A caccia di farfalle con Margaret Fountaine

Trinidad, 21 aprile 1940. Un monaco trova una donna anziana in fin di vita stesa a terra, per strada, con un retino di fianco. Si scoprirà presto che quel corpo appartiene a Margaret Elizabeth Fountaine, e che l’oggetto trovato vicino a lei racconta già buona parte della sua storia. Si tratta infatti di un’entomologa inglese, una lepidotterologa, illustratrice e diarista vittoriana. A dire il vero, queste categorie faticano a descrivere a fondo colei che è stata a tutti gli effetti una viaggiatrice, o piuttosto un’esploratrice, con un’instancabile curiosità e un enorme desiderio di seguire la propria passione, anche e soprattutto attraverso luoghi sconosciuti. Sarà infatti l’amore per le farfalle a metterla in cammino, a portarla sempre più lontano da Norwich, dove nasce nel 1862. Qui trascorre l’infanzia segnata dalla morte del padre, e nel 1878 inizia a scrivere un diario per non smettere più, fino alla fine dei suoi giorni. Riceve l’educazione scolastica a casa, in un contesto agiato e stimolante, immersa nella bellezza della campagna inglese. Ha dunque la possibilità di coltivare interessi e passioni, di cogliere ogni stimolo ed avvicinarsi al mondo scientifico e della storia naturale. Le prime avvisaglie del suo profondo senso di libertà si ritrovano in una pagina di diario del 1883, nella quale scrive: «[…] tra un mese avrò raggiunto i ventun anni, e allora sarò libera di scegliere la mia strada nella vita. La mia passione dominante è l’indipendenza. Sono totalmente priva di ambizione». È proprio in questo periodo della sua vita che inizia a compiere i primi viaggi, tra i quali ricordiamo quello in Svizzera: qui si avvicinerà definitivamente al mondo delle farfalle, dichiarando poi di aver ritrovato la naturalista sopita dentro di lei da anni. Aveva aspettato a lungo la scintilla che la avvicinasse a quelle ali colorate che avrebbe inseguito poi in tutto il mondo. Dopo la Svizzera è la volta dell’Italia, poi della Corsica, poi di nuovo dell’Italia, in particolare la Sicilia. Nelle prime spedizioni alla ricerca delle farfalle, la giovane esploratrice si imbatte in una dolorosa ma necessaria presa di consapevolezza: tutte le persone che studiavano o collezionavano farfalle erano allora di sesso maschile. Il mondo del collezionismo, così come quello dell’accademia e della ricerca scientifica in generale, erano composti quasi esclusivamente da uomini: le donne non erano ammesse, e spesso anzi venivano dequalificate e ignorate. La partecipazione di Margaret all’ambito scientifico è però resa possibile dalla lotta di coloro che sono venute prima di lei: nel 1912 infatti viene invitata a far parte della Linnean Society durante il Congresso Internazionale di Entomologia a Oxford. Un traguardo impensabile per molte altre studiose che l’hanno preceduta e che hanno condotto la battaglia per l’inclusione delle donne all’interno delle società scientifiche. Nonostante la difficoltà di lavorare in un ambiente prettamente maschile, la giovane donna si ritaglia il suo spazio giorno dopo giorno, passo dopo passo, scoperta dopo scoperta. Non si lascia intimorire e anzi si mischia coraggiosamente tra i colleghi, stringendo rapporti professionali solidi e duraturi. È lei stessa, sempre nei diari, a parlare di un “boom” della sua carriera da entomologa: è il 1899, è tornata da poco dall’ultimo viaggio nelle Alpi Francesi e pubblica articoli su articoli. Un altro viaggio che vale sicuramente la pena ricordare è quello in Siria e Palestina del 1901. Qui incontra Khalil Neimy, un dragomanno siriano che diventerà presto il suo compagno di vicende e di vita. Insieme andranno in Asia Minore, a Costantinopoli, e poi in America e ai Caraibi. Si innamora perdutamente di lui e spera sempre che possa seguirla nelle sue spedizioni, anche se scoprirà che l’uomo è sposato. Sono gli anni in cui realizza illustrazioni di specie mai riprodotte, descrive cicli vitali sconosciuti e classifica piante alimentari non ancora studiate. Si spinge ancora a Creta, poi di nuovo in Turchia, in Giamaica, India, Nepal e Tibet, e nelle Filippine per l’ultimo viaggio con Khalil, che morirà nel 1928. Ma prima che arrivi il doloroso momento, la coppia vive diverse avventure e sventure: la malaria in Nordafrica, il percorso della Jugoslavia in bicicletta, la caccia alle farfalle tropicali in Sudafrica. È poi la volta di Cuba e dell’Australia, di Los Angeles e del Sudamerica.

Margaret Fountaine in Virginia, USA

Lungo tutto questo arco temporale, ogni volta che torna a casa, in Inghilterra, è assillata dalle richieste di matrimonio di un uomo caldamente consigliato anche dalla madre. Ciò diventa l’emblema dei numerosi tentativi di incasellamento in ruoli prestabiliti. Il mondo in cui è nata Margaret l’avrebbe voluta fra le pareti domestiche, stabile, e possibilmente sposata con un nobiluomo. Invece il suo spirito è perfettamente incarnato dall’animale metamorfico e libero per eccellenza: la farfalla, appunto. Il desiderio di libertà, di indipendenza, quella spinta viscerale verso le cose del mondo e verso il volerle abitare tutte, una ad una, ha portato questa donna a non fermarsi mai, a restare una persona e non un ruolo che altri avevano scelto per lei. Scrive esplicitamente di non interessarsi dell’opinione altrui, di seguire solo sé stessa e le proprie passioni, a costo di scontentare le persone che ha intorno. È un tale spirito votato alla libertà a rappresentare l’eredità dell’inarrestabile viaggiatrice, oltre alla collezione di farfalle che ha voluto donare al Castle Museum di Norwich e alla cassetta con all’interno dodici volumi contenenti i diari, le fotografie e le illustrazioni. La scatola era sigillata, e l’autrice aveva chiesto espressamente che venisse aperta soltanto nel 1978, a cento anni dall’inizio della stesura dei diari. È passato molto tempo dunque prima che la sua storia diventasse anche un po’ nostra, prima che ci potessimo riconoscere in questa esistenza e trarne la forza per ogni battaglia. È a noi che parlava Margaret Fountaine quando scriveva: «Per il lettore, che potrebbe non essere ancora nato, lascio questo ricordo della vita selvaggia e intrepida di qualcuno che non è mai cresciuto e che ha molto goduto e sofferto».

In copertina: Fountaine, Neimy collection, Norwich.

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Articolo di Emilia Guarneri

Dopo il Liceo classico, si laurea in Lettere presso l’Università degli Studi di Torino. In seguito si trasferisce a Roma per seguire il corso magistrale in Gestione e valorizzazione del territorio presso La Sapienza. Collabora con alcune associazioni tra le quali Libera e Treno della Memoria, appassionandosi ai temi della cittadinanza attiva, del femminismo e dell’educazione alla parità nelle scuole.

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