Il 26 maggio, a Firenze, si è tenuto il seminario Le donne del libro. Presenze e testimonianze in età moderna, con cui si è ufficialmente dato inizio al laboratorio di donne e mestieri del libro, con la collaborazione del dipartimento Sagas dell’Università degli Studi di Firenze. Il laboratorio si pone l’obiettivo di promuovere una serie di iniziative il cui punto di riferimento sono le donne e l’universo del libro. L’iniziativa, pilota in ambito italiano, vede la collaborazione di diverse studiose e studiosi del territorio nazionale ed europeo. Per creare un portale tematico e mantenere un filo conduttore ufficiale, all’interno del sito Sagas vi è una sezione riservata in cui è possibile alimentare il confronto e la pubblicazione di materiali.
La professoressa Isabella Gagliardi, curatrice dell’evento assieme a Valentina Sozzini, ha dato inizio alla discussione occupandosi del tema “Libri nei chiostri: alcune esperienze monastiche”.
Gagliardi ha spiegato come, attraverso lo studio e l’indagine di porzioni di testi e di intere biblioteche presenti nei monasteri femminili, si è potuto risalire agli stili utilizzati dalle monache per ricopiare testi o scriverne di nuovi. Inoltre, ciò ha permesso di comprendere quale preparazione doveva necessariamente essere stata loro impartita per compiere un tale lavoro, dato che veniva assegnato solo ad alcune. È emerso anche che l’alfabetizzazione delle monache sembra sia stata molto simile per tutte, tanto che, pur avendo reperito libri in monasteri differenti e scritti da monache diverse tra loro per ordine, questi presentano medesimi caratteri e stili. Ciò dimostra la cospicua comunicazione che avveniva tra i diversi ordini e monasteri per creare omogeneità di stile e di linguaggio. È facile comprendere come, attraverso i testi, troviamo tantissime notizie che ci consentono di recuperare nel dettaglio non solo le attività, la vita e le usanze delle monache addette ai libri ma anche di tutte le figure che vi ruotavano attorno nel corso dell’espletamento del loro lavoro.
In base al ruolo assegnato e al tipo di convento, ogni monaca ricopriva e si specializzava in un ruolo diverso. Ad esempio, le agostiniane trascrivevano il testo e si occupavano della sua decorazione realizzando le iniziali a penna e utilizzando colori molto vivaci. Alcuni nomi, come Alessandra, Agostina, Caterina, Cecilia, diventano ricorrenti nelle mappature delle librare a causa, molto probabilmente, delle abilità personali che queste monache avevano acquisito nel mestiere. Sappiamo anche che, a uno stesso manoscritto, potevano lavorarci più persone e ciò è intuibile dato l’ottimo stato di conservazione e la possibilità di poter facilmente individuare stili personali e differenti riconoscibili in ognuno di essi. La Toscana si è rivelata una regione molto importante per la possibilità di analizzare alcune fonti. Grazie al convento di Santa Marta di Siena e ai conventi di Santa Lucia e di Santa Brigida di Firenze si è potuto approfondire lo studio degli stili adottati dalle monache agostiniane, carmelitane e domenicane.
La produzione libraria dei conventi rivela due tipi di produzioni: una interna e una esterna. La produzione esterna avveniva per commissione, di cartolari o monaci, che chiedevano alle monache di svolgere questi lavori. La produzione interna si verificava perché all’epoca risultava più economica la trascrizione manuale di libri rispetto alla stampa. Per questo motivo, negli ambienti monastici, prese piede l’abitudine di considerare il lavoro di trascrizione come un’opera di ascesi dello spirito, in realtà utile soprattutto alle casse del convento.
Il seminario è poi proseguito con l’intervento di Chiara Lastraioli riguardo al tema “Le lettrici del Rinascimento”. La studiosa si è occupata delle letture in volgare nello spazio francofono, studiando testi prodotti e diffusi tra il 1450 e il 1630 soprattutto in Francia. Sono stati illustrati i risultati della ricerca e le modalità di indagine, riferendo pure le grandi difficoltà incontrate. Nello specifico, questa consiste nello stilare quantitativamente non solo l’elenco di chi ha letto determinati libri, ma soprattutto nel dover restringere l’obiettivo unicamente sulle lettrici di genere femminile. Il procedimento di ricerca prende il via dalla proprietà del libro cioè dall’indagare e capire chi lo possedeva (in genere ciò avviene tramite la consultazione di documenti, inventari, lasciti o fonti indirette). Quasi sempre si scopre che la maggior parte dei testi analizzati appartenevano a persone di genere maschile. Una volta verificato il dato di appartenenza, bisogna indagare, attraverso lo studio dei legami familiari, se la madre, la moglie, l’amante, le figlie o le sorelle del possessore, se tutte o alcune di loro, possono aver letto quei libri. Nei pochissimi casi riscontrati in cui si scopre che una donna possedeva libri, ciò non implica automaticamente che li abbia letti. Si prosegue, quindi, alla ricerca di note e altri indizi che possano costituire una prova nel determinare l’avvenuta lettura del testo da parte di una donna. Naturalmente, nella maggior parte dei casi è più facile che si tratti di nobildonne lettrici. Tra gli esempi citati c’è quello di Elisabetta III, vissuta tra la seconda metà del Seicento e i primi decenni del Settecento. La sua notorietà è dovuta al fatto che i suoi libri sono rilegati con le iniziali impresse.
Per condurre questo tipo di ricerca si lavora attraverso l’analisi delle banche dati delle biblioteche da cui si può risalire ai dati delle donne che si cercano. Punto dolente di tale processo è il fatto di non poter procedere nella ricerca per genere, quindi, al momento di inserire i dati, bisogna conoscere preventivamente i legami familiari e i nomi da ricercare. In alcuni casi risulta praticamente impossibile determinare il genere delle persone individuate. Per riuscire a focalizzare le donne bisogna essere molto fortunate o può essere fondamentale fare ricorso agli uomini e alle loro azioni: ad esempio, può capitare di riuscire a risalire a una lettrice tramite la rilegatura funebre a lei dedicata per volere del marito. La maggior parte di tutte queste ricerche sono state svolte nelle biblioteche francesi. Durante la discussione sono stati mostrati molti dei libri presi in esame, letti e appartenuti alle donne lettrici; sono state illustrate le modalità di ricerca e di indagine in riferimento alle rilegature e alle annotazioni fatte a mano. In conclusione, è stato condiviso il fatto di come tutt’oggi si continua a lavorare, nei cataloghi e nei dati bibliografici, ignorando la questione di genere e procedendo senza alcuna distinzione tra i sessi. Sarebbe, invece, fondamentale inserire questo tipo di informazione, così come avviene per qualsiasi altro dato, in ogni catalogo o database. Al contrario, per poter procedere in modo più veloce e snellire le procedure, in caso di ricerche come quella illustrata, non è mai stata presa in considerazione la possibilità di inserire il genere tra i dati. La studiosa ha concluso il suo intervento rivolgendo l’invito a procedere, da qui in avanti, come da lei auspicato nella compilazione di banche dati.
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Articolo di Michela Di Caro

Originaria di Matera, vivo a Firenze da 15 anni. Studente, femminista, docente di sostegno di Scuola Secondaria di II grado, sono fisioterapista libera professionista e mamma di tre piccole donne.

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