Il Rapporto 2022-23 di Amnesty International. Focus sulle Americhe

In questa area del mondo, che comprende anche gli Stati Uniti d’America, le violazioni dei diritti umani sono state moltissime e hanno riguardato la libertà di espressione e di dissentire e gravi discriminazioni nei confronti delle persone Lgbtq+ (che nel Report sono peraltro indicate come Lgbti, dove la i sta per intersessuate) delle persone native e delle persone nere. Anche le violenze e le discriminazioni contro le donne sono state moltissime.
I Paesi presi in considerazione dal Report sono stati il Brasile, la Colombia, il Perù, gli Stati Uniti e il Venezuela.

La Dichiarazione sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere le libertà fondamentali e i diritti umani universalmente riconosciuti approvata con risoluzione dalle Nazioni Unite il 9 dicembre 1998 afferma, all’articolo 1, che tutti hanno il diritto, individualmente ed in associazione con altri, di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale ed internazionale; eppure in questa parte del Pianeta nei confronti degli attivisti e delle attiviste scesi per le strade a rivendicarli è stata usata, in modo eccessivo e frequentemente illegittimo, la forza.

In Ecuador attivisti/e nativi/e che si battevano per tematiche ambientali sono stati uccisi e in Colombia, Stato che detiene il record mondiale per numero di attivisti/e uccisi/e (189 in un anno), secondo molte organizzazioni non governative «un leader nativo è stato ucciso a colpi di arma da fuoco durante una protesta ambientale». In Perù, nelle ultime settimane del 2022, almeno 22 persone sono state uccise durante le manifestazioni seguite alla destituzione dell’ex presidente Pedro Castillo a dicembre e alla crisi che ne era seguita. In Bolivia sono stati arbitrariamente arrestati produttori di foglie di coca che protestavano contro i tentativi di sradicare le loro coltivazioni. Negli Usa, più di 75 persone sono state arrestate durante le proteste per la morte di Jayland Walker, un uomo nero ucciso con 46 colpi d’arma da fuoco esplosi dalla polizia ad Akron, in Ohio, a giugno. In Messico, le proteste delle femministe e dei difensori dei diritti umani sono state represse con la forza, mentre a Portorico e Cuba quelle per le frequenti interruzioni dell’energia elettrica e per altre richieste sociali in seguito all’uragano Ian sono state stroncate dalla polizia. Gravissima la situazione in Nicaragua, dove le autorità hanno «revocato lo status legale a più di un migliaio di organizzazioni, chiuso almeno 12 università, incarcerato giornalisti e vessato attivisti e oppositori politici». In Venezuela, i servizi di intelligence e le forze di polizia «con la compiacenza del sistema giudiziario» hanno detenuto arbitrariamente, torturato e maltrattato gli oppositori del governo. Amnesty international denuncia l’uccisione di attivisti e attiviste dei diritti umani anche in Bolivia, Brasile, Guatemala, Honduras, Messico, Perù e Venezuela. Altri/e sono stati minacciati/e, vessati/e sottoposti/e a procedimenti penali o arresti arbitrari in Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Cuba, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Paraguay, Perù e Venezuela. In quest’ultimo Paese, in particolare, almeno 396 difensori dei diritti umani sono stati vittime di intimidazioni, stigmatizzazione e minacce. Le garanzie processuali in caso di arresto sono totalmente mancate, soprattutto in Nicaragua. In Guatemala, giudici, procuratori, difensori dei diritti umani e manifestanti hanno subìto procedimenti penali sulla base di accuse inconsistenti.
Fare i giornalisti e le giornaliste in questa regione è difficilissimo e a rischio di morte, come dimostrano le uccisioni avvenute in Colombia, Haiti, Messico e Venezuela. In Messico, in particolare, il 2022 è stato l’anno in assoluto più tragico per la stampa, con almeno 13 giornalisti uccisi. In Nicaragua e Venezuela, alcune emittenti sono state chiuse arbitrariamente. In Guatemala, i giornalisti che hanno condotto inchieste sulla corruzione e l’impunità sono stati sottoposti alla macchina del fango e denunciati.

Recentemente la Clooney Foundation for Justice (Cfj), istituita dall’attore George Clooney e dalla moglie, l’avvocata che da sempre si batte per i diritti umani, offrendo assistenza legale gratuita a chi abbia subito violazioni di tali diritti, Amal Clooney, ha denunciato le forze di sicurezza del Venezuela per crimini contro l’umanità, in particolare commessi nei confronti degli oppositori politici del Governo di Nicolás Maduro. Poiché il Governo venezuelano non ha dato risposte in merito, la Fondazione si è rivolta all’Argentina, che applica il principio della cosiddetta giurisdizione universale, in base alla quale uno Stato può indagare e perseguire chi sia sospettato di avere commesso un crimine internazionale indipendentemente dalla sua nazionalità, dalla nazionalità della vittima, del luogo in cui il reato è stato commesso o il luogo in cui il sospettato risiede.

