Attiviste e pioniere della carta stampata negli Usa. Mary Ann Shadd Cary

Prima donna nera fondatrice ed editrice di un giornale, seconda laureata in giurisprudenza, avvocata, insegnante ed educatrice, conferenziera, reclutatrice per l’esercito dell’Unione, femminista e fondatrice della Colored Women Progressive Franchise Organization, attivista per i diritti civili: colpisce la quantità di spostamenti e trasferimenti che ha scandito la vita di Mary Ann Shadd Cary (1823-1893).

Charlotte Ray, prima donna nera laureata in giurisprudenza

Viaggiò attraverso gli Stati del Nord fino ai Paesi di frontiera del Canada, a Toronto, Detroit e poi ancora in Canada a Chatham e, durante la Guerra Civile, attraverso il Midwest, a Washigton D.C. e partecipò alle principali Convenzioni abolizioniste, suffragiste e sindacali della sua epoca, sempre nell’intento di promuovere e realizzare l’elevazione della popolazione nera entro una società giusta, basata sul rispetto dei diritti per tutte/i senza distinzione alcuna.

Casa di Mary Ann a Washington D.C.

L’albero genealogico di Mary Ann fornisce «una narrazione della storia razziale americana che può essere tracciata dalla fondazione della nazione.

Copertina con immagine di Mary Ann di artista Afrofuturista

È la storia del primo incontro di neri e bianchi. Il risultato fu una linea familiare di eredità razziale mista in contraddizione con le ideologie della purezza razziale alla base della segregazione e della discriminazione» (Tutte le citazioni sono tratte da: Jane Rhodes, Mary Ann Shadd Cary, The Black Press and protest in the Nineteenth Century New Edition, Indiana University Press 2023 Ed. Kindle). Mary Ann era nata in una famiglia di persone nere libere, Hans Schad il bisnonno paterno, un mercenario tedesco al servizio della Gran Bretagna, rimasto ferito combattendo nelle colonie, fu curato da Elisabeth Jackson, una donna nera libera che sposò. Si calcola che fossero circa 5000 i mercenari tedeschi che dopo la guerra rimasero nelle colonie. A Wilmington nello stato schiavista del Delaware la famiglia prosperò negli affari, gestendo una macelleria e un tea shop frequentato da clientela bianca e nera che rese celebre Betty Jackson per la sua ospitalità. La loro discendenza classificata come mulatta rientrava nella definizione di persone libere di colore «di origini razziali miste figlie o nipoti di bianchi». Anche il nonno di Mary Ann prosperò negli affari come fabbricante di scarpe e imprenditore, anglicizzò il suo cognome in Shadd e sposò Amelia Siscoe, una donna libera emigrata da Santo Domingo altrettanto operosa e intraprendente. Il figlio Abraham che continuò l’attività paterna, ebbe un ruolo di spicco nel movimento abolizionista, da agente del periodico di William L. Garrison The Liberator, come membro del Coloured Convention Movement e delegato nelle Convenzioni nazionali.
Punti di riferimento della clandestina Underground Railway, lui e la moglie Harriett Parnell furono attivi nel fornire supporto alla gente nera in fuga dalla schiavitù e divennero un modello di comportamento per la numerosa prole.
Mary Ann, la prima di tredici fratelli e sorelle, nacque il 9 Ottobre 1823, «ereditando i benefici dei suoi antenati misti: mulatta, nata libera, commerciante e proprietaria». In generale la popolazione nera libera, soprattutto mulatta, per quanto tenuta in uno status di inferiorità rispetto a quella bianca non usufruendo pienamente degli stessi diritti, pur pagando le tasse, «aveva maggiori probabilità di possedere beni e sostenere affari e di avere almeno un’istruzione rudimentale. Fu dai ranghi di questo gruppo privilegiato di persone libere di colore che emersero molti dei leader del movimento abolizionista». Nel primo Ottocento gli Stati del Nord – dove era forte la presenza del movimento quacchero abolizionista – e il Canada erano mete dell’Underground Railway, una rete di itinerari e luoghi segreti percorsa da neri/e in fuga dal Sud schiavista. Mentre al nord cresceva la presenza di afroamericani/e libere, al sud rimaneva saldo il sistema della schiavitù. Ma le leggi razziste divennero sempre più restrittive.

