Negli anni in cui il mondo dell’arte è scosso dalla rivoluzione delle avanguardie, Picasso col Cubismo scompone e confonde la realtà, i Futuristi distruggono il passato ed esaltano il moderno, Emma Ciardi guarda alla grande tradizione vedutista veneziana, che interpreta in maniera assolutamente personale, con una pennellata densa, intrisa di colore, accesa di luminosità. I suoi soggetti prediletti sono la laguna veneziana, parchi e giardini studiati dal vero (Boboli a Firenze, villa Doria Pamphilij e villa Borghese a Roma, a Tivoli villa d’Este, a Caserta villa Reale, Schönbrunn a Vienna, Versailles a Parigi), paesaggi animati da guizzanti figurine in costume di gusto settecentesco.


Eppure, sorte comune a tutti quei pittori che agli inizi del Novecento hanno praticato un’arte di impronta ancora figurativa, è stata emarginata, nonostante fosse stata molto richiesta e apprezzata in vita, nonostante il suo linguaggio non fosse meno innovatore di quello di cubisti, fauvisti, espressionisti. Inoltre il suo nome è stato sempre oscurato dalla ingombrante presenza nel mondo dell’arte del padre e del fratello.
Emma Ciardi nasce a Venezia il 13 gennaio 1879 in una famiglia di artisti; il nonno materno, Gianfranco Locatelli, è pittore ritrattista, il padre Guglielmo è il protagonista della Scuola veneziana del vero e titolare della cattedra di “Vedute di paese e di mare” all’Accademia di Belle Arti di Venezia.

Insieme al fratello maggiore Beppe è avviata alla pittura da bambina, apprende con semplicità e immediatezza direttamente dal padre i rudimenti della pittura e comincia a dipingere da adolescente. Cresce quindi in un ambiente dove l’arte è di casa, in una famiglia che ricorda le antiche dinastie di pittori veneziani, i Ciardi come i Tiepolo, i Longhi, i Guardi. Trascorre tutta la vita fra Venezia e le ville che la sua famiglia possedeva nella campagna veneta, pur allontanandosene per frequenti viaggi in Italia e all’estero.


Già nell’anno del suo esordio, il 1900, quando partecipa all’Exposition Universelle di Parigi, ottiene le lodi della critica internazionale. Alla Biennale di Venezia del 1903 presenta Fra ombra e sole, il dipinto che segna la separazione dai temi paterni e l’inizio di una maniera del tutto personale. All’edizione del 1905 partecipa con Fontana di Venere e Villa d’Este e continuerà a esporre alla Biennale a tutte le edizioni, meno quella del 1926, fino al 1932; sempre nel 1905 a Monaco di Baviera è premiata con la medaglia d’oro e il suo dipinto, Portantina, è acquistato dalla Pinacoteca di quella città; nel 1907 partecipa a una mostra a Barcellona, l’anno dopo a un’esposizione itinerante in America Latina che farà tappa a Buenos Aires e Montevideo. Nel 1909 espone a Parigi al Salon d’Automne, e alla Biennale veneziana Rondini e farfalle che entra a far parte della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma; nel 1910 riceve una medaglia d’argento a Bruxelles; nel 1910 e nel 1913 tiene due mostre personali di grande successo presso le Leicester Galleries di Londra.

Il pubblico e la critica inglese si entusiasmano soprattutto per le sue scene settecentesche in cui si gode quel gusto della “villeggiatura” di stampo goldoniano, e apprezzano quella forza tranquilla che caratterizza la sua personalità come i suoi dipinti. Nel 1914 in una personale espone settanta dipinti presso la galleria Georges Petit di Parigi. Riceve nel 1915 un premio a San Francisco. Le sue opere sono già a questa data in importanti raccolte pubbliche e private, ormai gode di fama europea e gli inviti alle mostre nazionali e straniere si susseguono senza interruzioni.
La sua è una pittura briosa, fresca e vivace, una festa di colori che gioca sui contrasti cromatici e su un marcato luminismo, come quello dei vedutisti settecenteschi, con la differenza che Emma lavora sull’impressione immediata, en plein air, secondo l’esempio degli Impressionisti. Mentre Canaletto utilizzava la camera ottica, Emma si serve del moderno mezzo fotografico per studiare la prospettiva e gli effetti di luce e abbozzare schizzi che poi rielabora nel suo studio. Passeggia per le ville e i giardini antichi con cavalletto, sedia pieghevole, ombrello e cassetta di colori, osserva e fissa fontane, gradinate, balaustre, siepi, scorci architettonici. A Venezia dipinge spesso dalla barca, per cogliere i riflessi delle acque mosse del Canal Grande o del Canale della Giudecca. Ama la luce del sole, tant’è che in Inghilterra, se c’è tempo grigio, non dipinge, come racconta ai nipoti nelle sue lettere.