L’utilizzo dello spyware Pegasus per sorvegliare illegalmente attivisti/e e giornalisti/e è stato documentato in El Salvador, Messico e Perù.

Per quanto riguarda i diritti delle donne e delle persone Lgbtq+ le autorità non hanno saputo proteggerle dalla radicata violenza di genere che spesso è rimasta impunita. In Argentina si sono registrati 233 femminicidi, il 91 per cento dei quali in ambito domestico. In Messico, tra gennaio e novembre, ne sono stati denunciati 858; in Venezuela 199 tra gennaio e settembre, in Perù 124; anche in Uruguay, il Paese di Pepe Mujica, si registra un aumento dei femminicidi.
Le persone Lgbtq+ hanno continuato a essere in pericolo e sono state sottoposte ad attacchi, discriminazione e minacce, incontrando difficoltà nel riconoscimento legale in vari paesi della regione. La Commissione portoricana per i diritti umani e le politiche del lavoro ha affossato le proposte per la creazione di una carta dei diritti delle persone Lgbtq+. Le persone transgender sono state particolarmente a rischio di essere uccise in Brasile (che per il tredicesimo anno consecutivo deteneva il record per il più alto numero di uccisioni di persone transgender nel mondo), Colombia, Guatemala, Honduras e Messico. Un elemento positivo, peraltro, si deve segnalare: per la prima volta nella storia del paese, due donne transgender sono state elette al congresso federale. E le conquiste nel campo del riconoscimento dei diritti umani non finiscono qui: in Colombia la Corte costituzionale, svolgendo un ruolo propulsivo all’interno del sistema politico, ha riconosciuto l’identità di genere non binaria nei sistemi d’iscrizione anagrafica e di rilascio dei documenti d’identità. Dopo un referendum, Cuba ha approvato un nuovo codice di famiglia che ha ammesso il matrimonio egualitario e l’adozione da parte delle coppie omosessuali. Negli Usa, a dicembre è entrato in vigore il Respect for Marriage Act, che ha fornito una tutela federale per i matrimoni omosessuali. Il congresso americano ha approvato, e il presidente Biden ha successivamente convertito in legge, il Violence Against Women Act (Vawa), che ha disposto il finanziamento degli interventi di risposta e prevenzione della violenza contro le donne negli Usa, dopo molte mancate approvazioni.

In diversi paesi della regione, sono stati gravemente minacciati dai governi i diritti sessuali e riproduttivi. El Salvador ha vietato l’aborto senza eccezioni. Nella Repubblica Dominicana, l’aborto continua a essere un reato. Quello che è successo negli Stati Uniti è cosa nota: la Corte suprema ha ribaltato la storica sentenza Roe vs. Wade., aprendo la strada agli Stati più reazionari che hanno vietato o ridotto l’accesso all’aborto. In vari altri Stati americani, però, si sono tenuti referendum in cui i cittadini hanno votato a larga maggioranza a favore del diritto d’aborto. Per contro in Colombia la Corte Costituzionale ha depenalizzato l’aborto fino alla 24ᵃ settimana di gravidanza e in 11 Stati messicani l’interruzione della gravidanza è diventata legale. Una buona notizia riguarda il governo di Petro in Colombia (sostenuto dal più grande partito verde dell’America Latina) che recentemente ha fatto approvare la parità di genere nella pubblica amministrazione, nel Governo e nelle liste elettorali (ma altre sue riforme, che andavano nel senso di una riforma del lavoro e riguardavano i diritti economici e sociali sono state fortemente ostacolate, anche in Parlamento. Contro le sue politiche economiche nel mese di giugno 2023 c’è stata una manifestazione a cui hanno preso parte 90milapersone). Purtroppo, l’educazione sessuale nelle scuole è stata fortemente ostacolata in Argentina, Paraguay, Perù e in diversi Stati degli Usa, con ciò violando un diritto umano fondamentale.

In questa parte di mondo essere nativi e neri rappresenta ancora occasione di gravi discriminazioni, dettagliatamente descritte nel Rapporto. In diversi paesi, come Argentina, Brasile, Canada, Guatemala, Honduras, Messico, Paraguay, Perù e Venezuela, i governi hanno dato il via libera a progetti estrattivi, agroindustriali e infrastrutturali senza consultare le popolazioni native che ne sarebbero state colpite. «Estrattivismo fa rima con militarismo» — secondo quanto riporta Raul Zibechi su La Journada — «e in America Latina capita spesso, ormai da molti anni, di riuscire a veder prima che in altre zone del mondo alcuni dei processi di cambiamento di portata globale. La militarizzazione delle risorse naturali, beni comuni indispensabili alla vita dei popoli, deve favorire il loro sfruttamento da parte delle multinazionali. Questa è diventata una caratteristica strategica del capitalismo neoliberista in questa fase di estrema violenza».

