Le direttrici d’orchestra nel mondo 

Le direttrici d’orchestra nel mondo. Una galleria di ritratti da Marin Alsop a Xian Zhang è un volume appena uscito in Italia, pubblicato la prima volta nel 2003 dopo un lungo lavoro condotto da Elke Mascha Blankenburg, importante ricercatrice, studiosa, direttrice d’orchestra tedesca nata nel 1943 e venuta a mancare nel 2013.

Milena Gammaitoni

Il testimone è stato raccolto degnamente dalla sociologa, prof.ssa Associata in Sociologia generale all’Università Roma Tre, dipartimento Scienze della formazione, Milena Gammaitoni, che ha finanziato la pubblicazione con un fondo dedicato a ricerche originali e che ha fatto tradurre il testo (da Valeria Meta), lo ha curato, aggiornato e ampliato, inserendo la trattazione di nuove figure e una introduzione all’opera e alla vita dell’autrice. Con lei hanno collaborato Flavia Gallo, Eliana Quattrocchi, Edmondo Grassi. In tal modo, e si deve dare atto al merito della casa editrice Zecchini, il libro appare oggi più ricco e più denso, visto che contiene in ordine alfabetico ben 60 biografie dettagliate, a cui si aggiungono biografie sintetiche di altre 35 direttrici d’orchestra di tutto il mondo. I numeri ci fanno già comprendere che il fenomeno parte da lontano, è diffuso ovunque, non è poi così nuovo e ristretto come si potrebbe credere e come talvolta viene presentato, contando sulla generale disinformazione e sugli stereotipi di genere. Nel n.117 di questa rivista avevamo affrontato l’argomento in relazione alle musiciste che si dedicano a strumenti ritenuti (almeno fino a poco tempo fa) meno adatti alle donne, dal trombone alle percussioni, arrivando alle formidabili “fischiatrici” come Elena Somarè che sfidano ogni pregiudizio legato all’atteggiamento della bocca e del volto, giudicato piuttosto volgare e ben poco aggraziato.

Oksana Lyniv

Avevamo apprezzato una messa in scena romana di Turandot ricca di primati femminili, a cominciare dalla direttrice ucraina Oksana Lyniv (Vv n.164) di cui si parla diffusamente anche nel libro; il tema dunque ci sta particolarmente a cuore. Lo dimostra pure il fatto che la nuova edizione di Calendaria per l’anno prossimo sarà dedicata proprio alle donne che hanno praticato nei secoli la musica in ogni sua forma, quindi largo alle direttrici, ma anche a compositrici, a musiciste attive nel blues e nel jazz, a interpreti significative del rock e del repertorio popolare e folk. Il recente film Tár per la regia di Todd Field ha focalizzato interesse e curiosità su una immaginaria direttrice d’orchestra, ma privilegiando aspetti estremi e poco veritieri che hanno alimentato polemiche, e puntando al successo di pubblico e al divismo della protagonista più che a una seria riflessione sul difficile “mestiere”, se declinato appunto al femminile. 

Legato alla tematica in questione, come evidente, è quello delle compositrici; fa piacere allora sapere che sono stati da poco pubblicati otto cd dal titolo complessivo Compositrices, con l’etichetta Bru Zane, frutto di una attenta opera di ricerca, promozione e diffusione, a cominciare dalla musica romantica francese, indagando nell’universo di donne assai dotate costrette spesso a nascondersi sotto pseudonimi maschili: da Mario Foscarina (Marie-Foscarine Damaschino) a N. Lago (Laura Netzel), da Frederick Palmer (Emma Hartmann) a Charles Sohy (Charlotte Durey). «Oggi è possibile rintracciare e definire un numero approssimativo delle tante vite e opere di compositrici, che furono anche direttrici d’orchestra: nel New Grove of Music se ne contano 900, presso Oxford Library 1.500, la Fondazione ‘‘Donne e Musica’’ registrava, fino al 2018, 27.000 presenze tra compositrici, interpreti, pedagoghe, musicologhe attive in 108 paesi e 84 associazioni. Presenze dimenticate nei conservatori e nella storia della musica, nel sapere formalizzato e istituzionalizzato» (Gammaitoni, pag.1 dell’Introduzione).

