Nel mese di novembre, in cui il giorno 25 è stato dichiarato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, l’incontro online del ciclo Cambiamo discorso-Contributi per il contrasto agli stereotipi di genere si concentra su un particolare tipo di violenza, forse meno evidente dei maltrattamenti o di quegli abusi fisici che culminano nel femminicidio, ma certamente esistente e alla base di condizioni di vita femminili spesso penalizzate nella loro qualità e inferiorizzanti: quella che possiamo chiamare violenza economica, affiancata da discriminazioni sul lavoro frutto di stereotipi e pregiudizi difficili da sradicare. Le figure istituzionali delle Consigliere di parità – nazionali, regionali e provinciali – sono state istituite proprio per intervenire su questi casi problematici in ambito lavorativo. Il webinar che si terrà il 23 novembre prossimo, affronterà la tematica con la Consigliera di parità della provincia di Ancona Bianca Maria Orciani, a cui rivolgiamo alcune domande per conoscere meglio il suo percorso culturale e la sua professione.

Come esperta nelle discipline lavoristiche, quali studi medi e universitari ritieni che preparino meglio ad affrontarle?
Il mio percorso parte dalla maturità scientifica conseguita presso il Liceo Scientifico Luigi di Savoia di Ancona per approdare agli studi universitari presso la Facoltà di economia e commercio di Ancona, dove ho avuto una vera e propria fascinazione per la materia del Diritto del lavoro. Il resto è stata una naturale conseguenza di quella fascinazione: diploma post laurea all’Università degli Studi di Macerata nelle materie lavoristiche e previdenziali, seguita da un master in Diritto europeo e comparato a cui è seguito un lungo periodo presso la Facoltà di economia e commercio di Ancona, prima, come cultrice della materia, poi, come assegnista di ricerca. La nomina a Consigliera regionale di parità supplente nel 2002 ha rappresentato l’occasione per approfondire ulteriormente le tematiche legate alla parità di genere in un momento in cui vi era la certezza che di lì a poco saremmo state testimoni di una straordinaria rivoluzione culturale. Mi riferisco alla legge n. 53 del 2000, nota come Legge sui congedi parentali, che ha avuto il merito di modificare profondamente la tutela della genitorialità nel rapporto di lavoro in una prospettiva più autenticamente paritaria. Tanto che ho deciso di farne oggetto di una ricerca poi confluita nelle monografie Lavoro e genitorialità. I diritti di cura fra tradizione e rinnovamento e Contrattazione collettiva e lavoro femminile, pubblicate una decina di anni fa. Gli anni successivi li definirei gli anni della disillusione. Quella legge su cui molte di noi avevano riposto la speranza di un reale cambiamento si è rivelata meno rivoluzionaria del previsto. Troppo anticipatrice rispetto a un Paese ancora intriso di una cultura patriarcale in cui i rigidi requisiti caratteriali e performativi dei tradizionali ruoli di genere risultano estremamente radicati nella nostra società.
Per questo, nel mio percorso lavorativo e professionale ho sempre cercato di approfondire e far emergere le contraddizioni e il carattere profondamente sociale e istituzionale della condizione femminile nel mercato del lavoro. La nomina a Consigliera di parità per la provincia di Ancona mi consente, oggi, di portare quella riflessione in nuove agorà da cui mi auguro di poter trarre nuovi stimoli per contribuire a promuovere il cambiamento.
Che cosa consigliare alle giovani che vogliano intraprendere questa strada?
Dare consigli è un esercizio complicato. Segnalo che una recente ricerca sugli stereotipi di genere, promossa dall’Osservatorio sulle tendenze giovanili nel 2023, ha messo in evidenza che gli stereotipi di genere legati all’idea dell’uomo forte, leader naturale, capo famiglia e alla donna debole e dipendente, votata alla cura della casa e della famiglia, sono duri a morire perché, “come una profezia che si auto-avvera”, sono idee che si alimentano della loro stessa diffusione.
Le donne sono in media più istruite degli uomini, ottengono, in media, valutazioni migliori degli uomini Tuttavia, le laureate sono maggiormente concentrate nelle discipline umanistiche, autoescludendosi, di fatto, dai percorsi Stem (scienze, tecnologie, ingegneria e matematica), che sono quelli che offrono migliore probabilità di impiego e le migliori prospettive di retribuzione. Per spiegare il fenomeno alcuni studiosi hanno coniato il termine dream gap, per cui le bambine intorno ai 6 anni smettono di sognare determinate carriere perché si credono troppo poco intelligenti rispetto ai coetanei maschi, con un impatto determinante sulle loro aspirazioni e futuro professionale.
Tutto questo per dire che qualunque strada si voglia intraprendere, dovremmo interrogarci quanto la scelta che stiamo facendo sia frutto di ciò che veramente desideriamo o, piuttosto, risponda alle aspettative altrui, prime fra tutte, le aspettative sociali. Credo, inoltre, che svelare e interrompere “la profezia che si auto-avvera” non solo sia possibile ma doveroso nei confronti delle nuove generazioni.
Che cosa frena maggiormente la piena occupazione femminile e il ricoprire incarichi di dirigenza: una mentalità ancora di fondo patriarcale o un welfare carente?
Entrambe le cose. Claudia Goldin, recente Premio Nobel per l’economia afferma che «quando lasciano l’università, le retribuzioni per uomini e donne sono molto simili. E questa uguaglianza continua in gran parte nei primi anni di lavoro. Ma dopo circa un decennio – in genere un anno o due dopo che le persone iniziano ad avere famiglia – la situazione comincia a cambiare. Il divario retributivo si allarga con la nascita del primo figlio, poiché in genere le donne dedicano più tempo alla cura dei figli».
