Poco tempo fa Sara Marsico, vivace firma di Vitamine vaganti, mi ha introdotto al pensiero dell’economista Bina Agarwal facendomi leggere parte del suo discorso tenuto nel 2017 in occasione del Premio Balzan. Le parole di Agarwal spiegavano come, fino ad alcuni decenni fa, ci si interessasse solo incidentalmente di diseguaglianze economiche e di genere. Venendo al giorno d’oggi invece, se le prime sono entrate in maniera diffusa nei dibattiti politici e culturali, le seconde continuano a restare ai margini della scena e delle agende politiche. Eppure, continuava Agarwal, bisognerebbe parlarne sempre di più e in modo sempre più esteso visto che la diseguaglianza di genere è presente ovunque ed è la forma di sperequazione più profondamente radicata, soprattutto laddove si incrocia con «le diseguaglianze di classe, razza, casta, perché influenza negativamente non solo l’economia di un Paese ma anche il suo tessuto politico e sociale. La diseguaglianza di genere è incorporata in tutte le nostre maggiori istituzioni: famiglia, mercato, comunità e Stato. Molti aspetti di questa diseguaglianza, tuttavia, restano invisibili, nascosti entro norme sociali di genere che spesso, in modo scorretto, sono viste come perfettamente naturali, o giustificate in nome della tradizione».

