L’amore sacro e l’amor profano nell’opera di Fabrizio De André

Ad ogni donna pensata come amore in un attimo di libertà

Le figure femminili sono costantemente presenti nell’opera di De André, in ogni canzone, ricoprendo quasi sempre ruoli di rilievo. E sono sempre trattate con grande rispetto e spesso anche con affetto e amore.

Scrive don Gallo: «La tenerezza, il sorriso, la gratuità, la generosità e l’ospitalità che fanno parte dell’animus femminile, non sono forse le parole sacre e laiche di una “buona notizia” evangelica che non ha paura di somigliare al grembo materno che tutti accoglie e perdona? Ne sono convinto. […] Ho un debole per le donne. Mi piacciono, non solo per il significato iconico del loro corpo. Accolgono in sé la vita e sono simbolo di accoglienza e di ospitalità. Creano amore, aumentano la felicità degli individui. Penso sempre, da buon cristiano, al fatto che proprio alle donne Gesù abbia deciso di rivelarsi subito dopo la sua morte. E ci sarà anche un motivo! Alle donne De André ha dedicato molti versi. Alle donne di strada, ma anche alla donna più famosa dell’umanità: Maria, madre di Gesù. […] Un amore vero quello di Faber per Maria. Libero e non consolatorio».

La canzone Le passanti, fedele traduzione di Les passantes di Georges Brassens, a sua volta tratta da À une passante di Charles Baudelaire, si apre dedicando la canzone stessa «ad ogni donna pensata come amore in un attimo di libertà» (nell’originale, Brassens scrive «Je veux dédier ce poème à toutes les femmes qu’on aime pendant quelques instants secrets»). Il brano è un’antologia di incontri perduti, di donne quasi sconosciute, viste o intraviste, con cui «non c’era tempo e valeva la pena di perderci un secolo in più», di ricordi di qualche ragazza «conosciuta appena […], quasi da immaginare tanto di fretta l’hai vista passare». Queste «immagini care per qualche istante», mostrano segni di un amore senza contatto fisico ma non per questo meno intenso, una poetica ammirazione dell’elemento femminile, quella stessa tenerezza di cui parlava don Andrea.

Ma questi incontri perduti possono costituire anche una fonte di frustrazione per l’uomo che osserva con rispettosa ammirazione e si ricorda «di quelle felicità intraviste, dei baci che non si è osato dare, delle occasioni lasciate ad aspettare, degli occhi mai più rivisti»: «allora nei momenti di solitudine […] si piangono le labbra assenti di tutte le belle passanti che non siamo riusciti a trattenere». Lo stesso dispiacere, oltre che nell’originale francese di Brassens, si trova nel già citato sonetto di Baudelaire, in cui l’autore incontra di sfuggita una donna bellissima e ne è colpito, scosso. «Un éclair… puis la nuit! – Fugitive beauté […] Ne te verrai-je plus que dans l’éternité? […] O toi que j’eusse aimé, o toi qui le savais!»

Nonostante siano diversissime come composizione poetica e musicale, a livello tematico Le passanti rimanda ad Autogrill di Francesco Guccini, in cui il cantautore bolognese si invaghisce della barista di un autogrill, bella ma umile e discreta («bionda senza averne l’aria»), ma poi le circostanze e la fretta impediscono a questo incontro di concretizzarsi lasciando una strana sensazione di vuoto, come di un qualcosa che è andato perduto.

Quello della prostituzione è un tema complesso e controverso su cui è impossibile dare un giudizio netto. In Via del Campo il termine «puttana» non è usato come dispregiativo. La prostituta in questione è chiamata anche «una graziosa», termine insolito per una lavoratrice del sesso, di solito denigrata e disprezzata dalla benpensante borghesia (nella versione non censurata de La città vecchia, il «vecchio professore» la chiama «specie di troia»). La «bambina» che lavora in via del Campo è descritta con tenera delicatezza, tanto che «nascon fiori dove cammina». Anche quando la donna viene definita «puttana», il suo sorriso fa pensare più al Paradiso nascosto, al buio primo piano di un palazzo nei vicoli che a una strega tentatrice. Allo stesso modo, l’uomo che usufruisce dei servizi di questa donna non è descritto come un ricco bruto che si approfitta di lei ma come un «illuso» che va «a pregarla di maritare». Il commento senza giudizio dell’autore che assiste a questo tenero incontro senza futuro è «ama e ridi se amor risponde, piangi forte se non ti sente».

rHkDCPEOLa più bella figura femminile dell’opera di Fabrizio De André è senza dubbio quella di Bocca di Rosa. Nel romanzo Un destino ridicolo, scritto insieme ad Alessandro Gennari raccontando una storia vera della malavita genovese, si parla di una donna, una bionda istriana di passaggio a Genova realmente incontrata dal poeta, che non è una prostituta ma un’amante appassionata dell’amore e del sesso e che affascina tutti gli uomini ma è sempre lei a decidere a chi concedersi, libertà che la società non approva. Si tratta di una donna che davvero «metteva l’amore sopra ogni cosa». E «la stazione del paesino di Sant’Ilario» è in realtà quella di Genova Nervi. Nella canzone, Bocca di Rosa è trattata con affetto e con simpatia non solo dall’autore, ma è rispettata (come una donna di valore, non come un oggetto sessuale) da tutti gli uomini, «dal commissario al sagrestano» che la salutano in stazione «con gli occhi rossi e il cappello in mano» e la sua dipartita coincide addirittura con la fine della primavera, come un angelo che illumina, ma solo per breve tempo; persino i gendarmi vorrebbero che questa donna rimanesse in città. Fanno una pessima figura invece «le comari di un paesino», le pettegole signore della chiusa periferia ligure, invidiose di un fascino che a loro manca e possessive verso i loro mariti, trattati come una cagnetta tratta il proprio osso (comportamento di solito attribuito al mondo maschile), e una vecchia che ha la presunzione di sentirsi «come Gesù nel tempio», eppure, non essendo «mai stata moglie, senza mai figli e senza più voglie» non dovrebbe avere voce in capitolo sulle dinamiche di coppia.

Bocca di Rosa è l’antitesi di Via del Campo: una descrive con tenerezza l’amore messo in vendita, ma senza giudicarlo, l’altra narra con ironia la gioia della passione e deride la chiusura mentale. Anzi, l’amore propagato da Bocca di Rosa non è solo un amore carnale ed erotico, la sua bellezza colpisce anche i preti, dal sagrestano presente in stazione al «parroco che, tra un miserere e un’estrema unzione, non disprezza il bene effimero della bellezza». Un prete arriva addirittura ad andare in processione «con la Vergine in prima fila e Bocca di Rosa poco lontano»: anche la bellezza del corpo è un dono di Dio, se riesce a generare un così grande amore. È in questo senso che Bocca di Rosa incarna «l’amore sacro e l’amor profano».

Don Andrea Gallo, che per decenni ha aiutato prostitute e lavoratrici del sesso e con la Comunità di San Benedetto al Porto ha assistito da vicino la realtà della strada, scrive che «Bocca di Rosa è la madonna laica che m’ispira da sempre a mettere “l’amore sopra ogni cosa”». E De André suggerisce che, se l’amore e il sesso sono praticati con gratitudine e con rispetto, amore sacro e amor profano possono in alcuni casi coincidere.

Articolo di Andrea Zennaro

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Andrea Zennaro, laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.

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