La storia delle donne italiane scritta da un uomo

Il libro di Marco Severini, docente di storia contemporanea e storia delle donne all’Università di Macerata, Le fratture della memoria, Storia delle donne in Italia dal 1848 ai nostri giorni, è un contributo corposo all’opera di ricostruzione di una memoria collettiva che tenga conto dell’apporto, troppo spesso dimenticato, delle donne. Pensato durante la pandemia, è stato pubblicato nel 2023 per l’editore Marsilio. Le fonti su cui si basa sono quelle archivistiche, documentarie e bibliografiche, con una particolare attenzione ai repertori biografici, ancora scarsamente utilizzati, secondo quanto l’autore ha potuto personalmente rilevare. In una prima stesura, avrebbe dovuto essere di 600 pagine, poi ridotte a 437.
Questa storia, dedicata alla madre di Severini, Margherita, denuncia il suo intento a partire dal titolo: provare a scoperchiare le zone d’ombra e a decostruire «stereotipi e rigidità interpretative» che hanno impedito «la circolazione della conoscenza storica». Dotato di un indispensabile e prezioso indice dei nomi, il testo si presta a essere consultato per lavori di approfondimento nelle scuole, per far emergere dall’oblio figure femminili poco conosciute, nello spirito della nostra associazione. Il modo migliore di apprezzarlo è leggerne le parti che ci attirano di più, anche casualmente e non necessariamente in ordine cronologico, per scoprire in ogni capitolo vicende e questioni spesso introvabili in altri volumi storici, inserite in un quadro generale che tratteggia i principali avvenimenti di ogni epoca esaminata.
L’originalità dell’impostazione sta nel far partire la storia delle donne del nostro Paese dal periodo 1848-1860, definito dall’autore L’adolescenza delle italiane. Vi si ritrovano figure femminili come Caterina Franceschi Ferrucci, scrittrice ed educatrice che rivolge alle madri l’esortazione a formare le nuove generazioni all’impegno per l’Italia unita e, sul fronte della mobilitazione politica incoraggiata da Mazzini e dalle sue posizioni molto avanzate sui diritti delle donne, Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Costanza Trotti Bentivoglio Arconati, Laura Solera Mantegazza, Luisa Battistotti Sassi, insieme a moltissime altre. La parte sull’esperienza unica e breve della Repubblica Romana ispirata da Mazzini ha pagine che riflettono sulle forme di partecipazione delle donne e dei ceti mai prima coinvolti nell’impegno politico e racconta della prima sperimentazione assistenziale infermieristica della storia, coordinata da Cristina Trivulzio di Belgiojoso su incarico di Mazzini. In questo primo capitolo c’è una carrellata di figure femminili, note e meno note, come Colomba Antonietti, l’unica donna a essere ritratta tra i busti garibaldini del Gianicolo, Virginia Oldoini o «la passionaria del Sud» Antonietta De Pace. Un ricordo è anche per le prime due votanti, per gentile concessione, al plebiscito, la Sangiovannara di Napoli Marianna De Crescenzo e Alinda da Recanati, e per Rosalie Montmasson, patriota e moglie di Francesco Crispi, che partecipò alla spedizione dei Mille. Sulla sua storia con Crispi l’autore del libro si sofferma, come su altre storie d’amore e/o infedeltà che riguardano le donne descritte.
Il secondo capitolo Suddite e cittadine, pur sempre discriminate (1861-1900) ripercorre la legislazione civile del Regno d’Italia, evidenziando gli appelli e le iniziative per un vero suffragio universale che non arriverà. Scrive Severini: «La nuova società italiana è pensata secondo un sistema duale che si esprime come insieme di singoli individui e come insieme di famiglie che si riassumono nella figura del capofamiglia, un marito-monarca assoluto». Interessante la parte sulla condizione delle “zitelle” (sostantivo patriarcale e maschilista che avrebbe potuto essere messo tra virgolette, perché riguarda il termine connotato in senso dispregiativo con cui si indicavano le donne non sposate) e quella delle tante «fanciulle pericolanti, orfane, trovatelle, donne sole, prive di figure maschili preposte al controllo del loro onore e, pertanto, più esposte al rischio di cadere in fallo…» assegnate insieme alle pericolate, peccatrici da redimere e controllare, a enti prevalentemente religiosi. Anche la lotta contro la prostituzione di Stato portata avanti dalle “madri mazziniane” riceve in questo capitolo il dovuto riconoscimento. Notevole l’approfondimento su una figura centrale del femminismo italiano, Marianna detta Anna Maria Mozzoni, che si batté contro la prostituzione di Stato e per l’abolizione dell’autorizzazione maritale e vide nelle petizioni uno strumento per poter far giungere le richieste della parte oppressa della popolazione a una classe politica maschilista e sorda alle istanze femminili. Degna di nota e diversa da come l’ha dipinta la recente fiction la storia di Lidia Poët. In questa parte si approfondiscono anche i primi femminismi; in particolare mi ha interessata quello pacifista, che avrebbe bisogno di essere maggiormente conosciuto e che viene ripreso dall’autore nei capitoli successivi.
