Le mostre di Tina Modotti

Non si riesce a star dietro a tutte le mostre che le hanno dedicato in questi ultimi anni. Dimenticata per decenni, sia come rivoluzionaria che come fotografa, Tina Modotti è stata riscoperta negli anni ’70 grazie a Vidali, il suo ultimo compagno, nel frattempo diventato senatore, al Circolo culturale Elio Mauro di Udine, e al Comitato Tina Modotti. Tra il 2020 e il 2024 grandi mostre le sono state dedicate a Madrid, Barcellona, Londra, Parigi, Berlino, New York, Amsterdam. In Italia tra le tante iniziative che l’hanno ricordata, a Parma, Aosta, Udine, Ravenna, Palermo, grande successo ha avuto nel 2021 la retrospettiva inaugurata dal Comune di Milano Tina Modotti. Donne, Messico e Libertà, che è passata poi nel 2022 al Palazzo Ducale di Genova (a questo link trovate un bell’articolo di Andrea Zennaro).

Mostra Tina Modotti a Rovigo, 2023-2024

Più recentemente Rovigo le ha dedicato una mostra a Palazzo Roverella, aperta dal 22 settembre 2023 al 28 gennaio 2024, Tina Modotti. L’opera, mostra che è passata a Torino negli spazi di Camera, il 16 ottobre 2024 e rimarrà fino al 2 febbraio 2025 (Torino le aveva già dedicato una mostra a Palazzo Madama nel 2014); dal 26 settembre 2024 al 16 febbraio 2025 un’altra esposizione delle sue fotografie si potrà visitare nelle sale di Palazzo Pallavicini di Bologna. Occupiamoci ora di queste ultime due mostre, a Torino e a Bologna, che sono tuttora in corso.
Camera è il Centro Italiano per la Fotografia di Torino che, dopo aver dedicato una grande mostra alla fotografa statunitense Margareth Bourke, passa a illustrare l’opera di Tina Modotti. La mostra, curata da Riccardo Costantini, curatore già della mostra di Rovigo, espone 300 opere della fotografa che nei suoi scatti cattura il mondo reale, la vita quotidiana, l’ingiustizia, il lavoro, la povertà.

Mostra Tina Modotti a Torino, 2024/2025
Uomini che riparano le reti, 1925

La mostra è frutto di cinque anni di ricerca e attraverso diversi materiali inediti, video, giornali, fotografie ricostruisce l’unica rassegna delle sue opere che l’artista allestì il 3 dicembre 1929, all’Università del Messico.

Tina Modotti accanto alle sue opere, Università di Città del Messico, 1929

Il percorso espositivo mostra tutte le facce di questa straordinaria interprete del suo tempo, l’artista, la maestra, la combattente, concentrandosi sulla parte più intensa, anche se breve, della sua vita e della sua carriera dietro l’obiettivo, dal 1923 al 1930. Viene fuori una Tina felice e libera, felice perché libera, ossessionata dalla qualità fotografica e dalla volontà di registrare con obiettività la vita in tutti i suoi aspetti.

Mostra Tina Modotti a Bologna, 2024/2025
Contadini che leggono El Machete, 1927

L’altra mostra in corso a Palazzo Pallavicini di Bologna, curata da Francesca Bogliolo, ripercorre, attraverso una selezione di circa 120 opere e di alcuni preziosi documenti, la storia di una donna coraggiosa e anticonformista. Articolata in sei sezioni, espone numerosi ritratti, carichi di forza narrativa, di alcune personalità note dell’epoca: il fotografo e suo mentore Edward Weston, gli artisti Diego Rivera e Frida Kahlo, l’attrice Dolores del Rio, il giornalista rivoluzionario Julio Antonio Mella, il politico Vittorio Vidali. E ancora i visi e le mani del popolo messicano, protagonista di un’intera sezione, le donne di Tehuantepec, gli sguardi dei bambini, le celebri calle, e le rose, morbide e incantate, che Tina tenta di convertire in astrazione. A chiudere la mostra, infine, una selezione di ritratti di Tina, realizzati da Edward Weston, e il film muto del 1920 The tiger’s coat, produzione hollywoodiana in cui Modotti interpreta una misteriosa mistificatrice messicana.

Calle, 1924 (sin) – Rose, 1924 (dex)
Le mani del burattinaio, 1929 (sin) – Mani sul badile, 1927 (dex)
Bambino davanti a un cactus, 1928 (sin) – Donna di Tehuantepec porta frutta e fiori sulla testa dentro zucca dipinta, 1929 (dex)

Chi era Tina Modotti?
Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti, conosciuta come Tina Modotti (Udine, 17 agosto, 1896 — Città del Messico, 1942), nasce in una famiglia operaia e socialista; il padre, costretto dalla miseria e dai debiti, emigra prima in Austria e quindi definitivamente in America, dove la famiglia lo raggiungerà nel 1913. In Italia Tina ha modo di conoscere la durezza del lavoro facendo l’operaia in una filanda già all’età di dodici anni, e intanto apprende i primi rudimenti della fotografia frequentando lo studio dello zio.

