La goccia Clarita e altri racconti 

Se, come me, siete appassionati di storie e racconti rivolti ai/alle più piccole, non potete assolutamente farvi scappare le pubblicazioni di Il Colore del Grano, interessantissima collana diretta da Leonardo Acone, Susanna Barsotti e Giovanni Savarese (tre illustri nomi della nostra qualificatissima università italiana).
Si tratta di una serie di piccoli libri molto eterogenei, con un respiro direi internazionale, il cui filo conduttore è il valore pedagogico della narrazione, la volontà di dar voce alla magia che si libera quando letteratura e infanzia si toccano. La semplicità della forma, al servizio dei grandi temi dell’esistenza, apre percorsi di senso e mondi fantastici, in cui bambine/i e persone adulte possono rispecchiarsi e ri-comprendersi, in un altrove che è ovunque e in nessun luogo, che è dentro e fuori di noi, che è significato e metafora del vivere, dell’Essere. Perché una bella storia non è mai soltanto una favoletta. Una bella storia, qualunque essa sia, racchiude in sé un portato di significati, di pensieri ed emozioni che, nel divenire della narrazione, ci svelano spazi di senso, riflettono valori e pensieri, tratteggiano una precisa cultura della relazione, rivelandoci a noi stesse/i, ricostruendo, rinforzando e a volte ridisegnando il nostro legame col mondo e con gli altri e le altre.
Non a caso i curatori hanno scelto per questa collana un titolo splendido e altamente evocativo. Il colore del grano, nel libro Il Piccolo Principe, è metafora della relazione, del legame. Quando il protagonista di Saint Exupéry chiede alla volpe «Ma allora che cosa ci guadagni?», la lezione più antica e vera colpisce con immediata efficacia persone adulte e piccine: ci guadagno il colore del grano, la relazione con ciò che conta davvero, quell’essenziale che è invisibile agli occhi, ma che il nostro sentire più profondo è in grado di cogliere con potente chiarezza. Sono i legami il senso di tutto. I legami e la loro dorata bellezza. 
Questo è anche il filo conduttore di La goccia Clarita e altri racconti, raccolta di tre favole dell’autrice argentina Marìa Graciela Volzone, edita da Delta3edizioni, nel marzo di quest’anno. L’autrice, pluripremiata maestra e professoressa, ha dedicato la vita alla pedagogia della narrazione e si vede. Con profonda leggerezza, i suoi racconti ci conducono nel mondo dell’infinitamente piccolo, dove formiche, semi, goccioline d’acqua, cicale, millepiedi, ragni e pulcini condividono avventure e disavventure, in cui la parola d’ordine è sempre e solo una: gratuità. La gentilezza, proprio come la Provvidenza in Manzoni (ma qui forza molto più immanente, umanissima, benché affidata a elementi naturali come piante e animali), guida gli eventi, volgendo sempre in positivo il destino del singolo in difficoltà, spesso contro ogni pronostico. La comunità che si fa soluzione reale a ogni problema, gli antichi saperi che giungono a legare le generazioni e puntellano la precarietà dell’oggi con certezze millenarie costituiscono l’ossatura di un narrare che è insegnamento, esempio, modello per grandi e bambine/i.
Leggendo questi racconti, mi è sorto spontaneo il parallelismo con ciò che la grande antropologa Margareth Mead affermò in merito alla prima vera prova della nascita della civiltà. Anziché indicare, come svolta decisiva dallo stato bestiale a quello umano, fatti eclatanti dell’evoluzione della nostra specie come la scoperta del fuoco o l’invenzione della scrittura ― citazioni che certamente si aspettavano i suoi interlocutori ― la studiosa americana dichiarò che il primo segno di civiltà in una cultura arcaica era un femore rotto e poi guarito. Perché tra gli animali, se ti rompi una zampa, sei morto. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere o procacciarti del cibo. Sei carne da macello per altre bestie, che non aspettano altro che scovare in qualche anfratto semi nascosto una facile preda ferita da poter abbattere senza fatica. Ma se il femore di quel primo essere umano sopravvissuto alla frattura ha avuto il tempo di guarire, significa che qualcuna/o si è preso cura di chi era ferita/o, lo ha sfamato e dissetato, lo ha protetto abbastanza a lungo per consentirne la guarigione. Mead disse che aiutare qualcun’altra/o nelle difficoltà costituisce il punto preciso in cui la civiltà ha avuto inizio. «Noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Essere civili è questo». Ecco, nei racconti di Marìa Graciela Volzone questa verità appare del tutto evidente, mentre seguiamo le mille avventure dei suoi piccoli animaletti protagonisti.
Splendide, davvero magnifiche le illustrazioni di Quimey Tedesco Oroquieta, che riescono a interpretare con uno stile modernissimo, eppure in qualche modo classico, fisionomie e psicologie di personaggi e contesti, senza mai concedere neppure una goccia di colore alla banale riproduzione del già visto, già percorso, già conosciuto. 
Personalmente ho apprezzato anche molto la scelta lessicale della traduttrice Sara Carbone, che ha deciso di lasciare inalterate alcune parole spagnole, particolarmente azzeccate e divertenti, mutuate dal testo originale. Un eccellente lavoro di squadra, dunque, che rinforza e riflette la filosofia dei racconti, in un continuo rimando alla collaborazione efficace e gioiosa. Assolutamente da non perdere.  

Marìa Graciela Volzon
La goccia Clarita e altri racconti
Delta3edizioni, Grottaminarda, 2024

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Articolo di Chiara Baldini

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Classe 1978. Laureata in filosofia, specializzata in psicopedagogia, insegnante di sostegno. Consulente filosofica, da venti anni mi occupo di educazione.

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