Vado spesso a Bologna, dove (almeno per ora) vive mio figlio con la sua famiglia, e ultimamente, durante una passeggiata al centro, per ammirare le due torri finalmente messe in sicurezza, sono riuscita a visitare la mostra dedicata a Ernesto Che Guevara, ospitata al Museo Civico Archeologico della città, dal 27 marzo al 30 giugno. È stato un emozionante viaggio alla scoperta di un uomo che è diventato un mito per intere generazioni, un tuffo nella storia, che mi ha ricordato anche la mia storia di quegli anni, ottenuto attraverso documenti, immagini e lettere che rendono più vicino a noi un’icona della rivoluzione, conosciuto come “il Che” e basta. Il vasto repertorio fotografico e documentaristico, messo a disposizione dall’archivio del Centros de Estudios Che Guevara a L’Avana, è costituito da oltre 2.000 documenti, molti dei quali inediti: lettere, appunti, diari, fotografie scattate dallo stesso Guevara, immagini ufficiali e private, scritti autografi e filmati d’epoca. Il titolo della mostra, tú y todos (tu e tutti quanti), riprende un verso di una poesia che Guevara scrisse alla moglie Aleida prima della sua partenza per la Bolivia, dove fu catturato e assassinato. Era un poema di addio, dove emerge l’uomo capace di superare l’egoismo a favore della solidarietà nei rapporti umani, un uomo combattuto da due passioni, l’amore intimo e l’amore verso una causa considerata sacra. La scelta di questo titolo vuole restituire una dimensione umana alla figura del Che, cogliere l’uomo, i suoi legami affettivi e il contesto storico in cui visse, dagli inizi degli anni ’50 alla fine degli anni ’60.


La mostra è dedicata al figlio Camilo Guevara March, responsabile progetti speciali del Centro de Estudios Che Guevara, morto nel 2022.
Ripercorriamo brevemente le tappe della vita del Che.
Era nato il 14 giugno del 1928 a Rosario in Argentina da famiglia colta e agiata, di idee progressiste; nel 1945 a Buenos Aires Ernesto s’iscrive alla facoltà di medicina; intanto viaggia in bici e moto e tiene un diario, abitudine che lo accompagnerà per tutta la vita: Ande, Caraibi, Cile, Colombia, Venezuela e Miami. Torna infine in Argentina, dove supera in breve tempo i pochi esami che gli restano per la laurea. Riparte alla volta di Bolivia, Perù ed Ecuador, proseguendo poi per Caracas, dove incontra esiliati argentini, comincia a interessarsi di politica e legge Marx e Lenin. Grazie a Hilda Gadea conosce un gruppo di rivoluzionari cubani che gli parlano di Fidel Castro: iniziano allora a chiamarlo il “Che”, una parola senza un significato preciso, che si usa in Argentina per richiamare l’attenzione di qualcuno, nato dal fatto che Guevara soleva utilizzare spesso questo intercalare. Nell’agosto del 1955, quando Gadea scopre di essere incinta, la sposa e a febbraio dell’anno successivo nasce la loro figlia, Hilda Beatríz. In Messico conosce prima Raul Castro poi Fidel. Cade però in una retata della polizia messicana, e dopo quasi due mesi di carcere riesce a raggiungere Cuba, dove i guerriglieri troveranno nel Che una guida, nominato da Fidel in persona, il Comandante Che Guevara. Da allora, fino al maggio ’58, la colonna Guevara stamperà un giornale, trasmetterà su una radio libera, continuando sempre a combattere la dittatura di Batista. Il 2 gennaio 1959 il Che entra nella capitale da liberatore e nel mese successivo gli viene conferita la cittadinanza cubana per i servizi resi alla rivoluzione. Inizia una nuova era: Fulgencio Batista fugge e gli USA divengono il primo nemico della Cuba rivoluzionaria. Ottenuto il divorzio da Hilda Gadea nel gennaio del 1959, il 2 giugno dello stesso anno sposa Aleida March a L’Avana. La coppia avrà due figli e due figlie: Aleida, Camilo, Celia ed Ernesto.

Guevara visita i principali Paesi non allineati, parla con i leaders mondiali e firma accordi commerciali. Al rientro a Cuba diviene presidente del Banco Nacional, e ministro dell’Industria e dell’Economia, non dimenticando l’agenda della politica interna che vedeva il tema dell’istruzione tra i primi punti d’interesse. Che Guevara ha grandi responsabilità politiche: nel novembre 1964 è a Mosca per il 47° anniversario della Rivoluzione di Ottobre, il mese dopo rappresenta la nazione cubana all’assemblea dell’Onu.



