Antesignana del Femminismo, nelle sue opere affronta temi di genere, per denunciare il maschilismo diffuso nella società e gli stereotipi che colpiscono le donne, provocando un impatto significativo nel campo dell’arte contemporanea. Oggi ottantatreenne, l’artista si è esibita in performance provocatorie e dissacranti, ben in anticipo sui tempi. Educata in un severo collegio di suore, ha rifiutato le regole apprese a scuola, infrangendole pubblicamente in performance, film, fotografie, installazioni, sculture.

Nata a Linz, in Austria, nel 1940, cresciuta da una madre, vedova di guerra, con due sorelle, si sposa all’età di diciotto anni e nello stesso anno nasce sua figlia; un anno dopo decide di rompere il matrimonio, lascia la bambina alla sorella e va a Vienna per studiare pittura e design alla Scuola Nazionale per l’Industria Tessile. La capitale austriaca vive in quel periodo un intenso fermento culturale, con artisti che avrebbero poi lasciato tracce profonde, come gli Azionisti. Indubbiamente l’Azionismo ha avuto molta influenza sul suo lavoro, soprattutto per quanto riguarda l’uso del proprio corpo, sottoposto durante le performance a dolore e sofferenze, ma la sua analisi dei modi in cui le relazioni di potere incidono sui corpi e sulla coscienza delle donne distingue il lavoro di Export come inequivocabilmente femminista. «In queste performance e nei miei lavori fotografici degli anni Sessanta e Settanta ho usato un corpo femminile, generalmente il mio, come portatore di segni e simboli, individuali, sessuali, culturali».
Nel 1967 cambia il suo nome da Waltraud Hollinger a VALIE EXPORT, che si scrive con tutte le lettere maiuscole, come un brand. Lei stessa in un’intervista ha motivato il cambio di nome: «Non volevo più avere il nome di mio padre, Lehner, né quello del mio ex marito Hollinger». Entrambi le avevano trasmesso l’idea di una famiglia improntata al maschilismo. Sceglie di chiamarsi Export per denunciare la mercificazione dell’arte e degli artisti, che si trasformano in un marchio da esportare, e si fa ritrarre con in mano un pacchetto di una nota marca di sigarette austriaca, la Export Smart, da cui lei ha preso il nome (come si vede nell’immagine di copertina di questo articolo).
Le sue performance sono provocazioni. «Attraverso la provocazione posso mettere in discussione qualcosa, e cercare di sollecitare un dialogo e una riflessione. Protestare contro le regole dominanti va bene, ma non basta, perché non cambia nulla, bisogna fare qualcosa che inneschi un cambiamento. Il mio obiettivo è sempre stato quello di fare qualcosa per chiedere che le regole, le leggi, possano mutare. È per questo che ho iniziato a occuparmi di femminismo. Volevo far emergere le radici dell’oppressione delle donne. Oggi la situazione è sicuramente migliorata, ma il femminismo è ancora lontano da ciò che dovrebbe esserne il risultato: uguaglianza, pari diritti e pari opportunità».
Nella sua performance del 1968, Aktionshose: Genitalpanik (Pantaloni d’azione: panico genitale), svoltasi in un cinema porno a Monaco, l’artista, indossando pantaloni tagliati sul pube e imbracciando una mitragliatrice, camminava tra il pubblico con i genitali scoperti. La performance, che denunciava un ruolo passivo delle donne nel cinema, è stata riproposta da Marina Abramovic nel 2005. In un’intervista l’artista ha affermato: «Mentre passavo notai che le persone erano quasi col fiato sospeso, erano sedute rigide e distoglievano lo sguardo. Nelle ultime file diverse persone si erano già alzate. Ma è sempre stato così con i film sperimentali: se non gradiva, la gente se ne andava».

Tapp-und-Tast-Kino è una performance che l’artista ha eseguito davanti ai cinema di dieci città europee dal 1968 al 1971, indossando una scatola, un piccolo modello di una sala cinematografica, legata al suo petto nudo e invitando i passanti di sesso maschile a entrare con le mani nella scatola e palparle il seno. L’azione voleva denunciare lo sfruttamento del corpo femminile nel mondo del cinema, mentre nella performance, al contrario, è la donna che prende il controllo e offre liberamente sé stessa. «La gente reagì con stupore, la maggior parte si limitava a guardare, solo pochi entrarono nel cinema con le due mani, forse per una certa timidezza, per incertezza». I media risposero al lavoro provocatorio di Export lanciando una grande campagna contro l’artista, paragonandola a una strega. In Portfolio della caninità (1968) l’artista passeggiò per le strade di Vienna tenendo al guinzaglio il collega Peter Weibel, che le camminava al fianco, gattoni.

