Il calore di un momento. Il perdono in Fabrizio De André

«L’intera opera di De André è annuncio, è buona novella, è Vangelo con tanto di motto: per crucem ad lucem»: con queste parole il prete genovese don Andrea Gallo, nel libro Angelicamente anarchico, apre i capitoli dedicati al suo amico e poeta.

Di perdono parla un’altra poesia di De André, forse la più cristiana tra le sue opere, Il pescatore. Nella Bibbia, Simone, scelto da Gesù come apostolo con il nome di Pietro, è un pescatore, un pescatore di anime, ed è improbabile che la citazione sia casuale. La canzone narra di un incontro tra peccatori, tra persone che si aiutano senza giudicare. Un uomo è assopito nel peccato: non è nella luce, che nelle immagini sacre di solito rappresenta Dio, ma è «all’ombra dell’ultimo sole». Secondo alcune interpretazioni, «assopito all’ombra dell’ultimo sole» indica l’attesa della Resurrezione, o di qualcosa che probabilmente in questo caso non è la resurrezione della carne annunciata per i defunti ma un’illuminazione che riscatti una vita. Il «solco lungo il viso», unica caratteristica fisica che l’autore fornisce del personaggio, mostra il passato per niente pacifico che l’uomo deve avere alle spalle, una cicatrice che viene paragonata a un sorriso con l’amara ironia che De André usa spesso. Arriva un altro uomo, che il narratore chiama «assassino». Non sappiamo chi sia davvero, di certo qualcuno che la società ha bandito, forse un vero assassino, in ogni caso un uomo da ascoltare e perdonare senza la presunzione di emettere giudizi. L’ultimo arrivato chiede aiuto. L’altro accoglie la richiesta. Non importa chi sia né che passato abbia. «Non si guardò neppure intorno ma versò il vino e spezzò il pane per chi diceva “ho sete” e “ho fame”», questa è la più grande massima del profeta genovese. Il perdonare e aiutare indistintamente, come Gesù ha insegnato, fa di lui un evangelista a tutti gli effetti. Peraltro spezzare il pane e versare il vino è molto probabilmente un’allusione all’Eucarestia, il momento della messa in cui il sacerdote, che ha il ruolo di pescatore di anime, spezza simbolicamente il pane (l’ostia) e il vino per offrirli ai fedeli. Il capitolo 25 del Vangelo di Matteo recita: «ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi […] tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Il comportamento del “pescatore” è perfettamente in linea con il messaggio evangelico, mentre è fuori dalla carità cristiana chi giudica e chi esclude. «E fu il calore di un momento», l’incontro tra i due è l’illuminazione tanto attesa: questo momento caloroso illumina l’assassino, così come secondo la liturgia cattolica l’ostia ingerita infonde Dio nel peccatore. L’essere compagni indica etimologicamente proprio lo spezzare il pane per condividerlo con chi ne ha bisogno. Infine arrivano due gendarmi minacciosi, «in sella e con le armi», con la loro pretesa di giudicare e punire (nell’opera del cantautore genovese il potere non è mai visto di buon occhio), ma il vecchio non risponde loro. Così come nell’ottavo comandamento de Il testamento di Tito, al dogma di «non dire falsa testimonianza» è accostata la risposta «lo sanno a memoria il diritto divino ma scordano sempre il perdono», allo stesso modo ora il pescatore ha perdonato e aiuta l’assassino piuttosto che punirlo facendo la spia a un ordine costituito di cui il Poeta genovese si è sempre beffato. La ballata Il pescatore è il brano che meglio spiega la massima «nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l’amore».

 

Articolo di Andrea Zennaro

4sep3jNI

Andrea Zennaro, laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.

 

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