Manifesto che mette in guardia contro Fugitive Act

Il primo Slave Fugitive Act del 1793, legge federale che imponeva la restituzione delle schiave/i fuggiti ai padroni degli Stati schiavisti, fu seguito dal secondo più restrittivo del 1850 che non poteva essere aggirato. Erano previsti premi in denaro e promozioni per gli ufficiali che avessero catturato chi fuggiva, mentre chi li avesse aiutati avrebbe rischiato pesanti multe e la reclusione. Bastava la testimonianza giurata di un proprietario per procedere all’arresto. Dato che le persone sospettate di fuga subivano un giudizio senza processo, senza poter testimoniare e senza alcuna prova c’erano forti rischi anche per qualsiasi persona nera nata libera o affrancata legalmente di essere catturata e ridotta in schiavitù. Inoltre il clima di tensione generato dall’inasprimento delle leggi e dall’ossessiva paura di rivolte rendeva sempre più limitata la possibilità di svolgere le attività economiche e di far funzionare le istituzioni della comunità come le scuole e le chiese. Il diritto di voto, concesso inizialmente a chi possedeva una proprietà, e l’eleggibilità furono aboliti, proibita l’assunzione di personale nero non residente, vietati i matrimoni interrazziali e l’accesso a scuole e chiese bianche. Abraham e Harriett Shadd, determinati a educare paritariamente la prole, nel 1833 si trasferirono a West Chester nel sud della Pennsylvania sperando in un ambiente più favorevole alla gente nera libera e, non a caso, lungo una delle rotte dell’Underground Railway. Mary Ann che frequentò una scuola privata quacchera, ricevendo una delle migliori educazioni disponibili a quei tempi, studiò religione, latino, francese, letteratura, filosofia, matematica e fu valutata dalla Society of Friends. Educata all’autonomia e al senso di responsabilità, terminati gli studi, tornò a Wilmington per aprire una scuola per bambine/i neri. Intanto nel dibattito e nella lotta per i diritti emergevano posizioni contrastanti e non si facevano progressi significativi. Nel marzo 1849 Mary Ann intervenne per la prima volta pubblicamente nel dibattito con una lettera indirizzata al leader abolizionista editore del North Star Frederick Douglass, in cui lamentava l’eccesso di retorica e la scarsa incisività delle convenzioni abolizioniste: «Dovremmo fare di più e parlare di meno». Dichiarava che la battaglia per la liberazione doveva essere condotta partendo dalla «fiducia in sé stessi» e che la responsabilità dell’immobilismo e dello «svilimento morale e intellettuale» della gente nera era in gran parte da attribuire «all’influenza di un clero corrotto» e a leader della comunità che predicavano la sottomissione e la rassegnazione allo stato di cose. Suggeriva un pragmatico cambiamento di rotta. «Non pensa signore che dovremmo rivolgere la nostra attenzione all’interesse dell’agricoltura più di quanto si è fatto finora? Suggerisco questo. La stima in cui saremmo tenuti da coloro che sono al potere, sarebbe molto diversa, se fossimo produttori, e non solo, come ora, consumatori, ciò di cui abbiamo bisogno è la conoscenza dell’uomo bianco. Non si insiste sufficientemente sull’iniziativa individuale e sull’autosufficienza». Concetti di assertività, self-help, autonomia, contrapposti a ignoranza, pregiudizi e pratiche di segregazione delle comunità religiose e scolastiche gestite dal clero, suggeriti anche nel pamphlet Hints to the Colored People of the North, in cui sollecitava il suo popolo a migliorarsi intellettualmente, prendere l’iniziativa rendendosi autosufficiente senza aspettare l’aiuto di gente bianca. Si trattava di una visione non ortodossa, che metteva in discussione lo strapotere del clero e proveniva da una donna che aveva oltrepassato i confini imposti al suo sesso. Con il Fugitive Slave Act si faceva sempre più strada l’idea che l’unica soluzione fosse l’esodo della gente nera libera dagli Stati Uniti verso l’Africa, le Indie Occidentali e in particolare il Canada dove, fin dal periodo rivoluzionario si erano stabilite delle comunità nere.
Qui la disponibilità di terre a basso costo e la richiesta di manodopera e di personale qualificato esercitava una maggiore attrazione. Inoltre, per ovvi opposti motivi, l’emigrazione era sostenuta anche dagli schiavisti che, eliminata la presenza della gente nera libera, speravano di mantenere intatto l’istituto della schiavitù nei loro Stati.

