In quest’area del Pianeta i diritti umani più compromessi sono quelli delle donne e dei lavoratori, oltre a quelli dei migranti e dei rifugiati, a cui non sono assicurate la necessaria protezione e i diritti di prima generazione, come quello al cibo e a un alloggio. Con questi Paesi i governi della civile Europa continuano a intrattenere rapporti commerciali fruttuosi e a stipulare accordi anti-migranti, dimostrando una scarsa considerazione del mancato rispetto di quei principi di cui le loro Costituzioni e la Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea hanno fatto una bandiera.

Nel 2022, donne e ragazze hanno continuato a essere discriminate dalla legge e nella prassi, anche per quanto riguarda i diritti ereditari, il diritto di famiglia, la rappresentanza politica e l’accesso al mondo del lavoro. La violenza di genere, praticata e diffusa, è rimasta impunita. Inoltre, le attiviste e difensore dei diritti umani che hanno denunciato la violenza sessuale e la discriminazione di genere sono state perseguite penalmente e sottoposte a vessazioni in Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq e Yemen.
Tutte e tutti noi abbiamo seguito il forte impegno delle donne iraniane nelle proteste di settembre 2022, a cui peraltro il governo ha risposto reprimendo, uccidendo, le libertà di espressione e di riunione con l’abuso della forza fisica e delle armi, arrestando moltissime persone. Sono continuati i cosiddetti “delitti d’onore” di donne e i femminicidi, tra cui 37 solo in Algeria. In alcuni Paesi dal punto di vista legislativo sono stati riconosciuti alcuni diritti, che restano però solo sulla carta perché non si è provveduto a emendare le leggi preesistenti, mentre qualche novità si è avuta per proteggere le donne dalla violenza di genere in Oman e Kuwait. In Arabia Saudita sono state inasprite le discriminazioni di genere in ambito familiare, mentre in Tunisia sono state abrogate le norme che ne avevano migliorato la rappresentanza politica in Parlamento. In Yemen alle donne è stato proibito viaggiare senza un tutore maschile o una sua autorizzazione scritta.
In Libano, una terra bellissima, dopo la crisi economica definita dalla Banca mondiale come una delle peggiori della storia moderna, quasi la metà delle famiglie «era in una situazione di insicurezza alimentare; lo Stato forniva meno di due ore al giorno di elettricità; le medicine erano diventate troppo care o introvabili; i programmi di protezione sociale rimanevano tremendamente inadeguati». Una situazione molto simile si è avuta in Egitto, Siria, Tunisia e Yemen.
Sui lavoratori sono state compiute le violazioni più gravi: da licenziamenti, arresti e azioni giudiziarie ingiuste nei confronti di chi protestava o chiedeva maggiori diritti in Egitto, Iran e Giordania, allo sfruttamento e a salari inadeguati e contributi non pagati negli Stati del Golfo per i migranti a basso reddito, mentre in Qatar le persone migranti sono state fortemente discriminate sulla base di etnia, origine nazionale e lingua, con trattamenti retributivi differenti, condizioni di lavoro peggiori e lavori più duri. Per non parlare delle discriminazioni nei confronti delle lavoratrici domestiche, sottoposte anche ad abusi fisici.
Il diritto internazionale umanitario è stato sistematicamente violato, soprattutto nelle zone in cui sono presenti conflitti armati, arrecando danni irreparabili alle popolazioni civili. In Siria, arrivata all’undicesimo anno di guerra, sono stati colpiti civili e infrastrutture civili, causando decine di morti e feriti tra la popolazione. Anche in Libia ci sono stati attacchi di questo tipo, mentre il conflitto israelo-palestinese si è riacceso e ha causato morti tra i palestinesi, con moltissime persone costrette ad andarsene dalle loro case.