Nel 1970 realizzò Body sign action, in cui si fece tatuare sulla coscia sinistra una giarrettiera, simbolo della seduzione femminile.
Il video Facing a Family, uno dei primi esempi di video arte, trasmesso originariamente dal programma televisivo austriaco Kontakte il 2 febbraio 1971, mostra una famiglia borghese austriaca che guarda la TV mentre cena, offrendo uno specchio della loro quotidianità.
Nel 1972 la Export pubblicò Women’s Art: A Manifesto, in cui denunciava il modo ingiusto in cui le donne avevano vissuto la loro vita entro i confini creati dagli uomini e indicava nelle arti un mezzo per modificare la realtà e adeguarsi ai bisogni femminili. «Gli uomini creano e controllano i mezzi sociali e di comunicazione e hanno dato forma alla donna, che non ha avuto la possibilità di parlare perché non ha accesso ai media. Noi donne dobbiamo partecipare alla costruzione della realtà attraverso le pietre miliari della comunicazione mediatica, dobbiamo lottare per liberare la cultura dai valori maschili. È il momento che le donne utilizzino l’arte come mezzo di espressione per influenzare la coscienza di tutti noi. Finora le arti sono state create in larga misura esclusivamente dagli uomini, ora dobbiamo fare le nostre affermazioni, dobbiamo distruggere tutte queste nozioni di amore, di fede, di famiglia, di maternità, che non sono state create da noi e così sostituirle con altre nuove secondo la nostra sensibilità, i nostri desideri».

Nella serie delle Körperkonfigurationen (Configurazioni del corpo) del 1972 Export ha lavorato col suo corpo all’occupazione di uno spazio architettonico pubblico per verificare la relazione tra l’individuo e le forze ideologiche e sociali che modellano la realtà urbana, e registrare le tensioni provocate dagli ambienti costruiti e naturali, sottolineate da linee rosse aggiunte alle foto.
Nel cortometraggio del 1973, Remote, Remote, Export si scava le cuticole con un coltello per dodici minuti, rappresentando il danno che gli standard di bellezza della società infliggono al corpo femminile.

Il 1977 vide l’uscita del suo primo lungometraggio, Unsichtbare Gegner (Avversari invisibili) scritto in collaborazione con il suo ex partner, Peter Weibel. Il film, ambientato nella Vienna contemporanea, segue Anna, una giovane fotografa, quando scopre che esseri extraterrestri, gli Hyksos, uccidono gli esseri umani per poi assumere le loro sembianze, colonizzano le loro menti rendendoli aggressivi. Tale sconvolgente notizia stravolgerà la vita di Anna e del compagno Peter e porterà al progressivo disfacimento del loro rapporto. L’opinione critica riguardo al film fu positiva. Export montò abilmente il film e integrò video, fotografia e performance art con elementi del cubismo, del surrealismo, del dadaismo e del cinema d’avanguardia.

In molti lavori Export enfatizza gli strumenti che imprigionano la donna nei lavori domestici, come in Aspettativa (1976), fotomontaggio nel quale l’artista con un’aspirapolvere tra le braccia, si sovrappone alla raffigurazione della Madonna della Melagrana di Sandro Botticelli, per indicare l’aspettativa che una donna può avere nella società.

O ancora Madonna della febbre, dello stesso anno, in cui una donna appollaiata in cima a una lavatrice, sovrapposta alla Pietà di S. Pietro, di Michelangelo, “partorisce” un asciugamano che esce dal cestello.

Die Doppelgängerin, del 2010, (“doppio” in tedesco) è una scultura monumentale in bronzo, esposta al Belvedere di Vienna, che rappresenta due enormi forbici intrecciate tra loro. Le forbici sono spesso associate ad attività tipicamente femminili, come il cucito e la sartoria.

Tutti questi suoi lavori rappresentano soltanto una minima parte della sua vasta produzione, che vede, al momento, il suo ultimo lavoro, del 2010, Metanoia, un’installazione di ventinove performance video dell’artista realizzate dal 1968 al 2010. Il titolo della mostra deriva dalla parola greca “Metanoia”: meta (=dopo/post o oltre) + noia (=mente) e si riferisce a qualcosa che va al di là della ragione.
Nel 2019 Export ha vinto il Premio Roswitha Haftmann, istituito a Zurigo dalla omonima fondazione con lo scopo di riconoscere risultati eccezionali nelle arti visive e premiare un artista vivente.
A lungo poco riconosciuta in patria, Export ha incontrato il successo prima all’estero, in Germania come negli Stati Uniti. Nel 2016, la città di Linz ha acquisito il suo archivio e ha aperto un centro di ricerca dedicato al suo lavoro. Dal 23 giugno al 1°ottobre 2023 l’Albertina di Vienna le ha dedicato una vasta retrospettiva, che con oltre 160 lavori ripercorre la sua carriera. Disegni, fotografie, video e installazioni narrano la sua evoluzione da opere ancora sotto l’influsso degli Azionisti Viennesi a una completa libertà espressiva.
Attualmente vive a Vienna, insieme al secondo marito, Robert Stockinger, e per anni ha insegnato design e produzione multimediale all’Università del Wisconsin, all’Università di Belle Arti di Berlino e all’Academy of Media Arts di Colonia.
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Articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.
