Parlare di voto alle donne ci fa rivolgere il primo pensiero al Regno Unito, alle suffragettes e a Emmeline Pankhurst che fondò nel 1903 l’Unione sociale e politica delle donne.

È lì che è nato il primo vero movimento per il voto alle donne, è nel Regno Unito che John Stuart Mill già nel 1865 aveva proposto l’idea del suffragio femminile e che, quasi un secolo prima, nel 1792, Mary Wollstonecraft aveva pubblicato A Vindication of the Right of Women, mentre iniziavano a formarsi i primi circoli femminili, raccogliendo gli echi della Rivoluzione francese e in particolare delle battaglie di Olympe de Gouges che aveva pubblicato Le prince philosophe, romanzo che rivendicava i diritti delle donne e praticato femminismo ed abolizionismo.
Non mi vergogno a raccontare che per me bambina degli anni Sessanta la lotta per il diritto di voto resta fortemente legata al film Mary Poppins! Mrs Banks, la mamma di Jane e Michael, accuditi dalla fantastica tata, era assidua partecipante alle marce delle suffragettes. Quanta della mia consapevolezza di donna libera è nata da film e telefilm di fine anni Sessanta ─ inizio Anni Settanta…ma questo è un altro discorso!
A proposito del termine “suffragettes”, è interessante notare che il termine corretto era “suffragists” che indicava sia gli uomini che le donne. La parola “suffragettes” in realtà nacque come termine di disprezzo da parte di chi derideva queste donne determinate e battagliere. Però il vocabolo è stato poi rivendicato con orgoglio, assumendo un significato positivo.
In realtà, però, solo pochi anni dopo un movimento simile nacque anche negli Stati Uniti con tale entusiasmo ed energia da raggiungere l’obiettivo prima ancora che nel Regno Unito.
Il gran giorno del voto alle donne negli Usa fu il 4 maggio 1912. Sul sito feminist.org ho trovato una bellissima descrizione d’epoca, che ho tradotto al meglio delle mie capacità:
«C’erano insegnanti, studentesse, mediche, avvocate, casalinghe, infermiere, musiciste, operaie, impiegate, stenografe e ogni altra occupazione immaginabile rappresentata. Erano guidate da 52 donne a cavallo e accompagnate da numerose bande musicali.
Lo spettro delle età era così ampio che non tutti i partecipanti potevano marciare. I neonati venivano trasportati, o spinti in passeggini, mentre le carrozze trasportavano la reverenda Antoinette Brown Blackwell e poche altre tra le più anziane delle suffragiste. Sono state criticate da alcuni che ritenevano eccessivamente audace per una donna parlare di una questione politica anche a un piccolo pubblico al chiuso. Queste suffragiste veterane erano una parte cospicua delle 15.000 che si sono impadronite della Quinta Strada per diverse ore per promuovere la causa.
C’era anche una delegazione di diverse centinaia di uomini. Alcuni di loro avevano i capelli grigi, altri indossavano cappelli di seta, ma molti di più erano studenti universitari che marciavano dietro a striscioni di scuole prestigiose come Yale, Harvard, Columbia e Princeton. Nonostante alcune provocazioni di alcuni teppisti sul marciapiede, nessuno di questo gruppo ha perso la sua dignità o il suo carattere.
Non c’è mai stata una parata per il suffragio confrontabile con quella di questo pomeriggio e secondo alcuni osservatori, New York non ha mai visto uno spettacolo paragonabile a questo in nessuna occasione. Nemmeno la folla che due anni fa salutò Teddy Roosevelt al suo ritorno a casa si è avvicinata al numero di persone presenti oggi».
Il resoconto continua ricordando le difficoltà dei tentativi di protesta per il suffragio femminile degli anni precedenti.
Solo pochi anni dopo, cento anni fa (e prima che nel Regno Unito), il 26 agosto del 1920 veniva approvato il XIX emendamento della Costituzione americana, che garantiva il diritto di voto alle donne in tutto il territorio della Federazione:
«Il diritto di voto dei cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato o limitato dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato in ragione del sesso. Il Congresso avrà il potere di far valere il presente articolo mediante la legislazione appropriata».
Dunque il movimento femminista americano delle suffragette raggiungeva l’obiettivo, dopo manifestazioni, marce, pressioni alle istituzioni, scioperi fiscali, picchetti davanti alla Casa Bianca. Era stato determinante il ruolo della NAWSA (Associazione nazionale americana per il suffragio femminile), nata nel maggio 1890, e altrettanto importanti le azioni giudiziarie intraprese presso i giudici federali contro il diniego alle richieste di iscrizione nelle liste elettorali, in particolare, nello Stato del Wyoming già dal 1868. Nel 1911 il voto alle donne era stato conquistato in California attraverso un referendum e l’anno successivo era stato ottenuto in Arizona, Kansas e Oregon.
Mentre tutto ciò succedeva negli Stati Uniti, ma anche nel Regno Unito dove il suffragio universale femminile fu ottenuto nel 1928, da noi stava per cominciare il fascismo che avrebbe comportato invece terribili passi indietro per i diritti delle donne. Fu solo alla caduta del fascismo, grazie alla Resistenza, che le donne italiane resero visibile la loro presenza nella società sotto tutti i punti di vista e ciò fu determinate per l’ottenimento del suffragio universale femminile alle prime elezioni dell’Italia post guerra, le amministrative del 1946.
Articolo di Donatella Caione
Editrice, ama dare visibilità alle bambine, educare alle emozioni e all’identità; far conoscere la storia delle donne del passato e/o di culture diverse; contrastare gli stereotipi di genere e abituare all’uso del linguaggio sessuato. Svolge laboratori di educazione alla lettura nelle scuole, librerie, biblioteche. Si occupa inoltre di tematiche legate alla salute delle donne e alla prevenzione della violenza di genere.