«La più grande minaccia al nostro pianeta è la convinzione che lo salverà qualcun altro», dice Robert Swan, un esploratore che il pianeta ha avuto modo di scoprirlo tutto, giungendo negli angoli più remoti dei poli, cogliendone la magnificenza e la necessità di salvaguardarlo. È proprio in questa frase che si percepisce il carattere collettivo che dovrebbe avere la tutela del mondo in cui viviamo, che ci accoglie e ci fornisce le materie prime di cui abbiamo bisogno: ci dà tutto, senza necessità di chiedere, senza il dovere di risarcirlo.
Probabilmente l’errore non è nostro, ma si diventa colpevoli nel momento in cui si decide di girarsi dall’altra parte per non guardare poiché, riprendendo le parole di Swan, ‘’qualcun altro/a’’ penserà a rimediare. Quindi, cosa siamo in grado di fare per mettere fine alla deriva a cui stiamo assistendo?

Nonostante la definizione non molto approfondita, seppur evocativa, del concetto di sviluppo sostenibile, data nel 1992 alla Conferenza di Rio de Janeiro sull’ambiente e lo sviluppo, possiamo prendere spunto dalle ultime parole della frase per iniziare a ragionare: «Il concetto di sviluppo sostenibile è […] in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri». Il legame di continuità fra la generazione presente – o quella del passato – con quelle che la seguono è inscindibile e l’una può trarre linfa vitale dalle altre: determinante resta l’impegno di tutte/i per il perseguimento dell’obiettivo comune. Per questa motivazione, come sottolinea la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (Snsvs), approvata dal Cipe il 22 dicembre 2017, la cultura della sostenibilità è «da promuovere a tutti i livelli (impresa, società civile, istituzioni, ricerca) e in tutte le sedi educative, formali e non formali, in un’ottica di life-long learning», in quanto si rivela essere «il vettore principale per innescare la trasformazione del modello di sviluppo attuale, nonché la diffusione di conoscenze, competenze, stili di vita e modelli virtuosi di produzione e consumo sostenibili». Per mettere in atto lo sradicamento di un sistema che si configura non più adatto alle nostre esigenze e soprattutto a quelle del pianeta, è imprescindibile non solo promuovere le conoscenze – e, quindi, la consapevolezza – ma riconsiderare «le relazioni uomo/ambiente e uomo/uomo, in un’ottica trasformativa delle modalità di pensiero e di azione», come evidenzia l’analisi di Giovanni Borgarello nell’undicesima Conferenza della scuola in Piemonte.
In questa direzione prende forma il progetto realizzato da Il Circolo della Farfalla, ente di formazione e consulenza pedagogica che ha dato il suo contributo per la creazione di una foresta in Guatemala. Questa iniziativa trova le sue basi nell’attenzione che l’ente pone sulla questione ambientale, ribadendo quanto il rispetto di ciò che ci circonda non è altro se non lo sviluppo di una riflessione che ci accompagna sin dall’infanzia e che influisce nel modo in cui ci prendiamo cura del pianeta. Il punto di partenza non può essere che uno: il mondo non è una riserva inesauribile da cui possiamo attingere, ma è un tutt’uno con chi lo abita, di cui si è parte attiva e integrante. Il Circolo, nella presentazione di questa iniziativa a cura della pedagogista, formatrice ed educatrice Martina Pinaroli, ci offre una panoramica di come la filosofia venga adottata nel progetto. Il fine a lungo termine da loro perseguito vede come protagonisti i bambini e le bambine che, esposti a un contatto diretto e immersivo con la natura, diventano pian piano consapevoli dei legami con essa: questo avrebbe la straordinaria capacità di crescere futuri adulti coscienti. Oltre ai programmi svolti in favore delle scuole, come One Planet School di Wwf, l’educazione a questa sensibilità potrebbe partire dalla quotidianità, nelle case. L’idea proposta si sviluppa su vari piani e coinvolge ogni tappa della crescita: essere consapevoli della propria responsabilità personale aiuta i bambini e le bambine a compiere scelte ponderate, a misurarsi con le problematiche ambientali in un’ottica risolutiva e attiva nel cambiamento; connettersi abitualmente ed emotivamente con la natura crea un legame che li invoglia a preservare flora e fauna che, a lungo termine, diventa la chiave per la salvaguardia degli ecosistemi. Il ruolo della famiglia è fondamentale: permettere ai propri figli e alle proprie figlie esperienze all’aperto, conoscere la biodiversità, a non sprecare (rendendo quindi consci/e del valore del mondo) sono alcune delle mosse per realizzare questo scopo.