Sono profondamente convinta che la difficile conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, legato alla carenza di servizi per l’infanzia e la cura, continui a essere il nodo irrisolto delle politiche per l’eguaglianza di genere compresa quella salariale. Riprova ne è la segregazione occupazionale femminile nei settori caratterizzati da basse retribuzioni e scarse prospettive di carriera, ma più compatibili con la gestione delle responsabilità familiari (es. assistenza sanitaria e all’infanzia, servizi domestici, settori dell’istruzione, etc.). Per non parlare delle pratiche di accontentamento che costituiscono una costante della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, traducendosi in sotto-occupazione, lavori precari, part-time involontario. Da questo punto di vista, la radicalità della proposta della Goldin di abolire le mansioni aziendali che richiedono la massima reperibilità, i c.d. greedy jobs, riflette la centralità della ricomposizione del conflitto lavoro/famiglia su cui continua a pesare la stereotipia di genere basata sull’idea che le qualità femminili mal si conciliano con le richieste del mercato, il potere, la leadership.
Questo spiega anche la minor presenza delle donne nelle posizioni apicali. Nel settore privato le donne manager non raggiungono il 20% mentre per i quadri la presenza femminile sale al 31% con una concentrazione nei settori dove hanno rilevanza gli studi umanistici. Nonostante due anni fa si sia raggiunta la percentuale record di donne nei Consigli di amministrazione, solo una stretta minoranza risulta “consigliere esecutivo”. Si tratta di un fenomeno capace di influenzare negativamente la competitività delle imprese e della società nel suo complesso. Gli studi dimostrano che le organizzazioni più inclusive, guidate da dirigenti donne, ottengono migliori risultati nella valorizzazione dei talenti, migliorano la reputazione e la responsabilità di impresa, sono più innovative e, infine, registrano miglioramenti delle performance finanziarie.
L’incarico ministeriale di Consigliera di parità è poco conosciuto e spesso viene confuso con un assessorato provinciale o regionale alle Pari opportunità… qual è la differenza? E come fare per farlo conoscere di più?
La presenza sul territorio di numerosi organismi di parità di varia natura (politica, contrattuale, associativa, etc.) costituisce una ricchezza che riflette il carattere democratico e pluralista della nostra società.
Rispetto agli altri organismi, la Consigliera di parità è una figura sui generis perché ènominata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, tra persone in possesso di requisiti di specifica competenza ed esperienza pluriennale in materia di lavoro femminile, di normative sulla parità e pari opportunità nonché di mercato del lavoro. Nell’esercizio delle funzioni è un pubblico ufficiale e collabora con gli Assessorati al Lavoro degli enti locali, l’Ispettorato territoriale del lavoro, con le Parti sociali, con gli Organismi di parità e le Associazioni che operano sul territorio di competenza, con il compito di garantire e promuovere l’attuazione dei principi di uguaglianza di pari opportunità e di non discriminazione tra uomini e donne nel lavoro.
La natura tecnica della figura, che consente di differenziarla dagli altri organismi di parità (comitati, commissioni, consigliera di fiducia, etc.) è alla base di una serie di attribuzioni e poteri particolarmente pregnanti nell’azione di contrasto alle discriminazioni di genere. Vorrei ricordare che tutti coloro, donne e uomini, che ritengono di essere discriminate/i si possono rivolgere, in forma totalmente gratuita, alla Consigliera di parità. Aggiungo che per i casi individuali, su mandato dell’interessata/o, la Consigliera di parità può promuovere conciliazioni presso l’Ispettorato territoriale del lavoro e/o produrre ricorso giudiziale affinché il giudice accerti la discriminazione e ordini un piano di rimozione di tale situazione.
Promuovere la conoscenza di questa figura è fondamentale perché, grazie alla prossimità territoriale e al profilo tecnico, attraverso l’ascolto dei problemi e delle istanze, è in grado di facilitare la soluzione di situazioni, a volte molto delicate, con risultati non scontati. Fra le varie iniziative utili per promuovere la conoscenza di questa figura, la partecipazione a convegni, incontri e a interviste come questa è sicuramente importante. Quindi non posso che ringraziare per questa occasione, confidando che i lettori e le lettrici di questa rivista contribuiscano a darle visibilità.
Il mio ufficio di Consigliera di parità è ubicato presso la Provincia di Ancona, Via Menicucci, 1 ad Ancona: tel. 071.5894673, e-mail: consiglieraparita@provincia.ancona.it: invito a contattarmi, anche per avere informazioni più specifiche.

In attesa di ascoltare attentamente la relazione della prof.ssa Bianca Maria Orciani al webinar sulle discriminazioni di genere in ambito lavorativo, ringraziamo e diamo appuntamento al prossimo giovedì.
Questo il link per effettuare la preiscrizione all’incontro online e ricevere poi le indicazioni per il collegamento: https://csvmarche-it.zoom.us/webinar/register/WN_qWoI8CtPQgKKlwi5sj1jDQ.
Qui si possono leggere tutte le precedenti conversazioni del ciclo Cambiamo discorso. Chi non potesse partecipare alla diretta dell’incontro online, potrà rivederlo (come tutti i precedenti) sulla pagina fb di Reti culturali.
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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di formazione, in particolare sui temi delle politiche di genere. È vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile e caporedattrice della rivista online Vitamine vaganti. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea.

Brava davvero. Grazie per il tuo ottimo lavoro, Giulia
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Grazie a te e arrivederci alla prima occasione:-)
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