Queste parole mi sono tornate in mente leggendo il nuovo libro di Flavia Barca Mappa delle diseguaglianze di genere, pubblicato poche settimane fa da Editrice Bibliografica. Si tratta di una stimolante rappresentazione della «costellazione delle diseguaglianze di genere» ‒ per usare le parole dell’autrice ‒ densa di numeri, argomenti, informazioni, rassegne di azioni e proposte d’intervento utili per esprimere «una nuova idea di futuro» e «una visione sistemica di trasformazione sociale», in cui l’abbattimento delle disparità di genere diventa la precondizione «per l’avvio di una visione di cambiamento relativa all’intero sistema delle diseguaglianze».
Il libro è organizzato intorno a dieci tematiche che Barca chiama «sfide»: il lavoro, gli stereotipi, il potere, le reti, i linguaggi, la violenza, la cura, l’educazione, la trasformazione digitale, il monitoraggio. Sono sfide perché, facendo emergere e raccontando il presente con tutte le sue contraddizioni dolorose ed evidenti, ma anche con le azioni virtuose e le buone pratiche, spesso rese poco visibili dal pensiero mainstream, l’autrice ci accompagna verso una logica di cambiamento. In sintesi Barca affronta dieci tematiche-sfida per pensare al ribaltamento del sistema delle diseguaglianze, sia quelle visibili e tangibili sia quelle nascoste e invisibili, più difficili da individuare perché ritenute connaturate e non indotte, per giungere a una nuova definizione di un futuro possibile che non riguarda solo l’altra metà del cielo, ma tutte e tutti noi.
Le dieci sezioni sono tra loro interconnesse, come dimostrano i numerosi rimandi presenti nel libro. Si inizia col capitolo su leadership e mercato del lavoro, ancora afflitto da un soffitto di cristallo difficile da infrangere: il racconto di Barca intreccia dati e stereotipi, narra di equilibrismi femminili tra carriera, cura e vita privata, di linguaggi ostili ed escludenti, di educazione e formazione che non riescono a scrollarsi di dosso segregazioni e autosegregazioni culturali, tutte strettoie intorno alle porte d’accesso che ostacolano l’ingresso delle donne. E nel capitolo Il potere, per fare un altro esempio, è giocoforza riparlare di stereotipi che ingabbiano le donne, delle difficoltà e degli ostacoli che incontrano nelle esperienze lavorative, della necessità di fare rete ma anche dei compiti di cura, che ricadono prevalentemente sulle spalle femminili, del linguaggio che nasconde i ruoli apicali raggiunti, della violenza e così via. È una lettura che può non procedere in modo lineare, che consente accelerazioni, ritorni indietro, spostamenti di lato, da un tema all’altro. Una lettura animata e dinamica che, è chiaro fin dall’inizio, sai già che non si concluderà con l’ultima pagina, che saranno necessarie ulteriori analisi, nuovi approfondimenti e rivisitazioni.
Nel libro vengono presentati molti dati statistici, riferimenti, indicazioni bibliografiche e sitografiche, notizie su organizzazioni, attività e saperi. Questo prezioso patrimonio di informazioni costituisce la robusta piattaforma sulla quale Flavia Barca appoggia e costruisce le riflessioni e le proposte di quello che vuole essere un percorso work-in-progress verso un cambiamento non più rimandabile. La solida struttura delle analisi e delle indagini è tenuta insieme da una materia cementante che è la visione femminista dell’autrice, capace di rendere “vivi” i numeri, le informazioni, gli indicatori, le fonti, e orgogliosamente rivendicata nelle pagine del libro. Se il femminismo ha avuto un significativo ruolo storico nella contestazione e nel contrasto al sistema patriarcale, il femminismo è anche, e Barca lo dichiara nella seconda parte dell’introduzione, «un processo di costruzione e de-costruzione del sé, indispensabile per mettere in discussione l’attuale modello di sviluppo a partire dalla propria identità e intimità». Questo ha comportato discendere all’interno di se stesse, guardarsi, guardare alla propria identità e alle proprie relazioni, in una dimensione partecipativa ed emozionale che l’autrice dichiara di aver vissuto nel corso del lavoro. Questo particolare aspetto interiore aleggia in tutte le pagine del libro, riesce a trasferirsi in chi legge e trasforma i numeri, le informazioni, i dati, le fonti in un processo di consapevolezza condivisa. Per dirla ancora una volta con l’autrice, leggendo si resta travolte «emotivamente dalla flagranza di reato della fiera delle discriminazioni»; ma anche, aggiungo io, sorprese dalle molteplici iniziative raccontate, coinvolte dalle coraggiose proposte che il variegato mondo femminile riesce a mettere in campo per costruire, dopo averle immaginate, nuove strade da percorrere.
È un’importante dichiarazione di intenti aver assunto e mantenuto nell’analisi la postura femminista, che si rintraccia anche nella scelta di utilizzare un linguaggio inclusivo, privo del maschile universale e aperto a «una “strategia mista”. In primis usare termini ambigenere (le persone) o entrambi i generi (tutte e tutti) quando applicabile», ma anche impiegare la schwa, da Barca definita «icona, pietra d’inciampo», inserita «per ricordarci che lì, in quel punto della lingua c’è un nodo da sciogliere: se la immaginiamo così la schwa, che un poco disturba lo scorrere morbido della nostra bella lingua, diviene un piccolo pungolo e quel fastidio uno stimolo per confrontarci con le discriminazioni della lingua e quindi della società». Il linguaggio, tema caro a Toponomastica femminile e alla rivista Vitamine vaganti, alimenta visioni femminili parziali, distorte e discriminanti, veicola stereotipi e pregiudizi sulle donne, silenzia in modo sempre più colpevole la loro realtà. Sbandierare il maschile plurale come un genere non marcato, “neutro” e “universale”, proporlo come un’esigenza linguistica e negare con tenace insistenza che sia una forma di disconoscimento di identità, di legame «tra discriminazioni semantiche e discriminazioni culturali», è una consuetudine mai sopita e francamente estenuante; negli ultimi tempi anzi ha ritrovato maggior vigore, da quando il Paese è guidato da una Presidente del Consiglio che declina al maschile la carica raggiunta, evidentemente identificando nell’uso del femminile una riduzione di prestigio e di autorevolezza. L’assunzione del femminile nella definizione del proprio ruolo lavorativo e professionale e di quelli di tutte le altre donne, il mancato utilizzo del maschile plurale come forma universale neutra acquistano il valore di un’azione di contrasto allo stato delle cose, a quell’ordine stabilito che, di fatto, non vuole mettere in discussione l’antica logica dell’esclusione. Una sfida, appunto.
Il libro è un’esplorazionedelle diseguaglianze di genere e il termine mappa, presente nel titolo, rimanda alla necessità di dotarsi di una bussola per orientarsi. Flavia Barca ne offre un paio a lettrici e lettori. La prima è già stata individuata ed è il suo sguardo femminista; la seconda è la cultura, intesa come cartina al tornasole e indicatore delle diseguaglianze, ma anche come terapia e rimedio delle stesse: «Unendo i pezzi della mappa, i dieci capitoli del volume che sono parte di un unico “ecosistema delle diseguaglianze”, la cultura viene posta al centro della costruzione di una nuova Weltanschauung, che investe il patrimonio e tutte le filiere e le attività correlate, e prova a indicare la strada verso un mondo più giusto».
La cultura salverà il mondo, si è spesso detto, ma non può essere quella dominante, indicata come neutra e universale senza esserlo. Per agire e salvare col mondo tutte e tutti noi, la cultura deve invertire le rotte, trasformarsi, costruire vie alternative, ridisegnare ruoli, far emergere valori capaci di rigenerarla in modo inclusivo, equo e giusto. Per usare un termine attuale, serve riconfigurare tutto. Infine, conclude Flavia Barca, la cultura «è il luogo ideale per immaginare quello che non è più possibile immaginare, forzando la rete della rassegnazione e dell’incredulità, regalando utopie speranze e strade nuove da percorrere, sognando pace dove non c’è più o non c’è mai stata pace».
Parlare diffusamente del libro è impresa complessa, tante sono le suggestioni presenti e ampio lo sguardo proposto. Una recensione taglia inevitabilmente molto, scopre solo alcuni punti che corrispondono, pure in modo parziale e limitato, a una visione personale. Ce ne sarebbero molte altre e tutte ugualmente interessanti. È un libro necessario e c’è un’unica cosa da fare: leggerlo. È un consiglio.

Flavia Barca
Mappa delle diseguaglianze di genere
Editrice Bibliografica, Milano, 2024
pp. 270
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Articolo di Barbara Belotti

Dopo aver insegnato per oltre trent’anni Storia dell’arte nella scuola superiore, si occupa ora di storia, cultura e didattica di genere e scrive sui temi della toponomastica femminile per diverse testate e pubblicazioni. Fa parte del Comitato scientifico della Rete per la parità e della Commissione Consultiva Toponomastica del Comune di Roma.