La storia della conquista femminile della capacità giuridica, con la legge che abolisce l’autorizzazione maritale, è affrontata nel capitolo dal titolo Affaccio sul Novecento con novità e ben raccontata attraverso gli interventi di quelli che Severini chiama “i tre padri” Sandrini, Sacchi e Mortara, anche se a me piace di più pensare alla bella figura di Salvatore Morelli. Importante la sottolineatura della congiura del silenzio su questa legge da parte della stampa e la conseguente sua damnatio memoriae. Per non parlare dell’ingresso delle donne in Magistratura, raccontato attraverso la testimonianza di una delle prime quattro donne vincitrici di concorso, Gabriella Luccioli, in occasione della partecipazione sua e dei colleghi vincitori alla cerimonia promossa dalla Corte di appello: «un incontro informale, alla presenza dei vertici di tutti gli uffici giudiziari del distretto, unica donna». Dopo il saluto del Presidente della Corte, come riporta Luccioli, «prende la parola il procuratore generale della stessa Corte, Luigi Giannantonio, magistrato molto noto e autorevole, che nel rivolgere ai giovani uditori il suo messaggio di benvenuto invita a leggere un lungo brano di Francesco Filomusi Guelfi, filosofo del diritto della seconda metà dell’Ottocento, nel quale si delinea il profilo antropologico delle donne e si illustrano le loro specifiche ed esclusive attitudini per il ricamo e il cucito. Terminata la lettura e chiuso il libro, il procuratore generale non prende le distanze dal pensiero del filosofo, — come si sarebbe aspettata Luccioli — ma osserva che da quel brano si trae autorevole conferma del gravissimo errore commesso dal legislatore nell’ammettere le donne in magistratura e aggiunge che l’unico modo possibile per limitare il danno è quello di assegnarle tutte ai tribunali minorili. Lo sconcerto dei presenti è tangibile: le parole del procuratore generale sono in evidente contrasto con i principi costituzionali ed esprimono un’assurda contestazione di una legge dello Stato; esse inoltre rivelano in modo eclatante arroganza e maleducazione».
I capitoli si susseguono con questi titoli: Dalla dittatura alla Resistenza (1923-1945), Cittadine della democrazia repubblicana (1946-1999), Interpreti di cambiamenti continui (2000-2023).
Il libro è una sfilata di donne note e meno note: le prime laureate, le maestre, le bibliotecarie, le viaggiatrici, le volontarie, le sovversive e le scioperanti, le scrittrici, le giornaliste, le sportive come Alfonsina Morini Strada, Sara Simeoni, ma anche le vedove di guerra, le prostitute e le donne vittime di violenza. Molte le descrizioni di alcune figure eccezionali come Rosa Genoni, Ersilia Bronzini Majno, Oriana Fallaci, le Consultrici e le 21 Madri Costituenti, Rosanna Oliva De Conciliis, Marisa Rodano e Franca Viola. Assolutamente necessaria la parte dedicata a Licia Rognini Pinelli, figura esemplare di una vita dedicata alla ricerca della verità e che ora ha passato il testimone alle sue splendide figlie. Come dimenticare il bellissimo libro del Direttore di Radio popolare dell’epoca, Scaramucci, Una storia quasi soltanto mia, che ce la fece conoscere in tutta la sua forza? Mi ha richiamato alla mente Lydia Franceschi, la madre di Roberto Franceschi, brillante studente di Economia politica colpito a morte da un’arma della polizia ‒ mai identificata la mano che l’impugnava ‒ il 23 gennaio del 1973, durante un’assemblea autorizzata all’università Bocconi di Milano e morto dopo una settimana di agonia. Una madre coraggio che per più di 20 anni si è battuta per avere giustizia e che, quando finalmente ottenne il risarcimento da parte dello Stato, lo destinò alla Fondazione in memoria del figlio per sostenere progetti nelle scuole ispirati ai valori della Costituzione. Io stessa ho partecipato per anni insieme alle mie classi a queste importanti proposte formative. Sarebbe stata bene in questo libro, ma non tutto può essere raccontato.
Molto approfondita è anche la descrizione delle figure femminili marchigiane e anconetane, per me tutta da scoprire. Commovente la storia di Alda Renzi, eroina antifascista troppo a lungo dimenticata. Necessarie anche la storia dell’associazionismo femminile e quella sul pacifismo istituzionale. Un testo denso e affollato di vicende e persone. Mi chiedo se le vicende e persone scelte sarebbero state le stesse se a scrivere questo libro fosse stata una donna. Probabilmente sarebbero state in parte diverse. Per esempio non so se una donna si sarebbe soffermata tanto sul racconto di Gramsci che lava i piatti in cucinao sulla ricerca dell’identità della donna presente nella fotografia del giornale che proclama la nascita della Repubblica. E un ricordo di Elena Gianini Belotti, l’autrice di Dalla parte delle bambine, sarebbe stato importante per le tante donne che grazie a lei, hanno cominciato a ragionare sugli stereotipi di genere. È indubbia, però, come scrive Danila Baldo nell’intervista a Severini del numero 253 di Vitamine vaganti «l’importanza, ormai decisamente riconosciuta, che la sottovalutazione, il nascondimento, la cancellazione dell’universo femminile ancora diffusamente presente negli studi accademici, nei libri di testo scolastici, nella governance politica e sociale nonché nella toponomastica cittadina, sia un discorso che riguarda non solo le donne, ma la civiltà stessa». Ben venga dunque questo testo e l’impegno meritorio di avere riportato alla luce moltissime figure femminili su cui era sceso l’oblio, per avere puntato i riflettori su alcune figure carismatiche più note e per avere sottolineato le fratture della memoria, cioè le tante resistenze degli uomini a fare spazio e a riconoscere quanto di buono e di importante le donne hanno realizzato nella nostra storia.

Marco Severini
Le fratture della memoria Storia delle donne in Italia dal 1848 ai nostri giorni
Marsilio, Venezia, 2023
pp. 437

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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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