Il genere narrativo definito crime story nasce e prospera nella cultura di massa. A decretarne il successo sono la serialità e l’intento pedagogico-morale. La serialità è assicurata dal/dalla protagonista fissa ovvero il/la detective che, di puntata in puntata, si incarica di risolvere nuovi delitti, mentre il proposito morale si realizza con l’esito dell’indagine, laddove sufficienti prove inchiodano chi è colpevole e l’assicurano alla giustizia, così che l’ordine e l’armonia all’interno della comunità siano ripristinati.
A caratterizzarne la trama è l’architettura rigidamente causale. Ogni personaggio ha una specifica funzione all’interno del plot: è come una tessera incastrata nel mosaico investigativo. I ruoli, in questa prospettiva, non sono nient’altro che espressioni di mezzi/fini inseriti in un quadro narrativo deterministico. Pertanto la capacità logica accompagnata da curiosità e pazienza sono i requisiti fondamentali che caratterizzano il profilo di chi investiga. Indizi, dettagli, testimonianze sono la materia grezza di un’indagine; le ipotesi forniscono l’impalcatura che l’organizza, mentre le verifiche e le prove sono ciò che le dà robustezza. Alla base dei teoremi indiziari vi è il movente: è la sua plausibilità che dà forma e forza ai sospetti, per questo è fondamentale analizzare azioni e comportamenti di potenziali colpevoli e individuare una possibile gerarchia di scopi che li orienta.
Come nota Brecht nel saggio Scritti sulla letteratura e sull’arte le fasi di un’investigazione sono prescritte dal metodo scientifico: raccolta dei dati, registrazione di prove, formulazione delle ipotesi e dimostrazione della loro validità. Una simile impostazione è perfettamente conforme alla cultura capitalistica per due ragioni: in primo luogo perché esalta il potere scientifico a scapito di quello umanistico e in secondo luogo perché privilegia uno schema relazionale basato sul binomio mezzi-fini, proprio quello che organizza l’intreccio narrativo e che si dipana via via nell’indagine.

Il film noir si ispira alla letteratura pulp il cui nome trae origine dal materiale cartaceo su cui erano stampati i libri (la polpa del legno). Le trasposizioni cinematografiche di questi romanzi si inscrivono nel fenomeno dell’intermedialità, ovvero la permeabilità tra le varie rappresentazioni mediatiche di una stessa opera: ora proposta in una collana editoriale, poi in un serial radiofonico e infine in un telefilm o film. Perché creare personaggi nuovi e una narrazione inedita con tutte le incognite commerciali che ciò comporta, quando si hanno già protagoniste/i tanto familiari, quanto amati dal pubblico? Tale criterio si rivela spesso una scorciatoia per il successo perché consente di ridurre i costi di produzione e i tempi d’attesa destinati per la stesura della sceneggiatura.
Tuttavia, gli adattamenti cinematografici di questi racconti, in passato, erano spesso soggetti a revisioni radicali in modo da rispettare il cànone censorio e il senso del pudore dell’epoca. Ad esempio, il romanzo The Big Sleep (1939) di Raymond Chandler nell’omonima trasposizione cinematografica diretta da Howard Hawks nel 1946 viene epurato delle scene a sfondo sessuale ed elabora un colpevole diverso rispetto al testo, in modo da preservare l’istanza morale.

Ma quali sono gli elementi che caratterizzano il noir? Negli anni Quaranta del Novecento, gli Stati Uniti procedono nell’inarrestabile processo di inurbamento. Lo scenario totalmente antropizzato delle grandi metropoli si afferma come il nuovo sfondo mitico hollywoodiano, e lentamente sostituirà gli sconfinati deserti presenti nei film western. I western — è bene ricordarlo — hanno svolto un ruolo cruciale nella retrospettiva storica: gli Stati Uniti, sprovvisti di un retroterra mitologico che avesse la funzione di collante socio-culturale, elaborano una narrazione che si costituisca come premessa fondativa della loro identità nazionale. Così nell’immaginario popolare statunitense, i cowboy sono gli eroi che difendono i villaggi dai nativi americani, incarnando i buoni. Gli Stati Uniti hanno costruito il loro sentimento nazionale per contrasto. L’alterità assume sempre i contorni di una minaccia per l’integrità della comunità e i valori che essa incarna; per questo i pellerossa, i gangster italoamericani, i sovietici, gli alieni affollano il catalogo degli antagonisti cinematografici dell’èra hollywoodiana.

Il panorama metropolitano notturno, oltre a enfatizzare l’atmosfera di solitudine che permea il noir, è anche il frutto di una precisa scelta estetica. Inquadrature strette e chiaroscuri sono espedienti espressivi che esibiscono e causano stati angosciosi. A tal proposito l’attore Robert Mitchum polemizzò con queste parole: «Non so cosa significhi il termine noir. A quel tempo facevamo solo film. Cary Grant e le altre star della Rko prendevano per loro tutte le luci e a noi non restava che illuminare i set con i mozziconi di sigaretta».
Il contrasto luce – ombra è tra le cifre stilistiche del noir, si tratta di un’eredità del cinema espressionista tedesco che aveva raggiunto il suo apice artistico alla fine degli anni Venti del secolo scorso. Durante il decennio a venire, a causa delle persecuzioni razziali, molti illustri cineasti tedeschi migrarono negli Stati Uniti e ciò contribuì all’ibridazione di linguaggi estetici.