Fa entrare nelle composizioni una folla di personaggi, vestiti in fogge settecentesche, avendo come modelli manichini di legno che Emma stessa drappeggia con vesti settecentesche, pure parvenze di luce, figure evanescenti che si aggirano nei parchi, appena abbozzate tanto da mettere in evidenza l’eleganza degli abiti. Sono figurette, non personaggi, sono un pretesto cromatico, senza nessun tentativo di rievocazione storica o espediente aneddotico, non hanno fisionomie definite, sono bagliori fluttuanti di colore.



Negli anni Venti Emma Ciardi si affaccia con grande successo al collezionismo inglese e al mercato americano: nel 1922 espone al Brooklyn Museum di New York e stipula un contratto di vendita in esclusiva con la Howard Young Gallery. È il decennio d’oro della pittrice, che non tratta più soltanto soggetti veneziani, ma anche vedute urbane e agresti inglesi. Il suo successo all’estero sta per superare quello italiano, data la sua vasta clientela in Inghilterra, Francia e America. Tra le vedute, sono degne di nota La colonna di Nelson, Un giardino a Londra, Rododendri di Hyde Park, I giardini di Kensington e Waterloo Bridge.
Non abbandona però mai le vedute della sua Venezia e della campagna trevigiana, che si fanno sempre più libere e sciolte, in un’interpretazione modernissima del vedutismo veneziano, e nemmeno le scene di genere neo settecentesche, temi particolarmente apprezzati dal pubblico inglese e americano. Le sue pennellate da macchie larghe si fanno più minute, a rendere una morbida fusione atmosferica.

Emma Ciardi è una donna per il suo tempo fuori dagli schemi: single, quando questa condizione era ritenuta quanto meno stravagante in quei tempi per una donna; viaggia, conosce l’inglese e il francese, anche se continua a parlare in dialetto veneziano, partecipa a tutte le più importanti rassegne d’arte nazionali e internazionali, tiene sue personali a Londra, Parigi, New York, Bruxelles, Chicago, i più accreditati galleristi le offrono i loro spazi per mostrare le sue opere, collezionisti di tutta Europa e d’America comprano i suoi quadri.
Lavora senza perdersi in “ciacole”, «Co’ le ciacole non si fanno i quadri», e senza risparmiarsi per soddisfare le numerose richieste di una clientela internazionale. Ugo Ojetti nel 1909 sul Corriere della Sera la definisce “Donna di poche parole e di molto lavoro”.
Con spirito imprenditoriale fa del suo talento una professione. Apre con la sorella Maria un laboratorio a Venezia, dove realizza scialli, kimono e cuscini ricamati che hanno grande fortuna anche nel mercato inglese e parigino. Alla morte improvvisa della sorella, Emma decide di occuparsi con dedizione dei nipoti Francesco e Piermaria che ricorderanno come formativo il periodo trascorso con la zia Emma.
Negli ultimi anni si ritira nella villa di Refrontolo, tra le colline del trevigiano, dove compra una casa e continua a dipingere nella quiete della natura. Dal 1930 si ammala, e muore il 16 novembre 1933, a soli 54 anni, a Venezia, ed è sepolta nel cimitero monumentale di San Michele.


Già due anni dopo la Biennale le dedica una retrospettiva.
Recentemente è stata celebrata in diverse mostre: “Emma Ciardi. Pittrice Veneziana tra ‘800 e ‘900. Paesaggi tra ombra e sole” a Mirano, Villa Morosini, dal 12 aprile al 22 giugno 2003. Nel 2009 a Stra (Venezia), Museo Nazionale di Villa Pisani; nel 2013 nella Galleria Brown Phillips, in Leicester Square, a Londra, una mostra ha esposto ben centocinque suoi quadri; a Palazzo Sarcinelli a Conegliano nel 2019 la mostra “I Ciardi. Paesaggi e giardini” ha ripercorso la vicenda di una delle più importanti famiglie della storia dell’arte veneta a cavallo tra ‘800 e ‘900. Ancora nel 2019 i Ciardi a confronto a Padova alla Galleria Arte Cesaro.
In copertina: Barche sulla laguna veneziana, di Emma Ciardi.
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Articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femmile.