Un numero altissimo di stupri e violenze sessuali si è registrato nei confronti delle native negli Usa senza che sia stato previsto per loro alcun accesso a forme basilari di assistenza post stupro; molte native sono sparite o sono state uccise. In Canada, sulle donne native di diverse prime nazioni e comunità inuit del Québec sono state effettuate sterilizzazioni forzate e altra violenza ostetrica. La Camera dei Comuni canadese ha formalmente riconosciuto come genocidio contro le popolazioni native il sistema delle scuole residenziali cattoliche e governative, il cui ruolo determinante in questo crimine contro l’umanità è stato dichiarato a ottobre 2022 dal Primo Ministro Canadese Justine Trudeau. La violenza degli Stati contro le popolazioni nere è stata una costante nei vari Paesi, in particolare in Brasile, ma anche in Canada e negli Usa, dove inoltre i richiedenti asilo haitiani sono stati sottoposti a detenzione arbitraria e a trattamenti che configurano la tortura a sfondo razziale.

Se in linea di massima le violazioni di diritti umani appena descritte restano impunite, Amnesty ricorda che le autorità di Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Guatemala e Uruguay hanno cominciato a indagare o aprire fascicoli giudiziari per le violazioni commesse durante i regimi militari o i conflitti armati.
Negli Usa, «nessuno è stato portato davanti alla giustizia per le diffuse violazioni dei diritti umani, tra cui sparizioni forzate, tortura e altro maltrattamento, commesse nel contesto del programma di detenzione segreta operato dalla Cia, autorizzato dal 2001 al 2009».
In Messico, il numero delle persone date per disperse o scomparse a partire dagli anni Sessanta ha superato la cifra di 109.000, oltre 90.000 delle quali dal 2006.
Anche il sovraffollamento delle carceri è un problema in questa parte di mondo.

Infine è da registrate il fallimento nell’affrontare la crisi climatica e il degrado ambientale, che si è accompagnato a uccisioni di attivisti/e e popolazioni native. Nel suo rapporto 2022, Global Witness ha dichiarato che tre quarti delle uccisioni registrate nel 2021 di difensori della terra e ambientalisti avevano avuto luogo in America Latina. Questa area del Pianeta, come l’Africa, è una delle regioni con il più alto tasso di perdita di copertura forestale naturale, secondo la Fao.
Le autorità della regione non hanno tenuto fede agli impegni che avevano precedentemente sottoscritto come Stati parte all’Accordo di Parigi e, in alcuni casi, hanno attivamente sostenuto progetti legati ai combustibili fossili.

Ma il colpo più duro è stato dato ai diritti delle persone più vulnerabili e indifese, quelle che dovrebbero essere maggiormente tutelate: rifugiate e migranti. La maggior parte dei movimenti migratori si è rivolta ai Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, con numeri che, rapportati a quanto siamo abituati a vedere attraverso i media mainstream ansiogeni, dovrebbero essere ricordati nei nostri media e invece sono puntualmente ignorati. Tutte queste persone sono rimaste senza protezione. Ricordiamo anche che «le corti federali statunitensi hanno convalidato i protocolli statunitensi sulla migrazione (Migration Protection Protocols – Mpp) e il titolo 42 del codice di salute pubblica, determinando danni irreparabili a decine di migliaia di richiedenti asilo che sono stati espulsi e mandati incontro al pericolo in Messico. […] Nonostante l’articolo 42 abbia perso la sua efficacia, la Presidenza Biden ha provveduto a rendere praticamente impossibile l’ingresso negli Usa di moltissimi/e messicani. Tra settembre 2021 e maggio 2022, gli Usa hanno espulso più di 25.000 haitiani al di fuori delle procedure dovute, in violazione della legislazione interna e del diritto internazionale. Le autorità messicane hanno detenuto almeno 281.149 persone in sovraffollati centri di detenzione per migranti ed espulso almeno 98.299 persone, in prevalenza provenienti dall’America Centrale, inclusi migliaia di minori non accompagnati».

Amnesty International non si limita a denunciare le violazioni dei diritti umani, ma suggerisce ai governi i comportamenti da tenere e le politiche da attuare, in questa come in tutte le altre parti del mondo. Questo rapporto annuale non è diretto solo ad attivisti e attiviste ma a ciascuno e ciascuna di noi. Tutte e tutti possiamo diventare difensori e difensore dei diritti umani, come recita la risoluzione dell’Onu del 9 dicembre 1998. L’acronimo inglese Hrd (Human rights defenders) in italiano può essere tradotto con i termini “difensore” e “difensora” dei diritti umani. HRD può essere chiunque sia in prima fila nella difesa di un’ampia gamma di diritti, come il diritto alla salute, all’educazione, al lavoro e alla protezione sociale, alla giustizia, all’ambiente e per chiedere alle imprese di rispettare i diritti umani.
L’acronimo Whrd (Women human rights defenders) si riferisce sia alle donne che difendono i diritti umani, sia a chi si occupa dei diritti delle donne o di diverse questioni legate al genere (dal sito di Amnesty International).

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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la maiuscola. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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