Donne e motori ancora gioie e dolori 

Non esiste alcun documento, alcun accordo che sancisce il divieto per le donne di prender parte a una gara di Formula 1. Probabilmente non esiste alcuno sport dal quale le donne siano state completamente estromesse. Un po’ come è accaduto in passato per le donne in politica – le quali hanno faticato e non poco per essere considerate eleggibili – anche in questo caso il problema non risiede nell’esistenza di un documento che stabilisce l’impossibilità per le donne di prendere parte a una gara di Formula 1. Il vero problema consiste nella mancanza di volontà da parte delle scuderie di ingaggiare le donne in qualità di pilota e non solo. 

Nel recente passato è accaduto che alcune donne varcassero la soglia di un box di Formula 1: è accaduto per Claire Williams, vicepresidente e vice team principal della scuderia Williams; per Susie Stoddart Wolff collaudatrice e test driver ancora una volta per la scuderia Williams, ed infine per Carmen Jordá, collaudatrice per ben due squadre, Lotus e, successivamente, Renault. 
Indubbiamente le donne non sono mancante in questo ambiente, ma ciò che fa riflettere è la posizione da esse ricoperta: mai realmente dominante.  

Dal 2019 a oggi sembrerebbe essersi aperto uno spiraglio. E questo ha un nome: W-Series, un campionato monomarca che si pone l’obiettivo principale di incoraggiare la partecipazione femminile al mondo delle corse automobilistiche. 
L’idea di una categoria motoristica riservata alle sole donne si è sviluppata per la prima volta nel 2018, e già nel 2019 è stata organizzata una prima stagione sperimentale. La serie, inizialmente, comprendeva diciotto pilote provenienti da tutto il mondo, più due di riserva. Le atlete che hanno partecipato alla prima stagione sono state scelte attraverso un processo di selezione che ha avuto inizio con 54 partecipanti. Dalla seconda edizione le prime dieci della classifica finale della stagione precedente hanno avuto accesso automatico all’edizione successiva. 
Il principio che ha supportato la nascita di questa categoria consisteva nel privilegiare il talento piuttosto che gli aspetti tecnici: per questo motivo la prima stagione è stata caratterizzata dal sorteggio settimanale delle auto che le pilote avrebbero dovuto utilizzare per il finesettimana di gara. 

Il team di pilote

Dopo lo stop del 2020, causato dalla pandemia da Covid-19, dal 2021 la W-Series ha, in parte, rinunciato alla sua vocazione incentrata sulla scoperta di giovani ragazze talentuose che potenzialmente sarebbero potute arrivare fino alla Formula 1, e si è strutturata come gli altri campionati del motorsport, con l’arrivo di alcuni team privati. 
Nel 2022 si è verificata la grande svolta per la categoria, che, per la prima volta, ha goduto della meritata visibilità, con tanto di pubblico in pista e davanti alla tv di casa. Tutto ciò non è stato sufficiente, però, a placare le critiche circa il problema della ghettizzazione delle donne in uno sport dove, almeno in teoria, esiste già la possibilità di competere alla pari con i colleghi di sesso maschile. 

Come molti dei fenomeni che potrebbero condurre a un avanzamento culturale e sociale, anche in questo caso il tutto si è complicato: dal 2022 la categoria è entrata in crisi a causa della mancanza di fondi e sponsor a supporto, al punto che il campionato dello scorso anno è stato interrotto bruscamente a sole due gare dalla fine, dopo solo sette disputate. Ma il fondo è stato toccato proprio nel 2023. Il campionato non è stato rinnovato per altre stagioni, e al momento tutto sembra essersi fermato all’ottobre del 2022, quando la cancellazione delle ultime due gare della stagione appariva una sospensione momentanea, senza ripercussioni sul futuro. Attualmente non si hanno più notizie, non sappiamo se il campionato, in futuro, possa riprendere, né tantomeno se, data la conclusione avutasi, sia meglio accantonare l’idea di un campionato interamente femminile e lavorare affinché le donne vengano incluse nei campionati maschili, garantendo una sorta di quota rosa. 