Ma veniamo al libro e cerchiamo di fornire qualche informazione in più sull’autrice che, non è un caso, è stata in primo luogo una appassionata studiosa e valorizzatrice di compositrici. Le ha scoperte, le ha fatte conoscere, ha realizzato un vero e proprio archivio, ne ha diretto le musiche e nel 1989 ha fondato una biblioteca interamente dedicata a loro. Significativo il premio ricevuto, l’Ordine al merito della Repubblica Federale Tedesca, per aver promosso la diffusione delle opere per coro e orchestra di Fanny Mendelsshon (1805-47). 

Il disco delle musiche di Marianna Martinez

Un’altra sua scoperta è stata la viennese Marianna Martinez (1744-1812) che fu pure cantante e pianista. Per questi e molti altri importanti traguardi raggiunti, fra cui la fondazione dell’orchestra intitolata a Clara Schumann e dell’Accademia europea Francesca Caccini, Elke Mascha Blankenburg ha ottenuto il premio Ischia alla carriera nel 2009. Milena Gammaitoni ne parla nel dettaglio nella Premessa ricordando non solo i meriti professionali di Elke, ma anche il loro rapporto umano, la bella intesa nata nel 2000 grazie a una intervista, il sodalizio che si venne a creare visto che la musicista amava molto l’Italia, vi soggiornava spesso, proprio qui aveva lavorato al suo volume con infinita dedizione. Era dunque divenuta una «preziosa, saggia amica, una co-madre» che con generosità le lasciò i diritti su questa opera, con la certezza che sarebbe stata tradotta in italiano. 

Di grande interesse per le informazioni fornite l’Introduzione della curatrice italiana che riporta una serie di dati, purtroppo assai sconfortanti, sull’assenza di musiche di compositrici nelle sale e nei teatri del nostro Paese: in 1768 concerti, 30 brani scritti da donne. E ancora: nel mondo, nel 2020, su un totale di 778 orchestre sinfoniche stabili, solo 46 avevano direttrici. Altra nota dolente, evidenziata varie volte da Blankenburg, le più apprezzate sono giovani e belle; dopo i 55 anni si vedono sempre più raramente sul podio. Veramente triste quando il critico musicale di turno preferisce soffermarsi sull’abbigliamento, sui tacchi a spillo o sull’acconciatura dei capelli, piuttosto che sulla professionalità. Oltre a questo Gammaitoni fa pure una utile storia del rapporto fra le donne e l’apprendimento della musica, di uno strumento, o della vera e propria composizione, partendo dal dilettantismo favorito da famiglie benestanti in cui spesso almeno un membro era già musicista più o meno affermato. Ma ciò accadeva in tempi relativamente vicini a noi, al contrario nell’antichità sia orientale che occidentale si hanno prove certe di suonatrici di talento, coriste, danzatrici, direttrici di piccoli gruppi musicali, talvolta interamente femminili. Pure nel Medioevo e nel Rinascimento, nei conventi e nelle corti, sono apprezzate le clavicembaliste, le direttrici di cori e canti religiosi, le compositrici che fanno conoscere le proprie creazioni. Intorno al 1850 avvenne la divisione delle due professioni, da un lato chi dirige, dall’altro chi compone, separando in tal modo anche i due sessi. Eppure, affermava Nadia Boulanger: «Quando mi alzo per dirigere non penso se sono un uomo o una donna. Faccio il mio lavoro». In queste pagine ricche di esempi, statistiche, citazioni, si fa riferimento all’attività condotta da Toponomastica femminile, di cui Gammaitoni è assidua collaboratriceper promuovere intitolazioni stradali a donne di valore, musiciste comprese, e per far conoscere, fra le varie professioni, quelle legate alla musica e alle arti, grazie a una mostra itinerante di pannelli appositamente realizzati.

Livorno. Parco Irene Morpurgo

Una curiosità è costituita dal fatto che solo Livorno ha due aree verdi dedicate a direttrici d’orchestra: Irene Morpurgo e Palmira Orso, entrambe nate in città, attive fra Ottocento e primi del Novecento; altrove, per esempio a Roma, le rare compositrici sono relegate in periferia o nel bel mezzo di giardini e parchi. Grazie alle informazioni fornite e a passi tratti da lunghe interviste, si ha poi un preciso quadro della personalità dell’autrice e del suo ricco curriculum professionale, ma anche dei difficili inizi, degli ostacoli superati solo con lo studio e la tenacia, dei tormentati rapporti con colleghi e “maestri” ipercritici e diffidenti verso le donne. 