Mary Ann Shadd Cary

Nel 1851, insieme al padre, Mary Ann partecipò alla North American Convention of Colored Freemen  di Toronto e poi fu nominata Segretaria  al Buffalo African Methodist Church Meeting entrando in contatto con l’ala radicale del movimento favorevole all’emigrazione. Quando il padre trasferì la famiglia nell’Ontario, nonostante un’offerta di lavoro a Toronto, Mary Ann, che aveva avuto una lunga esperienza di insegnante in scuole segregate, aprì una scuola interrazziale a Windsor in una località dell’estrema frontiera meridionale dove arrivava gente nera povera e deprivata fuggita dalla schiavitù. Tuttavia, per quanto chiedesse sussidi economici all’American Missionary Association descrivendo le condizioni di grave disagio in cui era costretta a fare lezione, al freddo e in baracche fatiscenti ad allieve/i giovani e adulti, che spesso non pagavano le rette a causa dell’estrema povertà, la scuola stentò a ricevere aiuti. Contraria al settarismo segregazionista comunemente diffuso nelle scuole e nelle chiese, oltre ad accogliere allieve/i di tutte le provenienze «dagli africani ai caucasici», senza distinzione di colore, si avvaleva dell’aiuto del Reverendo bianco abolizionista Alexander McArthur, suscitando la disapprovazione della leadership nera maschile e delle organizzazioni assistenziali come la Refugee Home Society di Henry Bibb, editore di The Voice of the Fugitive. Mary Ann combatteva spietatamente l’assistenzialismo delle organizzazioni filantropiche che favorivano la dipendenza dagli aiuti e l’accattonaggio della gente nera. Secondo lei dopo i primi soccorsi, bisognava promuovere e incoraggiare l’imprenditorialità e l’autosufficienza attraverso l’istruzione e lo scambio interrazziale, scardinando le barriere tra bianchi e neri, ex schiavi e nati liberi. «Meglio lasciare che i fuggitivi, una volta entrati in Canada si prendano cura di se stessi piuttosto che perpetuare la loro impotenza o inattività inviando loro cibo e vestiti». E giudicava negativamente il clero afroamericano con la pompa delle sue cerimonie che approfittando della credulità dei fedeli ne perpetuava l’ignoranza. Presto le evidenti divergenze diedero luogo a «una battaglia tra potere e genere. Chi aveva l’autorità di parlare per l’emigrazione in Canada?». In quanto donna le si contestò che non aveva titolo a intervenire. Intanto, dopo soli nove mesi dal suo arrivo, Mary Ann scrisse e pubblicò da un editore bianco di Detroit il saggio A Plea for Emigration or Notes of Canada West, un appello a emigrare in Canada, rappresentato come nuova patria, terra accogliente e ricca di opportunità per la gente nera. Era una guida dettagliata dal tono propagandistico in cui esaltando i vantaggi dell’emigrazione in Canada rispetto ad altri Paesi ne taceva i problemi.
Nel 1853 rimasta priva di sostegno economico, dovette chiudere la scuola, tuttavia il suo attivismo aveva raccolto consensi perché al Meeting Antischiavista di Windsor del 1852 furono ufficialmente condannati l’accattonaggio e l’invio di abiti e denaro dagli Stati Uniti e lo stesso Garrison, sul Liberator pubblicò l’articolo Non più accattonaggio di cibo e abiti per i fuggitivi in Canada. Nello stesso anno decise di fondare un giornale abolizionista che incentivasse l’emigrazione nera in Canada, fungesse da forum per la comunità già immigrata, fosse indipendente da affiliazioni religiose e impegnato sul fronte dell’elevazione razziale, dell’autosufficienza, e di «altri obiettivi di riforma inclusi i diritti delle donne e la temperanza». Nacque il Provincial Freeman che anche nella scelta del nome voleva evocare soggettività nere indipendenti e autonome, diverse dalla rappresentazione di vittime oppresse suggerita da The Voice of Fugitive di Henry Bibb, da cui fu fieramente contestata e demonizzata. Consapevole dell’effetto controproducente suscitato da una gestione femminile del giornale, fece figurare un comitato di redazione simbolico tutto al maschile con Samuel Ringgold Ward come editore e McArthur come corrispondente e firmò i suoi articoli con un asterisco o solo con le iniziali. Il giornale, se pur tra molte difficoltà economiche a causa dei mancati o ritardati pagamenti degli abbonati, venne pubblicato per sette anni e fu oggetto di crescente interesse come testimoniano le numerose lettere di lettori e lettrici che giungevano in redazione. Consapevole del carattere rivoluzionario della sua impresa, nel 1860 in un articolo di chiusura dell’ultimo numero, rivolgendosi alle donne nere dichiarò: «We Have Broken The Editorial Ice». Da Toronto, Mary Ann spostò la sede del giornale a Chatham dove viveva una comunità nera vivace e produttiva. Poteva contare sulla collaborazione della sorella Amelia, corrispondente da Toronto, del fratello Isaac e di sua moglie, l’attivista Amelia Freeman, e del Reverendo Isaac Newman che figurò come nuovo editore e responsabile. Per promuovere la diffusione del giornale affrontò i disagi di molti viaggi e si avvalse anche di agenti rappresentanti che percorrevano il Paese per ottenere abbonamenti e sottoscrizioni. Intensificò anche l’attivismo a favore dell’emigrazione in Canada. Alla Convenzione di Filadelfia del 1855, dopo un acceso dibattito sull’opportunità di ammetterla o meno, in quanto donna, come delegata del Canada, l’assemblea si espresse con 38 voti favorevoli e 23 contrari e lei fece un discorso memorabile, apprezzato anche dagli avversari: «la sua oratoria fu così convincente che le garantirono ulteriori dieci minuti oltre i primi».

