Chi è Vera Omodeo?

Lo confesso, non la conoscevo. Quando ho scritto Le Maestre dell’arte, arrivata all’arte contemporanea, mi sono imbattuta in una schiera di donne che hanno fatto dell’attività artistica il loro lavoro e la loro passione. Non è facile e non è corretto giudicare il valore, la qualità dell’arte vivendoci affianco, nello stesso contesto storico, il giudizio critico ha bisogno di tempo per distinguere l’originalità, la qualità dalla banalità, dalla copia, anche inconsapevole, e dall’imitazione, per cui mi sono fermata. Ho accolto nel mio lavoro scultrici del calibro di Antonietta Raphaël, Camille Claudel, Louise Nevelson, Maya Lin, Magdalena Abakanowicz, già ampiamente storicizzate, nell’amara consapevolezza di non poter citare tutto l’universo femminile che nell’ultimo secolo si è occupato di scultura.

Dal latte materno veniamo, bronzo –
Vera Omodeo

Devo ringraziare il recente caso che ha coinvolto una sua opera, “Dal latte materno veniamo”, che rappresenta una donna mentre allatta un bambino, se l’ho conosciuta e ho potuto così apprezzare il suo talento che è indiscusso, il valore della sua opera che è innegabile. La polemica di questi giorni riguarda l’offerta e la conseguente bocciatura della richiesta di collocazione della statua in piazza Duse, a Milano, da parte della famiglia dell’artista, bocciatura emessa dalla commissione del Comune appositamente preposta. Secondo la motivazione del rifiuto, la statua «affronta il tema della maternità con sfumature squisitamente religiose e rappresenta valori rispettabili ma non universalmente condivisibili». Eppure la maternità è il tema più ricorrente nella storia dell’arte di tutti i popoli, fin dalla preistoria, e lo è stato anche nel lavoro di Vera, strettamente legata alla sua storia personale.

Madre con bambino tra i fiori e due colombe, medaglione in ceramica (sin) – Madre pensierosa, bronzo (dex)
Vera Omodeo

Senza entrare nel dibattito, nel quale si sono espresse già tante autorevoli personalità della cultura, vogliamo ricordarla in occasione del primo anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 25 maggio 2023, e insieme rievocare la sua ricca e variegata produzione, difficilmente tracciabile, perché l’artista spesso regalava le sue opere, ad amici, conoscenti ed enti benefici perché venissero vendute all’asta.
Vera Tiberto è nata a Milano l’8 luglio 1923 e ha legato il suo nome alla città in cui è nata e cresciuta; proveniva da un’agiata famiglia di costruttori ferroviari. Dopo aver conseguito il diploma all’Accademia di Brera, sotto la guida dei maestri Messina e Rui, Vera si ammalò di una grave nefrite. I medici riuscirono a salvarla ma le pronosticarono che non avrebbe potuto avere figli. Previsione rivelatasi assolutamente errata, visto che Vera, una volta sposatasi con l’industriale Adolfo Omodeo-Salé, mise poi al mondo sei figli, di cui uno morì in tenera età.   Durante la sua vita si è divisa tra frequentazione sociale e cura della famiglia. Ma arrivata a un’età matura, alla fine degli anni ‘70, i figli ormai adolescenti, sentiva che le mancava qualcosa.
Racconta la figlia Serena che improvvisamente di notte si svegliava al profumo di torte che la mamma impastava. Poi dalla farina passò ai colori e alla creta. L’amico pittore Proferio Grossi, che era stato suo compagno all’Accademia, la incoraggiò a tornare a dipingere, ma presto Vera capì che la sua strada non era la pittura, piuttosto la scultura e che ai colori preferiva la creta. Supportata anche dal marito, riprese i suoi studi all’Accademia di Brera, frequentando i corsi serali per adulti, sotto la guida di Michele Zappino, insigne maestro, docente di scultura e tecniche di fonderia. Cominciò a scolpire con un’attività frenetica, tanto da riempire con la sua produzione ogni angolo della casa. Passava giornate interminabili alla fornace e alla fonderia per seguire personalmente ogni momento della lavorazione, con una dedizione che solo l’amore poteva dettare.  Nella lavorazione della creta prestava grande attenzione alla cromia e alle diverse sfumature del materiale. E per il bronzo, mentre la stragrande maggioranza degli artisti delegano il lavoro pesante agli artigiani della fonderia, Vera si occupava personalmente di tutte le fasi della fusione dei modelli a cera persa e curava gli ultimi ritocchi, come le limature e le patine che servivano a smorzare l’eccessiva lucentezza del materiale.
Tutto il suo lavoro, frutto di infiniti studi e bozzetti preparatori, è un inno alla vita, quasi un gioco; per lei l’arte non è mai stata una professione, o un passatempo, ma solo una gioia, un modo di onorare la bellezza che vedeva nel mondo e di esprimere quello che sentiva. Prendeva ispirazione dall’antichità greca e romana, ma anche dall’oriente bizantino, punti di partenza per una sua personale rivisitazione. E strizzava l’occhio ad artisti contemporanei come Pablo Picasso, Marino Marini e Giacomo Manzù.
I soggetti che ha rappresentato sono molto vari, vanno da animali, come cavalli, un pavone dall’aria spiritosa o due colombe innamorate, a sensuali suonatrici di chitarra, di flauto o di mandolino, da figure mitologiche, come Bacco e Arianna, a dolci immagini di fanciulle.