In Israele nel campo palestinese di Jenin si sono svolti recentemente pericolosissimi bombardamenti ed è di questi giorni la protesta culminata nella Giornata della Resistenza contro l’illiberale riforma della giustizia del Governo di ultradestra. Sulle persone che manifestavano civilmente la polizia ha usato le armi arrestando 79 persone a Tel Aviv e violando la libertà di riunione e quella di manifestazione del pensiero. La Corte penale internazionale tace sui crimini degli israeliani nei confronti dei Palestinesi. «Eppure, se c’è un luogo della Terra dove ha senso lo slogan dell’aggressore e dell’aggredito, questo è proprio la Palestina, dove da oltre settant’anni un popolo invaso, represso, occupato e privato dei suoi diritti più elementari si scontra, praticamente a mani nude, con un aggressore dotato degli armamenti più micidiali» (Fabio Marcelli, Giurista internazionale, il Fatto Quotidiano, 11 luglio 2023).
In questa parte del Pianeta esistono molti rifugiati, migranti e sfollati interni. Se da un lato è da sottolineare la grande disponibilità di questi Governi ad accoglierli, dall’altro non si può non registrare, in Libano e Giordania, ad esempio, l’incapacità di questi Stati di garantire diritto al cibo, alla casa, all’istruzione e alla salute. La Giordania, in particolare, che ha una popolazione di 5 milioni di abitanti, ha continuato a ospitare due milioni di palestinesi e ha accolto circa 750mila rifugiati da Medio Oriente e Africa del Nord. La Libia, con cui noi abbiamo stretto accordi per contenere gli sbarchi sulle coste italiane, ha commesso uccisioni illegali nei confronti di rifugiati e migranti, oltre a detenerli arbitrariamente a tempo indefinito, torturarli, stuprarli e sottoporli a maltrattamenti e lavoro forzato. La sua Guardia Costiera non ha esitato a sparare sulle imbarcazioni che trasportavano migranti e rifugiati nel Mediterraneo.
Le libertà di riunione, espressione e associazione sono state fortemente represse, soprattutto in Iran, Libia e Siria.
Le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate, come le appartenenti a minoranze religiose, etniche, sono state fortemente discriminate. Arabi ahwazi, turchi azeri, baluci, curdi e turkmeni, di entrambi i sessi, sono stati sistematicamente discriminati in Iran nell’accesso all’istruzione, al lavoro, a un alloggio adeguato e agli incarichi politici.
In molti Paesi della regione vige ancora la pena di morte, applicata spesso dopo processi ingiusti anche per reati diversi dall’omicidio volontario, per atti protetti dal diritto internazionale, come relazioni omosessuali consensuali e “apostasia”, e per accuse inventate ad hoc contro i dissidenti. Le esecuzioni capitali sono avvenute in Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq e Palestina, nella Striscia di Gaza sotto le autorità di Hamas. In Egitto e Iraq, nel 2022 per fortuna sono state effettuate meno esecuzioni rispetto agli anni precedenti. In quasi tutti i Paesi di quest’area (Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Israele e Territori Palestinesi Occupati, Libano, Libia, Palestina, Siria e Yemen) si è fatto ricorso alla tortura, nella totale impunità, «per estorcere “confessioni” e punire i detenuti. I metodi utilizzati comprendevano percosse, scosse elettriche, esecuzioni simulate, sospensione in posizioni contorte, violenza sessuale, diniego di cure mediche e prolungati periodi di isolamento». In Iran, Libia e Arabia Saudita le leggi hanno continuato a prevedere pene corporali, tra cui amputazione, fustigazione, accecamento, lapidazione e crocefissione. Le condizioni delle carceri riportate da Amnesty International sono terribili.
La crisi climatica non è di fatto stata contrastata, nonostante la partecipazione dei Paesi dell’Area all’Accordo di Parigi. I Paesi produttori di petrolio e combustibili fossili non si sono minimamente impegnati a ridurne la produzione, anzi gli Emirati Arabi Uniti l’hanno addirittura aumentata. Molti laghi, fiumi, terre umide e foreste, sono stati persi in Iran, che ha raggiunto elevati livelli di inquinamento dell’aria e dell’acqua e subsidenza del terreno. Eventi climatici estremi si sono verificati anche in Iraq.

Tanta è ancora la strada da fare in questa parte del mondo per affermare i diritti umani. Amnesty International non smetterà di raccontarceli. A noi il compito di diffonderne la conoscenza.
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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la maiuscola. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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