Signor Presidente della Repubblica, le scrivo dopo avere ascoltato il suo messaggio di fine anno 2023.
Sono stata una docente di diritto economia politica e relazioni internazionali e nei miei tanti anni di insegnamento, ho sempre assegnato come unico “compito per le vacanze” la lettura e l’ascolto del discorso di fine anno del Presidente, con questa consegna: «trovare all’interno del discorso del Capo dello Stato i collegamenti ai principi, ai valori e agli articoli della Costituzione».
Ho sempre spiegato che il Presidente della Repubblica è, insieme alla Corte costituzionale, «il Garante della Costituzione», un organo costituzionale che non fa parte di nessuno dei tre poteri dello Stato, ma che, nei momenti di patologia dei rapporti tra i poteri, ha gli strumenti per riportare in equilibrio il sistema. Un potere dello Stato super partes che ha come suo faro e punto di riferimento la Costituzione e che è dotato di moral suasion, libero di esporsi per difendere la nostra Carta costituzionale, come ci ha insegnato l’ex Presidente Pertini.
Nell’epoca del crollo delle ideologie mi è sembrato che la Costituzione italiana potesse rappresentare per i nostri e le nostre giovani – spesso rassegnati e disillusi dalle tante disuguaglianze presenti nella società e lontani da una classe politica incapace di ascoltarle/i – un punto di riferimento importante, un insieme di principi in cui potessero riconoscersi.
Ho sempre pensato che fosse necessario, per me come cittadina e docente, diventare attivista della Costituzione, come ci chiede di fare il combinato disposto degli articoli 2 e 3 dei principi fondamentali.
La Costituzione può essere davvero la Carta di tutte e tutti, anche di chi non ha contribuito alla sua stesura, la Bibbia civile, come la definiva Carlo Azeglio Ciampi, che fa da collante del popolo italiano, da sempre tanto diviso.
Ho atteso quindi con grande interesse il discorso di fine anno, in cui il Capo dello Stato incarna con le sue parole i principi e i valori della Costituzione, nella sua qualità di rappresentante dell’unità nazionale.
In questi tempi cupi di «terza guerra mondiale a pezzi» mi sarei aspettata che lei, ricordando i conflitti in corso, citasse in esordio uno dei principi più importanti della Costituzione, l’articolo 11, magari solo per commentarlo, in cui l’Italia «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», ma il richiamo a questo articolo non c’è stato.
Mi sarei aspettata un suo appello al “cessate il fuoco” nella striscia di Gaza, nel solco tracciato da quel Papa Francesco, che lei ha ringraziato – peraltro non richiamando mai gli inviti continui del Pontefice alla pace e alla cessazione delle ostilità – o quelli del Segretario generale dell’Onu, Guterres, che ogni giorno reclama la fine della catastrofe umanitaria nei territori palestinesi, denuncia l’insopportabilità delle condizioni in cui si trovano le donne i bambini gli anziani superstiti, la strage di civili e la deportazione di tante persone innocenti ad opera di Israele.
L’articolo 11, al suo terzo comma, proclama il principio internazionalista, adottato dalle nostre Madri e dai nostri Padri Costituenti che ben si resero conto che la pace non può essere ottenuta da soli, ma che richiede quelle «limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni» e che l’Italia «promuove le organizzazioni internazionali dirette a tale scopo» nella sua qualità di “operatrice di pace”. Quindi citare l’Onu sarebbe stato importante.
Invece, proprio in riferimento al conflitto in Medio Oriente scatenato il 7 ottobre scorso dalla strage di Hamas, queste sono state le sue parole: «L’orribile ferocia terroristica del 7 ottobre scorso di Hamas contro centinaia di inermi bambini, donne, uomini, anziani d’Israele. Ignobile oltre ogni termine, nella sua disumanità. La reazione del governo israeliano, con un’azione militare che provoca “anche” migliaia di vittime civili e costringe, a Gaza, moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case, respinti da tutti».
Mentre nella parte precedente lei accenna alla guerra in Ucraina scatenata dall’invasione russa, parlando del conflitto in Medio Oriente dimentica di sottolineare il comportamento tenuto da Israele nei confronti della Palestina in tutti questi anni, quell’Israele che disattende sistematicamente le risoluzioni dell’Onu che si sono susseguite nei decenni e che nella reazione all’attacco di Hamas sta dimostrando di violare le più elementari regole del diritto umanitario, bombardando scuole, ospedali, ambulanze, uccidendo giornalisti/e e massacrando bambine e bambini innocenti.
L’avverbio “anche” contenuto nella sua frase non rende giustizia a quanto sta succedendo al popolo palestinese, che non è “respinto da tutti” ma in primis da Israele che, nelle parole di alcuni suoi ministri, vorrebbe eliminarlo dalla striscia di Gaza, decidendo in modo unilaterale di deportarlo in Paesi africani.