Il cavallo libero, bronzo (sin) – Colombi in amore, ceramica (dex) Vera Omodeo
Pavone con la coda di fiori, bassorilievo in ceramica Vera Omodeo
Serenata, terracotta cerata (sin) – Due suonatrici, coppia di altorilievi in ceramica (dex) – Vera Omodeo
Bacco e Arianna, terracotta (sin) –La giovinezza che si specchia nell’acqua, bronzo (dex) – Vera Omodeo

E ancora piatti con decorazioni floreali, cornici in argento sbalzato, rize per icone, eseguite su dettagli di dipinti già esistenti, impreziositi con pietre e trafori, modellini architettonici che ricordano i suoi viaggi, acquedotti romani, basiliche romaniche. Nel suo itinerario creativo ci sono ancora i ritratti, resi con una introspezione attenta e vivace, e poi gioielli, le sue ultime creazioni, a cominciare da due anelli in argento sbalzato con un leone rampante, stemma araldico degli Omodeo.

Riza in argento (sin) – Modellini di chiese in terracotta e in bronzo (dex) – Vera Omodeo
Gioielli disegnati da Vera Omodeo

Molto frequenti anche i temi sacri.
Nel 1984 ricevette l’incarico di eseguire il portale di bronzo della chiesa di S. Maria della Vittoria a Milano, in via De Amicis, che realizzò tra il 1986 e il 1987.

Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Milano

La chiesa è cara alla famiglia, perché fu eretta proprio dall’antica famiglia degli Homodei e conserva tombe di quattro avi Homodeo. Di origine medievale, trasformata dal Barocco, la chiesa cattolica oggi è punto di incontro e di preghiera della comunità rumena di fede ortodossa. Il portale, primo realizzato da una donna, è composto da formelle in medio e bassorilievo, e racconta la vita di Maria, dall’Annunciazione, raffigurata nel lunotto sovrastante, fino alla sua Assunzione in cielo, mentre si nota la completa assenza di Giuseppe.  