Non meno importante è la rappresentazione di genere sottesa al noir. Il protagonista maschile si distingue per la carica virile, negli hard boiled questa natura è particolarmente esasperata da tratti cinici, spigolosi, decisi, perentori. Per decenni il prototipo di sex symbol è stato il marchio di fabbrica dell’industria culturale statunitense, mentre gli atteggiamenti provocatori, comportamenti ambigui e sensualità, sono gli sconvenienti aspetti che caratterizzano le protagoniste noir. Se Hollywood avesse ritratto quest’iconografia femminile senza una connotazione negativa, essa avrebbe avuto la parvenza di una languida emancipazione. La sigaretta tra le dita di queste femmes fatales non è solo un vezzo, ma assume un ruolo espressivo cruciale che è traccia, a suo modo, di un orgoglio emancipativo: infatti, negli Stati Uniti fino al 1929 solo gli uomini potevano fumare in pubblico. Fu il pubblicitario Edward Bernays a servirsi della vocazione femminista per avvantaggiare le lobbies del tabacco: egli mise in atto una massiccia campagna che culminò nel 1929 con la Torches of Freedom dove donne, ingaggiate in base alla loro avvenenza, dettero scandalo fumando durante la Easter Sunday Parade di New York. La sigaretta, quindi, mediante una sapiente manipolazione semiotica, sfidò i tabù dell’epoca e fu brandita come simbolo di ribellione, parità e liberazione (ancora una volta il capitalismo si era appropriato delle istanze politiche di un gruppo sociale).
Nel noir il ricorso a prospettive psicologiche permette di aumentare la carica drammatica e l’effetto della suspance, così l’affiorare di un torbido passato o un trauma biografico è il punto di fuga verso cui approda l’indagine giacché — nella maggior parte dei casi — si rivela dirimente per la sua chiusura. La nuvola psicologica che avvolge chi è protagonista non è estranea alla struttura causale, anzi, negli intrecci narrativi ben congegnati è organica alla storia, cosicché il colpo di scena che svela il/la colpevole emerge dagli elementi disponibili, combinati e collegati secondo un criterio deterministico. Le pieghe del fatalismo di queste storie finiscono per essere stirate da un ordine esplicativo, cosicché l’irrazionale sia ricondotto all’interno di un piano deterministico.
Dunque, non stupisce che il genere giallo nasca e attecchisca nell’arco della seconda rivoluzione industriale e la letteratura noir si sviluppi durante la terza rivoluzione industriale: è il progresso scientifico che concede l’illusione del controllo, l’ampliamento del sapere sembra svelare qualsiasi segreto. Da un lato riduce l’azione umana a schemi razionali, ma dall’altro rivela anche un malessere individuale: il delitto, come il suicidio, è indice di un insanabile dissidio. Come ha osservato Gilles Deleuze nell’articolo Philosophie de la Série Noire (1966) ritenere che il romanzo poliziesco abbia per sfondo riferimenti metafisici, quali verità e giustizia, è un equivoco, giacché esso è una costruzione ottenuta da una collezione di errori disseminati dalle/dai protagonisti. Le tracce, ovvero gli sbagli di chi è colpevole, permettono di imboccare la giusta strada investigativa. Gli indizi divengono allora una costellazione leggibile del misfatto.
Tali aspetti concedono l’illusione che la realtà possa essere controllabile poiché qualsiasi evento si colloca e si spiega secondo regole e disposizioni logiche. La componente irrazionale, aleatoria, imprevedibile, complessa è comunque ridotta a una datità esaminabile secondo parametri induttivi e deduttivi. Ma un’esasperazione di un simile quadro, quali rischi potrebbe comportare?
A oggi, la datificazione della vita è un fenomeno che ha assunto proporzioni inaspettate, al punto che il regime algoritmico è applicato in ogni contesto immaginabile e non si limita all’analisi del passato, ma si esprime su scenari futuri in base al calcolo predittivo. I sistemi di Intelligenza artificiale come Compas e Giove in dotazione alla Pubblica sicurezza e agli organi giudiziari, rispettivamente di Stati Uniti e Italia, sono oggetto di dibattito etico-legale. Le misure cautelari e le condanne sono inflitte secondo l’esito di recidiva stabilito dai calcoli. Sostanzialmente l’Ia, col suo calcolo predittivo, risulta una risorsa irrinunciabile per tutte le agenzie di sicurezza, ma la sua pervasività solleva molti dubbi anche in ragione dei bias algoritmici che, ancora una volta, marcano dei pregiudizi sociali.
Si istituirà mai una squadra di sicurezza dedicata al Precrimine come in Minority Report (2002)?
Il noir è tramontato, ora è l’alba della fantascienza.
***
Articolo di Sathya Cucco

Studiosa di filosofia e comunicazione, uso la conoscenza come compagna di vita.

Grazie, non me l’aspettavo, sul noir si potrebbe discutere a lungo, tra l’altro un finale di articolo che condivido e non proprio ottimista direi…ah, la fantascienza è un altro dei miei vecchi “vizi”…complimenti e un saluto
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie del ‘like”, se poi ci fossero altri scritti di argomento a scelta…🌈
"Mi piace""Mi piace"