Anonimo -Tina Modotti a S. Francisco, 1920 (sin) – Ritratto di Tina Modotti, autore Edward Weston, 1924 (dex)

A San Francisco lavora come operaia tessile e poi come attrice di teatro e cinema, partecipando a film muti; conosce il giovane poeta e pittore francocanadese Roubaix de l’Abrie Richey, detto Robo, che sposa nel 1917 e con lui si trasferisce a Los Angeles, dove vivrà un breve matrimonio frequentando il mondo dell’arte d’avanguardia e sviluppando il suo interesse per la fotografia. In questo ambiente conosce il già noto fotografo Edward Weston, uno dei più celebri fotografi americani, che sarà suo mentore e amante e la introdurrà ai segreti della fotografia. Robo muore improvvisamente di vaiolo nel 1922, durante un viaggio in Messico e Tina si ritrova per l’estremo saluto in un paese complicato, appena uscito da una rivoluzione, dove accorrono emigrati politici e artisti impegnati. Decide di stabilirsi lì, in compagnia di Edward Weston e di suo figlio.
Weston lascia la famiglia per lei, ma il progressivo coinvolgimento di Tina nella politica e nel partito comunista messicano contribuisce ad allontanarli e nel 1926 Weston torna a casa. Tina continuerà da sola a vivere della sua fotografia, e, inserita nel vivace panorama culturale messicano del periodo post-rivoluzionario, frequenta figure come Diego Rivera, Frida Kahlo e David Alfaro Siqueiros. La sua fotografia si trasforma in un potente strumento per raccontare la vita del popolo messicano, combinando estetica e denuncia sociale.

Frida Kahlo e Chavela Vargas fotografate da Tina Modotti
Villaggio di agricoltori, 1926
Concha Michel e contadini, 1928

Nel 1927 Tina aderisce al Partito Comunista Messicano, militando in prima linea, dove affronta rischi e ai sacrifici.

Sombrero, falce e martello, 1927
Donna con bandiera, 1928
Campesinos alla parata del Primo Maggio, Messico 1926

Vive ancora un altro amore, quello per Julio Antonio Mella, giovane intellettuale cubano e dirigente rivoluzionario. Riparato da pochi mesi in Messico, Mella muore la sera del 10 gennaio del 1929 per mano di sicari del dittatore Gerardo Machado. Tina è presente all’agguato: reagisce al dolore con l’indignazione, esponendosi in prima persona. Accusata ingiustamente di complicità, è espulsa dal Messico nel 1930. Si rifugia in Europa, condividendo il viaggio con Vittorio Vidali, un internazionalista di origine triestina; prova a stabilirsi a Berlino e a coniugare l’impegno politico con il lavoro di fotografa. Ma il contesto del vecchio continente è difficile. Partecipa alla Guerra Civile Spagnola e con il nome di Maria ricopre un ruolo di sostegno e di assistenza sanitaria nelle retrovie. La fotografia, per quanto importante, passa ora in secondo piano rispetto al suo impegno per la causa comunista.
Nel 1939 torna in Messico sotto falso nome, continuando a lavorare per il movimento rivoluzionario. Improvvisamente muore il 5 gennaio 1942 a Città del Messico, probabilmente a causa di un infarto, in un taxi che la riportava a casa dopo una cena da Hannes Meyer, il celebre architetto della Bauhaus. La stampa scandalistica di Città del Messico grida all’omicidio e vede nel suo ultimo compagno, Vittorio Vidali, il mandante del delitto. A ricordarla, tra gli altri, Pablo Neruda, che comincia così il suo epitaffio: «Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente, sorella».

Tina Modotti è oggi ricordata come una figura straordinaria, capace di unire sensibilità artistica e passione politica, una delle figure più rilevanti della fotografia del XX secolo. Donna dalla vita avventurosa, colpiva per la bellezza del suo viso e del suo corpo, parlava cinque lingue e ha attraversato otto Paesi. Le sue fotografie, intrise di bellezza e denuncia, rimangono una testimonianza potente della sua epoca e della sua lotta per un mondo più giusto.
Queste le parole con cui la descrisse Federico Marin, un cronista dell’epoca: «Una bellezza misteriosa, priva di volgarità […], ma non allegra, bensì austera, terribilmente austera. Non malinconica, né tragica».

***

Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile. Ha scritto Le maestre dell’arte, uno studio sull’arte fatta dalle donne dalla preistoria ai nostri giorni e curato La presenza femminile nelle arti minori, ne Le Storie di Toponomastica femminile.

Lascia un commento