Altrettanto interessante e accurata l’Introduzione al volume di Blankenburg che prepara la strada ai capitoli che seguono, parlando delle proprie dirette esperienze e conoscenze, riflettendo sul maschilismo imperante nel suo campo, con alcune eccezioni (Bernstein, Markevitch), spiegando lo scopo che si è prefissa con questa ampia e lunga ricerca: far conoscere tanti nomi e tante vite dedite alla musica, ma soprattutto contribuire a modificare la mentalità, degli uomini come delle donne, vincere resistenze e pregiudizi, far comprendere alle giovani le loro potenzialità. Bellissima e paradossale la frase seguente, che chiude questa parte del libro: «Quando chiesero al figlioletto di Gisele Ben-Dor dopo un suo concerto se volesse diventare anche lui direttore d’orchestra, rispose: “No, è un lavoro da ragazze!”».

Scegliere fra 95 professioniste di straordinario valore, esemplari per ciò che rappresentano, non è facile; sarà ben più appassionante per lettrici e lettori scoprire in autonomia questo universo ed entrare nell’infinita varietà dei singoli repertori che spaziano dalla sinfonica all’opera lirica, alla musica da camera, e di carriere ricche di esperienze comprendenti corsi di perfezionamento, docenze, registrazioni, attività di informazione e sensibilizzazione delle giovani generazioni. Mi limiterò dunque ad accennare a vari casi emblematici, partendo in ordine alfabetico dalla celeberrima americana Marin Alsop (1956) che apre la rassegna e rappresenta perfettamente il prototipo della “predestinata”, assecondata dai genitori, entrambi musicisti affermati. Molto affascinante il fatto che si sia occupata non solo di musica “classica”, ma anche di jazz, fondando un proprio gruppo con cui continua a esibirsi parallelamente alla prestigiosa carriera di direttrice e al suono del violino. Risulta evidente che buona parte di queste musiciste sono state motivate in famiglia, da genitori e parenti appassionati, talvolta dilettanti, che si sono avvicinate a teatri e sale da concerto fino da piccole, di solito suonando uno strumento o cantando in un coro, e per lo più hanno cercato di mantenere ben separata la sfera privata dalla professione: pensiamo ad esempio all’israeliana Dalia Atlas (1933) che a 22 anni aveva già tre figli e che trovò la sua prima occasione per emergere grazie a una borsa di studio a Siena. Non si può tacere della pioniera Josephine Weinlich (1848-97), prima europea sul podio di un gruppo tutto femminile, dell’olandese Antonia Brico (1902-89), ancora attiva a 73 anni, né di Nadia Boulanger (1887-1979) che ha dominato la scena musicale per un sessantennio, debuttando nel lontano 1912, e che amava definirsi così: «Preferisco pensarmi in quest’ordine: 1.musicista, 2.insegnante, 3.direttrice e 4.donna». La svizzera Sylvia Caduff (1937) ebbe la fortuna di incontrare sul suo percorso artistico Von Karajan, di cui divenne assistente, finché nel 1978 avvenne il clamoroso evento, quando il 15 ottobre diresse la Filarmonica di Berlino, in cui all’epoca non suonava nessuna orchestrale.

Barbara Hannigan

Che dire poi di Barbara Hannigan? «Artista a tutto tondo, Barbara Hannigan ‘‘è una, è doppia, è trina, è quadrupla’’ (A. Mancinelli): che si tratti di cantare, dirigere, ballare, recitare, fare acrobazie con il corpo e con la voce, il soprano canadese appare come fonte inesauribile di fascino e rappresenta un mondo infinito in cui piacevolmente perdersi, da cui è impossibile non restare estasiati. Rimane solo da chiedersi: c’è qualcosa che Barbara Hannigan non sia in grado di fare con autentica professionalità e profonda grazia?» (p.153). Fra le italiane vengono segnalate Gabriella Carli, Nicoletta Conti, Valentina Peleggi, appena quarantenne, prima italiana ad accedere al programma di direzione d’orchestra della Royal Academy of Music di Londra, dove si è diplomata con lode, ed Elena Sartori, pure pianista e clavicembalista, che conosciamo meglio grazie a una bella intervista di Gammaitoni.