One Planet School di Wwf è un progetto organico che, come leggiamo nel claim, si propone di «conoscere, connettere, agire». Il sito, facilmente consultabile su Internet, rende disponibili 40 corsi organizzati in 4 aree tematiche fra cui troviamo Costruire il futuro; in questa sezione, cattura immediatamente l’attenzione la categoria Sostenibilità per un futuro possibile, in cui ogni lezione è curata da una esperta/o e la cui realizzazione ha coinvolto anche la Rai. L’idea di Wwf rende facilmente accessibili contenuti e informazioni che possono essere utili per iniziare ad approfondire l’argomento e sviluppare la sensibilità necessaria per comprendere a fondo dove inizia la nostra responsabilità e cosa possiamo fare noi. Fra le lezioni, capeggia Lo sviluppo sostenibile e l’agenda 2030 che approfondisce gli obiettivi che le Nazioni Unite hanno sottoscritto tramite l’Agenda: consumo e produzione responsabili, lo sviluppo di città e comunità sostenibili, lotta contro il cambiamento climatico fanno da spalla agli altri 14 obiettivi della carta sottoscritta da 193 paesi membri dell’Onu. Istituzionalmente, si configura la strada per un’inversione di rotta verso un futuro green: è proprio qui che può intrecciarsi l’educazione scolastica e l’attenzione dell’ordinamento politico sui temi appena citati. Nel target 4.7 dell’Agenda leggiamo infatti: «Entro il 2030, assicurarsi che tutti gli studenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso, tra l’altro, l’educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, i diritti umani». Leggendo gli obiettivi del target, l’educazione ambientale diventa il pilastro per la creazione di un senso di appartenenza a uno spazio di cui noi siamo direttamente responsabili.
Un contributo da menzionare è quello di Greenpeace, un’organizzazione ambientalista che agisce in maniera non violenta e che, come è possibile leggere sul sito, sottolinea l’importanza di trattare questi temi anche durante l’apprendimento scolastico. In seguito alla legge 92 del 20 agosto 2019, è introdotta la formazione sull’educazione ambientale nel percorso di educazione civica: quest’opportunità diventa un momento cruciale a cui Greenpeace dà il suo apporto. Sulla loro pagina è possibile trovare un pacchetto di slide complete e approfondite, create su misura per i diversi ordini di scuole. Il cambiamento climatico viene trattato in maniera facilmente comprensibile e illustrato con disegni colorati ma esplicativi per le scuole secondarie di primo grado che hanno modo di mettersi in gioco attraverso giochi e quiz all’interno delle slide, affinché risulti piacevole anche lo studio di argomenti complessi e delicati.
Più discorsiva e argomentativa è invece la presentazione realizzata per le scuole secondarie di secondo grado a cui viene aggiunta una corposa spiegazione scientifica che funge da approfondimento riprendendo le slide: si intreccia così l’insegnamento dell’educazione ambientale (e civica) e quello delle materie scientifiche, parte del percorso liceale.
Un altrettanto consistente intervento è il programma di Legambiente, associazione ambientalista italiana che con Scuola e formazione fornisce attività e percorsi riconosciuti dal Ministero dell’Istruzione. L’offerta è vasta ed educatori ed educatrici, insegnanti e studenti possono partecipare a diversi progetti e corsi di formazione.
In un’ottica interdisciplinare e sulla scorta della già citata Agenda 2030, è concepito +Scienza, che suddivide la programmazione fra i vari ordini di scuole e procura ai/alle docenti webinar e materiali su temi quali energia, rifiuti, economia circolare e biodiversità a cui è possibile accedere gratuitamente.
Scuole sostenibili, invece, è la proposta dell’associazione per favorire la transizione ecologica attraverso diverse azioni: riduzione dei rifiuti e della plastica, swap parties con scambi di beni e mobilità sostenibile nel percorso casa-scuola.
I progetti che seguono questa scia sono numerosi ma hanno un obiettivo in comune. Portare il cambiamento climatico e la sostenibilità nel discorso scolastico permette alle e agli studenti di comprendere e ragionare su cosa accade al nostro pianeta, rendendo il dialogo in classe un momento di riflessione che può avere la decisiva influenza su un cambiamento collettivo, che però parte dai gesti di ognuna/o di noi. Molti dei progetti coinvolgono bambine e bambini, ragazzi e ragazze nelle azioni di tutti i giorni, muovendosi a piedi o in bici e non in auto, non buttando vestiti che non usano più ma donandoli o scambiandoli e facendo in modo che il rispetto dell’ambiente faccia parte della loro quotidianità. Allo stesso modo, vengono forniti gli strumenti al corpo docenti affinché abbiano materiali e nuove conoscenze da infondere durante il percorso educativo.
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Articolo di Nicole Maria Rana

Nata in Puglia nel 2001, studente alla facoltà di Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. Appassionata di arte e cinema, le piace scoprire nuovi territori e viaggiare, fotografando ciò che la circonda. Crede sia importante far sentire la propria voce e lottare per ciò che si ha a cuore.
