Sono trascorsi quindici anni da quel 26 luglio 2008 quando ad Aggius, in provincia di Sassari, nella Gallura interna, nacque il progetto Essere è tessere.

Ne fu ideatrice, artefice e protagonista Maria Lai, la grande artista di Ulassai all’epoca quasi novantenne, che riuscì a coinvolgere la popolazione locale in quella che divenne una festa collettiva. Con partenza dal parco Alvinu, il gruppo che via via si allargava percorse le vie del grazioso borgo con l’intento di legare il passato al presente, attraverso letture, canti in lingua corso-gallurese, improvvisazioni, giochi, mentre si dipanavano intrecci di fili e le donne del luogo, durante le soste, mostravano la propria operosità e la propria fantasia lavorando sui telai, intanto che l’iniziativa si stava compiendo. Maria Lai, che è stata una creatrice instancabile, una geniale donna dalle mani magiche, non si limitò a osservare e guidare l’allegro happening, ma realizzò alcune opere poi applicate sui muri delle case e visibili a chiunque in tutta la loro originalità.

Si tratta di telai stilizzati, dai colori brillanti, in cui i fili di lana sono sostituiti, per durare nel tempo e all’aperto, da fili metallici, legandosi al tema della giornata e alla manualità femminile. Un esempio simile, ma realizzato con quei cartigli che hanno reso celebre Lai e che hanno lo scopo primario di “tessere memorie”, si trova all’interno del bel museo etnografico Meoc, dedicato a Oliva Carta Cannas, grazie alla donazione di alcune abitazioni e del terreno dagli eredi della donna, a sua volta abile tessitrice.

L’opera fu allestita da Lai due anni prima, nel 2006, quando venne organizzata una mostra dei suoi lavori dal titolo, ancora in tema, I fili ed altre storie; basta entrare nel museo per capire il senso del messaggio: vi sono esposti infatti dei magnifici manufatti creati nel passato da mani sconosciute che dimostrano quanta creatività, quanta abilità, quanta pazienza sia necessaria per applicarsi al telaio. La tessitura è un’arte antica, tipicamente femminile, che tradizionalmente sia in Sardegna sia in molte parti d’Italia le donne praticavano nelle proprie abitazioni dove realizzavano i corredi composti da lenzuola, tende, tovaglie, coperte con filati di canapa, cotone, lino. Ma le più esperte si dedicavano anche alla creazione di splendidi arazzi di lana, tappeti, cuscini, vere forme d’arte da cui emergono simboli tramandati di madre in figlia, di generazione in generazione. Ecco dunque le spighe di grano porta fortuna, la tipica pavoncella, gli animali da cortile e quelli selvatici, i fiori stilizzati, l’uomo e la donna in abiti da festa che sembrano pronti per il “ballo tondo”. I colori possono variare secondo il gusto della lavorante e secondo lo scopo, saranno vivaci e ricchi di contrasti per un arazzo da appendere al muro, ad esempio, ma saranno tenui e sfumati per una coperta, addirittura monocromatici, bianco o ecru, per cui il disegno emerge solo perché rilevato, composto da minuscoli pallini detti “pipiones”, tinta su tinta.
Visitando il Meoc, dove si trovano grandi telai che difficilmente potrebbero essere collocati in una casa di oggi, può capitare di vedere qualche signora del luogo che lavora, disponibile a rispondere alle persone curiose e impegnata nel tramandare la sua sapienza, grazie a corsi appositi aperti alle ragazze che vogliono continuare questa arte bellissima e nobile.

Ne abbiamo parlato anche a proposito della replica a grandezza naturale di alcuni dettagli di Guernica di Picasso, in occasione della mostra Genesi di un capolavoro al Museo Man di Nuoro (Vv n.202); le mani abili delle tessitrici della Barbagia realizzarono con lana di pecora sarda e telai verticali i soggetti più significativi del capolavoro del Maestro, seguendo un progetto ambizioso dello Studio Pratha con la direttrice creativa Graziella Carta e la designer Laura Lai.

Parlare di Maria Lai vuol dire parlare di un “monumento”, di una piccola grande donna dotata di una fantasia illimitata, una “fata operosa” che la critica senza eccezioni ritiene la più grande artista sarda del XX secolo. Era nata nel 1919 a Ulassai, in provincia di Nuoro, ed è morta a Cardedu, località non lontana, nel 2013, dopo aver vissuto una esistenza ricca di soddisfazioni, ma anche di lutti e ostacoli professionali. Studiò in modo piuttosto irregolare, finché a Roma frequentò il Liceo artistico e a Venezia l’Accademia, rimanendovi fino alla fine della guerra. Rientrata in Sardegna ebbe difficoltà ad affermarsi essendo uno spirito libero, una creatrice non allineata, una persona non catalogabile. Di nuovo a Roma ebbe il sostegno dello scrittore sardo Giuseppe Dessì che le divenne amico. Dall’arte in forma poetica degli anni Sessanta passò alla cosiddetta Arte povera con gli affascinanti “libri cuciti” e promosse eventi e istallazioni legate alle tradizioni della sua terra, utilizzando ricami, telai, fili, carta, simboli.

Si arriva dunque a un giorno speciale: l’8 settembre 1981, quando realizzò un’impresa che non è esagerato definire eccezionale. Dopo lunghe trattative e discussioni, riuscì a coinvolgere quasi per intero, con poche defezioni, la popolazione del suo paese natale in quella che è stata ritenuta la prima creazione al mondo di “arte relazionale” intitolata Legarsi alla montagna. Un progetto meraviglioso, incredibile che richiese giorni e giorni di studio e preparazione; pensate che furono utilizzati 27 km di stoffa celeste per legare fra di loro le persone presenti e alcuni pani decorati e augurali della tradizione sarda (“su pani pintau”) per veicolare un messaggio di vita, di pace, di amore, mentre l’8 settembre si sa cosa significa per il nostro popolo e per la storia del XX secolo. Una estremità della striscia di stoffa fu portata sul monte Gedili che sovrasta il paese, concludendo così il percorso e realizzando un magico cerchio di memoria condivisa con il sottofondo musicale del flauto di Angelo Persichelli.

Da allora Maria Lai fu sempre più nota e cominciò a partecipare a mostre ed eventi in tutto il mondo, compresa la Biennale di Venezia; arrivò la Laurea honoris causa nel 2004; fece amicizia e attuò progetti con Costantino Nivola, Bruno Munari, Dario Fo, lo stilista Antonio Marras, la cantante Marisa Sannia e la gallerista Angela Galletti Migliavacca. Negli ultimi anni di vita, sempre attiva e vivace, ha portato a compimento un altro sogno: nella rimessa della ex stazione ferroviaria di Ulassai ha fatto nascere il Museo d’arte contemporanea che contiene 140 sue opere e rimane la più ampia e varia testimonianza del suo personalissimo percorso artistico. Il suo nome ormai ha varcato i confini e gli oceani; è molto amata e apprezzata negli Usa e i suoi lavori sono ospitati dalle più importanti istituzioni museali, da Matera a New York, da Parigi e Roma, da Rovereto a Firenze. Proprio in questo periodo una mostra è in corso a Palma di Maiorca, presso il Museo Es Baluard, il prossimo anno un’altra è prevista nel prestigioso Museo Reina Sofia di Madrid, dove ― guarda caso ― ha la sua dimora stabile il grandioso Guernica. Così l’opera della minuta donna sarda sarà fianco a fianco con i capolavori di Picasso, chissà come sorriderà dolcissima dall’alto dei monti della sua isola.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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