La linea tratteggiata di Zerocalcare

Strappare lungo i bordi è il titolo della serie Netflix realizzata da Zerocalcare (nome d’arte di Michele Rech). Inutile presentare Zerocalcare, chi ancora non lo conosceva lo ha sicuramente incontrato durante il lockdown su Propaganda Live. Io attendevo il venerdì sera per la nuova puntata di Rebibbia Quarantine che resta la rappresentazione più efficace della nostra vita in quarantena. Se non l’avete vista consiglio di recuperarla in rete. 
Strappare lungo i bordi è stata presentata come serie ma avrebbe potuto essere un film visto che è costituita da sei episodi tra i 15 e i 20 minuti ognuno. Del film avrebbe dunque anche la lunghezza ma è stato giusto pensarla come serie perché così si dà respiro alla riflessione, alle storie dentro la storia, alle divagazioni del protagonista che diventano un viaggio nel percorso di crescita alla ricerca di stabilità emotiva, di punti fermi che si fa fatica a trovare.

Zero (che è anche il nome del protagonista) parla a chi non ha certezze e soffre per questo, a chi forse non ha ancora trovato il suo posto e forse non lo troverà mai perché si fa troppe domande e non aspetta risposte semplici, a chi conserva ancora l’innocenza di una bambina o di un bambino, a chi non ha paura di interrogarsi e scontrarsi con la propria coscienza. E a proposito di coscienza, qui abbiamo la trovata più geniale. La coscienza di Zero è un armadillo che ha la voce di Valerio Mastandrea (unico personaggio non doppiato da Zerocalcare), una voce ingombrante, caustica, ma non calata dall’alto a fare prediche come il Grillo parlante di Pinocchio; si tratta di una coscienza empatica, che sa far riflettere e insieme sostenere, è l’amica/o che tutte e tutti vorremmo avere, ma che, quando funziona, funziona più di una persona amica. Ad esempio ci ricorda che a volte ci consola dalla nostra insoddisfazione pensare che c’è chi ha realizzato ancora meno, tuttavia «fondare la propria stabilità emotiva sugli insuccessi di qualcun altro non è una grande strategia». 

Zero e i vari personaggi parlano in dialetto romanesco e usano espressioni tipiche, oltre che metaforiche. Sono talmente tante che in un articolo su Robinson ne è stato fatto anche un glossario. Da che accollo! a Non ce parlo sennò pensa che so un sottone fino a espressioni come Non lo strozzo perché ho raggiunto un grado di resilienza che le ancelle de Handmaid’s Tale me spicciano casa. Il linguaggio è un punto di forza della serie anche se chi non è abituato al romanesco potrebbe dover usare i sottotitoli! La serie al momento è stata tradotta su Netflix in francese, inglese e spagnolo ma ahimè temo che, ascoltando in queste lingue, pur riuscendo a comprendere il significato di massima, si perda parecchio. Ho fatto anche la prova, ero curiosa. Ma pazienza per chi perde qualcosa perché non avvezzo al romanesco o, peggio ancora, perché deve ascoltare la versione doppiata dal momento che la modalità verbale in questa serie è fondamentale e soprattutto lo è la voce di Zero. 

Si ride, tanto, ci si commuove, si riflette, si ritrovano pezzi della propria vita. Io mi sono ritrovata nella delusione data alla maestra: facevo la prima elementare (allora si chiamava così) quando, come Zero, intervenni per togliere dai guai tre amichette e fui considerata coinvolta nella loro monelleria, imparando a sei anni che si può essere vittima di ingiustizie! 
Sì, perché non basta strappare lungo i bordi, seguire la linea tratteggiata, la vita non funziona così, gli eventi ci portano fuori dal tratteggio, un po’ perché sono imprevedibili un po’ perché spesso non siamo capaci o non abbiamo voglia di seguire la linea tratteggiata. 
Sono magistralmente intersecati brani di comicità pura ma intelligenti, ad esempio quando parla dei bagni delle donne o degli uomini (argomento spesso stereotipizzato, che quindi sarebbe difficile da trattare se non si avesse la genialità di tirare fuori la sacra costituzione vittimistica dei maschi) o della casa che assume vita propria a causa della nostra incapacità di buttare cose vecchie o di tenere ordinato (quanti genitori penseranno alle camere dei propri figli!), o della mamma che cambia la ruota che Zero non era riuscito a cambiare (e la mia sensibilità femminista ha goduto!) e riflessioni importanti (l’ingenuità adolescenziale che continua negli anni a me ha fatto pensare a chi crede nelle bufale soprattutto in tempo di pandemia). 

 Ma ci sono anche riflessioni che rasserenano: non portiamo il peso del mondo sulle spalle, anche se a volte ci sembra così, siamo solo fili d’erba, anche se a volte abbiamo una sensazione di onnipotenza nel credere di poter cambiare il mondo (non saranno forse pure i social a farcelo credere, quando pensiamo di poter cambiare il mondo con un post che sarà letto ben che vada da qualche decina di persone?).  Almeno alla fine di un solo episodio guardate i titoli di coda. Perché dietro questa serie c’è il genio di Zerocalcare ma anche il lavoro di un bel numero di persone. Un film animato è un impegno enorme, di squadra, è giusto non dimenticarlo, c’è uno studio d’animazione che ha fatto un lavoro straordinario anche nel cogliere e valorizzare piccoli dettagli di sfondo.  In Italia c’è scarsa abitudine a percepire i film d’animazione come qualcosa non necessariamente rivolto a bambine e bambini, chissà che la serie possa promuovere questa espressione artistica. 
Si potrebbe dire che sia un rifacimento di La profezia dell’Armadillo, sicuramente la storia è la stessa ma laddove il film, pur essendo un buon film, scorreva lento, questa serie è veloce, molto più coinvolgente e molto più efficace, forse perché la cupezza della pellicola è qui smorzata dall’ironia potente, che va a fondo. Insomma, è un’altra storia! 
Ultima riflessione, mi chiedo se per apprezzarla a fondo non si debba essere un po’ affetta/o da sociopatia! 

***

Articolo di Donatella Caione

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Editrice, ama dare visibilità alle bambine, educare alle emozioni e all’identità; far conoscere la storia delle donne del passato e/o di culture diverse; contrastare gli stereotipi di genere e abituare all’uso del linguaggio sessuato. Svolge laboratori di educazione alla lettura nelle scuole, librerie, biblioteche. Si occupa inoltre di tematiche legate alla salute delle donne e alla prevenzione della violenza di genere.


 

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