Nel suo discorso, dopo avere detto che non sono le armi a scatenare le guerre ricorda l’importanza di una educazione alla pace. E qui mi corre l’obbligo di ricordarle che la scuola, in ogni ordine e grado, educa da sempre alla pace le nuove generazioni, organizzando, tra le tante attività, incontri con associazioni come Emergency o viaggi di istruzione a Marzabotto, alla scuola di Pace, dove le nostre classi apprendono quel meraviglioso diritto di resistenza teorizzato da un uomo di pace come Giuseppe Dossetti. Quanto ci servirebbe questo diritto di fronte a certe decisioni della classe politica italiana ed europea, che Lei mostra di avallare in tutto il suo discorso. Decisioni in aperto contrasto con il valore della pace che le giovani generazioni leggono in Costituzione e vedono disatteso nelle decisioni della politica.
Mi piace richiamarlo qui il diritto di resistenza, che purtroppo non entrò in Costituzione, ma sono certa che lei lo conosca bene: «La resistenza individuale e collettiva agli atti dei poteri pubblici, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino».
Un discorso, il suo, Presidente Mattarella, che verso la fine, come negli anni scorsi, ripercorre principi e valori della Costituzione; ricorda la violenza sulle donne e i femminicidi, invitando soprattutto i giovani maschi a una concezione dell’amore che non sia possesso. Giovani che oggi patiscono le condizioni di un mercato del lavoro in cui la regola è la precarietà, giovani fuori sede che non possono permettersi gli affitti carissimi per poter frequentare l’Università.
Dopo un cenno alle disuguaglianze retributive, di cui non affronta neppur marginalmente le cause, lei ricorda giustamente la piaga dell’evasione fiscale che aggrava il problema del debito pubblico e fa ricadere il peso del pagamento dei tributi su contribuenti onesti; sottolinea il senso di estraneità di ragazze e ragazzi, che non si riconoscono in questa politica politicante fatta di attacchi sguaiati, in presenza e sui social; nello spirito della Costituzione “mite”, invita infine all’ascolto, al dialogo, alla partecipazione, che mi permetto di ricordare, non è solo esercizio del diritto di voto, ma impegno per costruire una società migliore. Magari tra le tante persone che non votano più ci sono moltissimi/e volontari/e che si adoperano per risolvere i gravi problemi che la politica miope non vede. Forse, un cenno alle leggi elettorali che non ci consentono di scegliere chi mandare in Parlamento sarebbe stata una buona tirata d’orecchi alla classe politica. E non dimentica neppure, Presidente, la disparità salariale e nei carichi familiari tra donne e uomini e le difficoltà che si incontrano in Italia per realizzare quell’unico diritto che la nostra Costituzione definisce fondamentale, quello alla salute. Apprezzabili le sue parole sulle persone anziane e sulla loro saggezza, parole attente al valore unico e insopprimibile di ogni persona.
Il suo, Presidente, è un discorso contro la violenza nelle sue diverse forme, un inno finale alla pace che lei per primo si preoccupa di non definire ”buonismo” ma “realismo”.
Questo consolerà pacifiste e pacifisti della prima ora, che si opposero all’invio di armi in Ucraina, definiti putinisti zittiti, sbeffeggiati; ora, con migliaia di vittime, ucraine e russe, ci si accorge che forse ascoltarli, non allinearsi al pensiero unico bellicista, favorire la diplomazia e il coinvolgimento delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, avrebbe risparmiato tante vite, umane e animali, danni all’ambiente, distruzioni di città, stupri, torture e gravi conseguenze economiche.
Sono certa che questa parte finale del suo intervento, tutta in punta di Costituzione, come quelle che l’hanno preceduta negli anni, se non fossero in corso i due conflitti le cui immagini strazianti occupano grande parte dei nostri media, sarebbe stata percepita in modo positivo; purtroppo, nel contesto in cui ci troviamo se ne avverte la retorica, che stride con la prima parte, in cui parla delle vere guerre, sembra dover misurare le parole e si dimentica di citare quell’articolo 11, di cui proprio lei, come Capo dello Stato, dovrebbe essere garante.
Come spesso ha fatto negli ultimi anni, Presidente, lei chiude con un breve elenco delle “buone pratiche”, ricordando l’impegno di giovani volontari e volontarie in Romagna, la mobilitazione delle donne contro i femminicidi (dimenticandosi però i ragazzi), l’esperienza positiva di PizzAut.
Questa parte, e quella in cui ha ringraziato le forze dell’ordine, mi è piaciuta di più e avrei voluto fosse ancora più ricca. Resta il fatto che, in un momento di “sonno della ragione” come quello che stiamo attraversando, mi sarei aspettata una condanna delle guerre e delle violazioni del diritto umanitario in corso, e non un generico appello a educare alla pace.
Credo che la mitezza della Costituzione, che lei incarna da sempre, glielo avrebbe sicuramente consentito.
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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

brava Sara, questo sarebbe stato un discorso da Presidente della Repubblica 👍
grazie, la tua analisi mi ha commossa
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Grazie a te, Luciana. Sempre.
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