Non è però quella la dimensione che Ernesto predilige: convinto che nella lotta contro la tirannia e l’imperialismo non ci sono frontiere, si dedica interamente alla rivoluzione in altre parti del mondo.
Arriva prima in Congo, poi nel 1966 è in Bolivia, alla guida di un gruppo di guerriglieri. Nel giugno del 1967, il governo boliviano proclama lo stato d’assedio arrestando tutti i principali leaders sindacali: Guevara perde uomini in imboscate logoranti, anche lui cade in un’imboscata. L’8 ottobre 1967 viene colpito da una raffica di mitra e catturato vivo. Verrà freddato con un colpo di pistola al cuore nelle ore successive.


Il percorso interattivo della mostra, basato su supporti digitali e multimediali, ma anche su copie di documenti originali, liberamente sfogliabili, mette in luce tre livelli che continuamente si intersecano. Il primo livello in cui è strutturata l’esposizione è la dimensione storica, il contesto politico in cui è vissuto e ha operato Guevara. Il secondo livello è la dimensione biografica, documenta la formazione del giovane Ernesto, la rivoluzione cubana, la sua attività di uomo pubblico sullo scenario internazionale. Il terzo livello è la dimensione intima, mette in mostra gli scritti più personali di Guevara, i suoi diari, le lettere alla famiglia e agli amici, fino alle inedite poesie.
All’inizio del percorso è raccontata su alcuni pannelli la storia di Cuba dal 1492 al 1952, anno dell’inizio della dittatura di Fulgencio Batista. Sfogliando un display touchscreen su tavole interattive possiamo ripercorrere i primi anni di vita e di formazione di Ernesto fino al 1956: i suoi viaggi in America Latina, intrapresi nel corso della sua giovinezza, che gli rivelano le ingiustizie sociali, la povertà, le malattie, lo sfruttamento sul lavoro e la mancanza di libertà del continente americano, temi che diventeranno fondamentali nella sua presa di coscienza sociale e nella costruzione del suo pensiero politico. La bicicletta, originale, usata da Ernesto per il suo primo viaggio in Argentina e la motocicletta Norton battezzata “Poderosa II”, con la quale Guevara e l’amico Alberto Granado attraversarono l’America Latina, completano il racconto di questo periodo.



La motocicletta, resa celebre dal film del 2004 I diari della motocicletta, non è solo un mezzo di trasporto, ma un simbolo del desiderio di scoperta, del bisogno di conoscere il mondo per comprenderlo e cambiarlo. Quel viaggio giovanile, documentato con precisione e passione, rappresenta l’inizio di una trasformazione: da giovane medico argentino a rivoluzionario latinoamericano. Accanto a quella moto si entra nei pensieri di un ragazzo inquieto e idealista.
Superata questa prima parte del percorso, si apre il passaggio alla forte presa di coscienza di Guevara, al racconto degli anni durissimi della guerriglia contro la dittatura di Batista. Il Che combatte, organizza scuole rurali, cura i feriti, e ogni periodo viene contestualizzato dal racconto cronologico dei principali eventi a livello mondiale.

Immagini storiche, documenti ufficiali, racconti, cartoline, lettere e poesie, filmati e registrazioni di discorsi del Che arrivano fino al 1959, anno della Liberazione di Cuba. Poi vengono gli anni degli incarichi istituzionali attraverso i quali Guevara contribuì a riorganizzare la società dell’isola.
La scelta e la decisione di portare la lotta fuori dall’America Latina sono documentate da lettere, come quella a Fidel Castro: «Altre terre nel mondo reclamano il contributo delle mie modeste forze. Io posso fare quello che a te è negato per le responsabilità che hai alla testa di Cuba, ed è arrivata l’ora di separarci».
Anche le lettere alla moglie, ai figli e ai genitori danno voce ai suoi sentimenti e al suo desiderio di continuare a battersi in prima persona. Una lettera alla moglie dal Congo, dell’ottobre 1965, rivela però la consapevolezza di aver perduto qualcosa di inestimabile: «Così è stato, per gran parte della mia vita; sacrificare gli affetti per ideali più alti». Le sue parole sono un invito alla riflessione, alla memoria, ma anche all’azione. Perché il Che non è solo un mito, ma una domanda ancora aperta a cui dobbiamo cercare una risposta: cosa siamo disposti a fare per i nostri ideali?
Alla fine del percorso è esposto tutto il diario del Che in Bolivia fino all’ultimo giorno, l’8 ottobre, quando il Che è catturato, e il 9 ucciso.

Lettera a Fidel Castro, 31 marzo 1965




A coronare la mostra, un’installazione multidimensionale, opera dell’artista americano Michael Murphy, intitolata Che: ritratto di Ernesto Guevara, è una ricostruzione tridimensionale del celebre ritratto del Che, capace di trasformarsi nella sua altrettanto iconica firma.
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Articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile. Ha scritto Le maestre dell’arte, uno studio sull’arte fatta dalle donne dalla preistoria ai nostri giorni e curato La presenza femminile nelle arti minori, ne Le Storie di Toponomastica femminile.