Speranza Scappucci

Lo stesso accade con Speranza Scappucci, ormai molto nota anche al pubblico televisivo di Rai3 per la trasmissione La gioia della musica, condotta da Corrado Augias, e per la recente serata in ricordo di Maria Callas; nel 2021 è stata la prima donna sul prestigioso podio del Teatro alla Scala per la messa in scena dell’opera di Bellini I Capuleti e i Montecchi, ma da tempo assume ruoli di primo piano nel panorama musicale internazionale in cui esordì come pianista. Il 1° giugno scorso ha avuto l’onore, e ulteriore primato, di dirigere l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai davanti al presidente Mattarella, alle massime autorità e al corpo diplomatico per celebrare la Festa della Repubblica. 

Gianna Fratta

Altra presenza significativa: Gianna Fratta, nel maggio del 2021 nominata Direttrice artistica dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, divenendo l’unica donna alla direzione di una delle quattordici Istituzioni concertistico-sinfoniche italiane. A proposito di corretto uso della lingua di genere (tematica che ci preme evidenziare in ogni occasione) va ricordato che, sul Venerdì di Repubblica, il 15 aprile 2022 compariva un breve articolo a commento del suo invito al Quirinale in occasione dell’8 marzo in cui era stata indicata come: “cavaliere e maestro“; sul momento non aveva replicato, ma poi ha deciso di non lasciar perdere e ha pubblicato su Facebook un post dal titolo Caro presidente, dovevo dirle una piccola cosa e invece non l’ho fatto. Nella lettera chiede giustamente che vada trovato un modo idoneo per invitare una donna già titolata come lei oppure per assegnarle una onorificenza: che si dica Dama del Lavoro o Cavaliera poco importa, l’essenziale è declinare correttamente al femminile e ciò significa «rendere il mondo un tantino meno imperfetto». Brava Gianna, ci sentiamo di esclamare con convinzione. 

L’orchestra Zohra

Oltre a tante direttrici europee, americane, asiatiche, una presenza spicca per il Paese di provenienza: l’Afghanistan; la giovanissima Negin Khpalwak (1997) è la guida di un’orchestra tutta femminile da lei fondata, chiamata Zohra (la dea persiana della musica), che suona strumenti e musiche sia tradizionali che occidentali. Le vicende che l’hanno coinvolta si possono immaginare e le difficoltà per affermarsi sono state ben più che pregiudizi e stereotipi, specie dopo le alterne prese di potere dei talebani. Basti sapere che durante un suo concerto un kamikaze si è fatto esplodere per protesta. Solo il padre le è sempre stato accanto, mentre il resto della famiglia e l’intera società l’avevano letteralmente ripudiata e condannata, tanto che ha temuto spesso per la sua vita. Da non sottovalutare il fatto che, quando lei ha iniziato appena tredicenne, nel suo Paese non esistevano musiciste: alle donne era concesso solo il canto; praticamente ha dovuto cominciare dal nulla e coinvolgere nella scuola di musica giovani appassionate, divenute nel tempo un centinaio. Dopo un periodo negli Stati Uniti, ora vive a Lisbona. «Se io fossi rimasta a casa non avrei potuto fare musica. Ma qualcuno deve crescere e combattere per i diritti delle nuove generazioni; dobbiamo aprire noi per loro le porte del futuro. Io scelgo la musica: è la mia vita, potete anche uccidermi ma non lascerò mai la musica» (Avvenire, 2019-p.169).

Dopo queste parole, non ci resta che augurare alla coraggiosa Negin, alle sue colleghe e a tutte quelle che verranno un luminoso avvenire in cui il pubblico neppure si domandi se chi è sul podio e dirige un qualsiasi brano musicale sia un uomo o una donna; basta che sappia far bene il suo lavoro.

Elke Mascha Blankenburg
Le direttrici d’orchestra nel mondo. Una galleria di ritratti da Marin Alsop a Xian Zhang
Zecchini, Varese, 2023
pp. 328

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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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