Portale bronzeo di Santa Maria della Vittoria, Milano -Vera Omodeo
Lunotto con l’Annunciazione Portale S. Maria della Vittoria – Vera Omodeo

Su tutto il percorso delle cornici interne ed esterne sono incastonate delle rose, fiori simbolo della Madonna, in forte rilievo. Sotto il lunotto la narrazione si snoda attraverso sei formelle che rievocano altrettanti momenti della vita di Maria: l’incontro fra lei e la cugina Elisabetta, entrambe in attesa, la Natività di Gesù, la presentazione del Bambino al Tempio, Il Ritrovamento di Gesù mentre discute coi Dottori, la Passione (con il momento della Deposizione) e infine l’Assunzione di Maria in cielo. In basso, sotto alle formelle, due pannelli con spighe di grano a sinistra e grappoli d’uva a destra. Anche in questo grande lavoro in bronzo il pregio è nell’armonia della composizione, nella delicatezza del tratto, nella vivacità delle scene, ma soprattutto nella scelta di rappresentare la vita di Gesù rendendo protagonista la madre, Maria. Il portale risulta quindi come un canto muto alla Madonna, in quanto Madre. Nella formella che descrive l’incontro tra Elisabetta e Maria, lunghe braccia sottolineano la loro funzione. Struggente è la Deposizione, con la Madre che sostiene il corpo del figlio abbandonato nella morte rivolgendogli uno sguardo pietoso.
In tutte le formelle il disegno è sintetico, il rilievo appena accennato; figurano solo i personaggi indispensabili alla scena, non mancano mai però accenni alla natura, bastano un cielo sconvolto, un albero ricco di foglie per creare un’ambientazione naturale, o pochi elementi architettonici per le scene di interno.

L’incontro con Elisabetta (sin) – Natività (dex) – Portale di S. Maria della Vittoria –
Vera Omodeo
Presentazione di Gesù al Tempio (sin) – Gesù discute coi dottori (dex) – Portale di S. Maria della Vittoria –
Vera Omodeo
La Deposizione dalla croce (sin) – L’Assunzione di Maria (dex) – Portale di S. Maria della Vittoria – Vera Omodeo

Nella stessa chiesa sono opera di Vera anche i bassorilievi in bronzo delle quattordici Stazioni della Via Crucis, e due altorilievi, sempre in bronzo, ai lati dell’altare laterale destro, raffiguranti l’Annunciazione, e Maria che sorride al Bimbo con cinque angeli.

Gesù incontra sua madre (sin) – Gesù muore in croce (dex) – Via Crucis, Chiesa di S. Maria della Vittoria –
Vera Omodeo
Due altorilievi in bronzo ai lati dell’altare laterale destro, chiesa di S. Maria della Vittoria – Vera Omodeo

Nell’opera di Vera la presenza della figura femminile è preponderante, è una donna che raffigura donne e lo fa con una sensibilità e una delicatezza evidenti. Rispetto alle opere di altre scultrici donne le sue rappresentazioni femminili propongono sempre immagini di assoluta bellezza e serenità, prive di qualsiasi significato metafisico e ideale, piuttosto concrete e umane. Giovani donne dai corpi snelli e agili, racchiuse in sé stesse, o mentre accennano eleganti pose di danza, incorniciate talvolta da flessuosi elementi vegetali. Spesso sono madri che stringono in braccio i loro piccoli. Incarnano e danno voce a sentimenti quali tristezza, diffidenza, solitudine, o sono amanti i cui corpi si fondono in uno solo.

Danzatrici, bronzo (sin) – Ballerine a riposo, terracotta (dex) – Vera Omodeo
Tristezza, bronzo (sin) – Diffidenza, ceramica (dex) – Vera Omodeo
Solitudine, fusione in argento, (sin) – Ringraziamento, bronzo (dex) – Vera Omodeo
Amanti danzanti, gesso (sin) – L’unione, bronzo (dex) – Vera Omodeo

Racconta la figlia Serena: «Non si è mai preoccupata di avere dei riconoscimenti. Lavorava per la gioia di lavorare. Mio padre la sosteneva e l’incoraggiava in tutto, ma avevano deciso di non entrare nelle beghe del mercato dell’arte e delle gallerie. Aveva una determinazione ferrea: dovunque andasse in viaggio portava sempre dietro la creta e tornava con dei bozzetti».
In copertina: Vera Omodeo.

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Articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile. Ha scritto Le maestre dell’arte, pubblicato da Nemapress nel 2021, una storia dell’arte tutta al femminile, dalla preistoria ai nostri giorni.

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