione di Jeanne Duval, a lungo amante di Charles Baudelaire, abbia espresso la necessità della Francia di liberarsi dei corpi neri anche mentre proliferavano immagini e discorsi su quei corpi. Le storie di queste donne, accuratamente contestualizzate e colloquianti tra loro, rivelano un punto cieco legato alla razza nell’identità nazionale francese, ancora persistente nel presente postcoloniale (dal sito dell’editore).
Di seguito i collegamenti a due recensioni OA:
Rebecca Rogers su H-France Forum, Volume 15, Issue 6, #4,
Erica Johnson Edwards su Black Perspective, Gennaio 2021.
Sul sito Amazon si possono leggere indice, prefazione e introduzione (link sotto l’immagine della copertina).
Si consiglia la visione del film sulla vita della sudafricana Saartjie (Sarah) Baartmann: Venere nera, regia di Abdellatif Kechiche, 2010.
Del libro Ourika di Claire de Duras, 1824, sono state pubblicate diverse edizioni, anche commentate. Un ritratto di Jeanne Duval fu eseguito da Édouard Manet nel 1862 (vedi immagine seguente).

Megan Eaton Robb: Becoming Elizabeth: The Transformation of a Bihari Mughal into an English Lady, 1758–1822, The American Historical Review, Vol. 128, n. 1/2023.
Verso la fine del XVIII secolo, una nobile Mughal di nome Sharaf un-Nisa conviveva a Purnea con il supervisore della Compagnia delle Indie Orientali (Gerard Ducarel, n.d.r.) con cui aveva avuto dei figli. Lo seguì in Inghilterra, cambiando il suo nome in Elizabeth e convertendosi al cristianesimo. La convivenza tra native e dipendenti della Compagnia era comune. Mentre gli studiosi cercano di compensare la carenza di informazioni sulla vita di queste donne negli archivi della stessa Compagnia, le prove materiali della vita di Elizabeth forniscono informazioni sul processo di anglicizzazione. L’articolo integra la ricerca esistente sulle mogli native attraverso lo studio di un archivio familiare per considerare il caso di Elizabeth Sharaf un-Nisa come un processo di trasformazione caratterizzato dall’ibridazione. Questa conclusione proviene dall’analisi testuale di diverse tipologie di materiali dell’archivio familiare, inclusa la corrispondenza privata redatta in inglese e persiano tra il XVIII e il primo XIX secolo, oltre che dall’analisi di dipinti, gioielli, tessuti e un libro di calligrafia (dall’abstract dell’articolo).
Elizabeth Sharaf un-Nisa Ducarel (1758–1822) è protagonista dell’episodio 30 del podcast: Your Most Obedient & Humble Servant, mentre le lettere sono pubblicate nel progetto Unstable Archives. Podcast e archivio raccolgono la corrispondenza di donne del XVIII e XIX che non hanno trovato posto nei libri di storia.

Il volume è il primo studio sistematico sulle donne libere e affrancate di discendenza europea, euro-africana e africana che trassero profitto dalla tratta degli schiavi nell’impero britannico. La loro attività favorì la trasformazione della Giamaica nella colonia schiavista più ricca del mondo anglo-atlantico. A partire dagli anni ’70 del 1600, un gruppo sorprendentemente ampio e variegato di donne sostenne il controllo inglese della Giamaica e fu cruciale nel favorire lo sviluppo e l’espansione del regime schiavistico con l’acquisto di uomini, donne e bambini, al fine di rafforzare le proprie deboli pretese di status e indipendenza. Le colonialiste utilizzarono lo schiavismo come mezzo di avanzata sociale ed economica nell’isola, mezzo che permetteva loro di esercitare forme di autorità legale, sociale, economica e culturale non disponibili in Gran Bretagna. Inoltre, il possesso di schiavi consentiva alle donne libere di discendenza africana, che non erano lontane dalla schiavitù, di coltivare, esibire e consolidare il loro status libero (dal sito dell’editore).
Una recensione di Matthew J. Smith, di cui è possibile leggere solo l’abstract, si trova su The English Historical Review, Vol. 137, n. 588/2022.
Sul sito della UNC Press si possono leggere indice, prefazione, introduzione e due capitoli (link sotto l’immagine della copertina) oltre a estratti di alcune recensioni.
Doha Tazi Hemida: Another Orientalism? the Case of Eva De Vitray-Meyerovitch and Rumi, Intervention, Vol. 25, n. 4/2023.
Attraverso la traiettoria e i circuiti di vita e di pensiero di Eva de Vitray-Meyerovitc, l’articolo esplora l’ambiguità di una tipologia dimenticata dell’islamologia francese del XX secolo, quella che ha cercato di trasformarsi in uno studio mistico del misticismo e di seguire la logica interna del suo oggetto di studio. Questo articolo prende in considerazione gli aspetti della vita e del pensiero di de Vitray che non possono essere ridotti esclusivamente all’imperialismo […] e la possibilità di parziali disidentificazioni dall’impegno orientalista nei confronti del progetto imperialista europeo, “momenti di partenza” dall’orientalismo classico, che si possono trovare nei momenti di identificazione con i mistici studiati da islamologi come de Vitray. L’Oriente, qui nella forma del misticismo islamico, non funziona più come “un lavoro”, ma piuttosto consente di sfidare atteggiamenti epistemologici possessivi e coloniali. Attraverso la biografia, il percorso e le opere di de Vitray, l’autrice suggerisce come il “tipo” orientalista rappresentato da de Vitray introduca una forma di doppia traduzione che non rende l’oggetto studiato immediatamente disponibile per l’uso coloniale o il possesso accademico, ma piuttosto genera una conversione trasformativa del traduttore e studioso, la cui posizione di maestria […] si trasforma in una posizione di discepolato.
Oltre all’abstract, sono disponibili in OA anche le note a corredo dell’articolo.
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Articolo di Rosalba Mengoni

Laurea magistrale in Storia e Società, il suo principale argomento di studio riguarda l’interazione fra l’essere umano e il territorio. Collaboratrice tecnica all’Isem – Istituto di storia dell’Europa Mediterranea del Cnr, è nel comitato di redazione di Rime, la rivista dell’Istituto e fa parte del gruppo di lavoro sulla comunicazione. Cura la Bibliografia Mediterraneapubblicata sul sito istituzionale http://www.isem.cnr.it