C’è però da segnalare che alcune scuderie in Formula 1 sono coscienti del cambiamento in atto e sembra stiano compiendo i primi passi in direzione di una graduale integrazione. Ad esempio, la scuderia Alpine ha avviato un progetto che mira a includere una ragazza di talento nella propria Academy, con la finalità di accompagnarla fino al debutto in Formula 1 dopo un attento programma di crescita. Secondo la casa francese tale processo non si tradurrà, tuttavia, in un esordio immediato, che richiederà invece un percorso lungo tra gli otto e i dieci anni. Dunque, si tratta di un qualcosa a cui non potremmo assistere in tempi brevi, ma sembrerebbe alimentare la speranza di vedere finalmente una donna alla guida di una monoposto in Formula 1.  

Nel frattempo, l’Alpine sta puntando, anche, a una maggior inclusione della forza lavoro femminile nel proprio team, soprattutto dopo aver constatato che solo il 12% delle donne è attualmente presente in vari impieghi all’interno della scuderia. Anche il sette volte campione del mondo di Formula 1 Lewis Hamilton si è espresso a favore della W-Series, affermando fermamente la necessità di fare molto di più per le giovani ragazze che si avvicinano a questo sport, sottolineando la mancanza di una progressione reale di carriera, che potrebbe condurre le atlete ad approdare in campionati maggiori e dunque più noti. Ad oggi è l’unico pilota di massima categoria ad aver mostrato interesse per questo mondo, ma come visto, questo non è ancora abbastanza. La prospettiva di un avanzamento di categoria, invece, è del tutto naturale nei campionati maschili associati alla Formula 1 – come la Formula 2 e 3 – dai quali le scuderie pescano ogni anno sempre nuovi talenti. 

Date le condizioni attuali, la prospettiva non è di certo rosea: questo campionato femminile, nato con lo scopo di consentire ai giovani talenti femminili di emergere in uno sport da sempre maschile, sembra aver ghettizzato le atlete, le quali, nonostante abbiano avuto finalmente la possibilità di praticare il proprio sport, non sembrano poter costruire a partire da qui il proprio futuro. La creazione di un campionato automobilistico interamente femminile, difatti, ha destato molteplici critiche. Molti commentatori e commentatrici ritengono che possa essere considerato una sorta di contentino, affinché la propaganda femminista non facesse più sentire la propria voce in questo campo. Altre/i pensano che si tratti di una vera e propria ghettizzazione a cui sono state sottoposte per l’ennesima volta le donne. 

Se da un lato la maggior parte degli sport agonistici esistenti prevede una distinzione in categorie basata sulla divisione di genere, d’altro lato l’impegno fisico richiesto per affrontare uno sport automobilistico non produrrebbe delle differenze in termini di risultati. Mentre in sport principalmente fisici, come il nuoto o la corsa, la differenza di prestazione tra uomo e donna è facilmente osservabile (basterebbe assistere a una staffetta mista per comprenderlo), questo non si verificherebbe in Formula 1, in quanto, una volta saliti in auto, l’unica differenza la può fare il talento della persona posta alla guida. 

Dato il clima e l’interesse mostrati negli ultimi tempi, probabilmente si tratta semplicemente di attendere che la prima donna varchi il confine di un box automobilistico di Formula 1 perché tante altre possano seguirla a ruota. Ciò che possiamo augurarci è che questo accada il prima possibile. 

***

Articolo di Gladys Romano

Consegue la laurea triennale in Culture digitali e della comunicazione in analisi del linguaggio politico, presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”, a un passo dalla laurea magistrale in Media, comunicazione digitale e giornalismo in comunicazione politica, presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Attualmente impegnata nel sognare un futuro migliore.

Lascia un commento