Busto di Shadd Cary a Chatham Ontario (per bicentenario nascita 2023)

A trentadue anni sposò Thomas F. Cary, uomo d’affari, dando vita a un ménage non convenzionale: per incontrarsi viaggiavano molto, lui viveva a Toronto e sostenne sempre il lavoro e la carriera della moglie che, fiera della sua indipendenza, rimase a Chatham e impiegò molto tempo prima di usare anche il cognome da sposata. Nonostante la rappresentazione idilliaca che ne aveva dato Mary Ann, il Canada non era esente dai pregiudizi e da episodi di intolleranza razziale che si andarono acuendo durante la Guerra Civile al punto che «gli schiavi fuggiti in Canada erano preoccupati che una vittoria del Sud significasse la loro estradizione». Molti chiesero di entrare nell’esercito dell’Unione, ma solo nel 1862 con il Militia Act fu consentito il reclutamento cui seguì nel 1863 l’Emancipation Proclamation. Molti bianchi, Lincoln in testa, continuarono a temere che armare i neri potesse incoraggiare la ribellione e molti neri temevano di essere usati come carne da cannone. Le discriminazioni perduravano nell’esercito dove i neri erano pagati meno e non potevano accedere ad avanzamenti di grado. Rimasta vedova con prole e costretta a chiudere il giornale, Mary Ann tornò al suo lavoro di insegnante. Sempre scettica sul fatto che gli Stati Uniti potessero diventare una patria veramente libera per la popolazione nera aveva anche chiesto e ottenuto la cittadinanza canadese. Ma quando con l’Emancipation fu chiaro che l’abolizionismo era diventato l’obiettivo più importante dell’agenda di guerra volle dare il suo contributo. Su richiesta del leader abolizionista Martin Delany, che contava sulla sua straordinaria capacità oratoria, divenne agente di reclutamento dei neri per l’esercitò dell’Unione nel Midwest. Tornò così ad attraversare il confine in viaggi pericolosi, dove «c’era sempre il rischio di imbattersi in soldati nemici o rinnegati mentre viaggiava e cercava rifugio nelle case di famiglie nere caritatevoli lungo la strada. Il Midwest era il bastione della supremazia bianca, secondo solo al Sud dove vigeva una legislazione discriminante, sede di rivolte razziali, violenze e intimidazioni».
Durante il periodo della Ricostruzione tornò negli Stati Uniti e, in un clima in cui le tensioni razziali perduravano, continuò con il suo lavoro di insegnante e il suo ruolo di attivista. A Detroit fu alla Colored National Labor Union Convention come rappresentante dei lavoratori neri. Nel 1869 a Washington D.C., ultima tappa dei suoi spostamenti, alla riunione della Colored National Labor Union fece parte del gruppo dei 214 rappresentanti che lanciò una petizione per abbattere le barriere di colore nell’occupazione e avviare la formazione di cooperative di lavoro. Unica donna eletta nel Comitato esecutivo e Presidente del Comitato per il Suffragio femminile, di cui facevano parte anche le abolizioniste bianche Josephine Griffing e Belva Lockwood, presentò un rapporto sulle discriminazioni razziali e di genere sul lavoro denunciando «il modo in cui le vocazioni delle donne nere erano limitate nel lavoro come sarte, lavandaie, insegnanti impiegate e domestiche» e rivendicando il diritto all’eguaglianza di opportunità formative. Lei stessa, che intendeva diventare avvocata, a sessant’anni divenne la seconda donna nera, dopo Charlotte Ray, a conseguire la laurea in giurisprudenza alla Howard University. Scrisse articoli per il New National Era di Frederick Douglass, lavorò come insegnante e poi come preside alla Lincoln Mission School nel Terzo Distretto e continuò fino alla fine a spendere le sue energie come sostenitrice del Movimento suffragista e come avvocata.

Statua a Windsor per il bicentenario della nascita

Per approfondire:
Jane Rhodes, Mary Ann Shadd Cary, The Black Press and protest in the Nineteenth Century New Edition, Indiana University Press 2023 Ed. Kindle
Nneka D. Dennie, Mary Ann Shadd Cary, Essential Writings of a Nineteenth-Century Black Radical Feminist, Oxford University Press 2024, Ed. Kindle

In copertina: statua a Windsor per il bicentenario della nascita.

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Articolo di Rossana Laterza

Insegnante di Italiano e Storia in pensione. Con il gruppo Toponomastica femminile ha curato progetti di genere nella scuola superiore e collaborato a biografie di donne di valore dimenticate.

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