La mamma di Giufà

Giufà è un personaggio della tradizione arabo/giudaica/siciliana, l’archetipo dell’ingenuo/sciocco/furbo.
Nato probabilmente in ambiente arabo, si è diffuso intorno all’800 in vari paesi del bacino del Mediterraneo arrivando anche in Sicilia dove la sua fortuna è stata immediata. Protagonista di storie e storielle raccontate oralmente dalla viva voce soprattutto delle donne che intorno al focolare d’inverno e sull’aia d’estate intrattenevano figli, nipoti ed amici, è stato immortalato nei libri relativi alle novelle siciliane raccolte da Laura Gonzenbach e Giuseppe Pitrè.
La sua fortuna, dovuta all’ingenuità, alla credulità, al cacciarsi in situazioni comiche di ogni genere ha fatto si che divenisse un personaggio familiare a generazioni di siciliani che da piccoli ne hanno sentite le imprese dalle madri e dalle nonne e sono spesso stati redarguiti nelle loro monellerie e nelle loro azioni sciocche da esclamazioni del tipo “Sei proprio Giufà”, “Ecco Giufà”.
Successo anche nell’ambito dello spettacolo con rappresentazioni che lo hanno visto protagonista, con “cunti” di cantastorie, con marionette che hanno le sue sembianze: quelle di un ragazzetto con un viso da sempliciotto, spesso sporco e malvestito, credulone e ingenuo con il difetto di interpretare tutto alla lettera.
Famose alcune storie come Giufà e la porta in cui prendendo alla lettera le parole della madre che gli raccomandava di tirarsi dietro la porta quando fosse uscito di casa, rispondeva scardinando la porta stessa e portandosela sulle spalle o quando alla raccomandazione della madre di cuocere “due ceci” per la cena, si ingegnava a badare alla pentola in cui aveva messo esattamente due ceci di numero. Gli esempi potrebbero continuare ma una cosa emerge da questi racconti: la figura della madre, senza nome ma onnipresente, magnifica spalla delle avventure del figlio.

Sulle origini della madre di Giufà si racconta una storia: Era una giovane contadina, sempliciotta perché al battesimo il prete si era dimenticato di metterle il sale sulla bocca, figlia di un tal Felice e promessa sposa a un certo Silvestro. Non è sembrata degna che di lei si tramandasse il nome  e che fosse una sciocca lo dimostrò appieno il giorno dele nozze quando, scesa in cantina a riempire una brocca di vino cominciò a pensare che dopo sposata avrebbe avuto un figlio, che il figlio si sarebbe chiamato Felicetto come il nonno, che sarebbe cresciuto e sarebbe stato la sua consolazione ma… poi sarebbe morto lasciandola nella disperazione e a questo punto si era messa a piangere come una fontana. Ecco che si può quindi supporre che Giufà avesse ereditato dalla madre la sua buona dose di stupidità.
Tuttavia dalle novelle traspare la complessità del personaggio. È una donna probabilmente che ha dovuto crescere il figlio da sola, infatti non si parla più del marito, e che è anche piuttosto severa sgridandolo ben bene e punendolo severamente quando commette le tante sciocchezze che sono una sua caratteristica. Ma è anche una madre premurosa e attenta, che cerca di responsabilizzarlo mandandolo per esempio a vendere una pezza di tela al mercato e pazienza se, dopo la raccomandazione di venderla solo a un cliente di poche parole, Giufà per non sbagliare la vende a una statua.
È anche una donna furba, della furbizia dei contadini di cui si dice che hanno le scarpe grosse e il cervello fino e in più di un’occasione salva il figlio che si è messo nei pasticci come quella volta che le era tornato a casa con un sacco di monete d’oro di dubbia provenienza. La madre nascosto il sacco fece piovere su Giufà, che si era mezzo addormentato sotto al balcone di casa, fichi e uva passa cosicché, quando il giudice venne a informarsi circa l’esistenza di quel sacco d’oro, sentendo che il ragazzo l’aveva trovato il giorno che piovevano fichi e uva passa, se ne andò pensando di avere a che fare con un pazzo.
Insomma la madre di Giufà è coprotagonista delle sue storie e merita di essere ricordata insieme al suo figliolo.

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Articolo di Anna Maria De Majo

G_faThuj

Laureata in Scienze Naturali all’Università La Sapienza di Roma, dopo la carriera come Assistente di Antropologia presso la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali della stessa Università, si dedica alla letteratura giovanile, iscrivendosi all’Associazione Gruppo di Servizio per la Letteratura Giovanile e collaborando alla rivista del Gruppo con articoli su vari autori/autrici e recensioni di libri.

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