Il tango tra eteronormatività e queer

Il tango è un ballo nato nel XIX secolo nella regione del Río de la Plata, tra Argentina e Uruguay, e da lì si è poi diffuso in tutto il mondo. È un ballo di coppia basato sull’improvvisazione e, sebbene oggi sia considerato una danza elegante e sensuale, ha un’origine popolare e postribolare. Il tango infatti, come ballo e come musica, prende avvio dai sobborghi di città come Buenos Aires e Montevideo, nelle zone marginali associate a delinquenza, malavita e prostituzione, abitate dai settori popolari e da migranti.

Ballerine e ballerini di tango

Inizialmente considerato lascivo dalle classi medie e alte, nel 1910 il tango approda a Parigi e da lì diventa un ballo di moda nei grandi saloni delle più importanti capitali europee; è proprio qui, nei salotti europei, ma anche grazie all’industria di Hollywood (si pensi ai film con Rodolfo Valentino o Carlos Gardel), che il tango comincia a “ripulirsi”, a farsi più decente per essere accettato dalle classi medio-alte: le sue coreografie vengono ripulite e, soprattutto, si stabiliscono dei codici da rispettare nelle milonghe, ovvero i luoghi in cui si balla il tango.
Innanzitutto vengono definiti e circoscritti il ruolo maschile e il ruolo femminile: il tango infatti diventa veramente popolare a partire dagli anni ’40 del Novecento, un momento in cui le relazioni di genere erano decisamente poco paritarie. I ruoli si rifanno al pensiero binario che stabilisce una diretta relazione tra sesso biologico, genere e orientamento sessuale, per cui il maschile veniva visto come attivo, energico, dinamico, mentre il femminile come passivo, recettivo, domestico. E in un ballo di coppia come il tango i ruoli sono due: una persona conduce e un’altra segue: all’epoca era sentito come “naturale” che fosse l’uomo a condurre il ballo e la donna a seguire. A tutt’oggi nelle milonghe più tradizionali le donne siedono da un lato della sala, gli uomini dall’altro, e sono questi ultimi che si avvicinano per invitare a ballare. Le donne quindi esercitano la mirada, ovvero un gioco di sguardi per catturare l’attenzione di un possibile partner che le inviti a ballare; gli uomini si propongono con il cabeceo, un movimento della testa a mo’ di invito che la donna può rifiutare o accettare.

Cartolina del 1920

Il tango quindi, nella sua versione più convenzionale, comincia ad assumere una componente sessista ed eteronormativa perché parte dalla premessa che la coppia è naturalmente etero e la posizione nel ballo è definita dal genere. Inoltre, conducendo, l’uomo cammina in avanti e ha più possibilità espressive e di decisione, mentre le donne, seguendo, camminano all’indietro e al massimo possono limitarsi a proporre qualche adorno. Chi conduce, infatti, possiede una maggiore quantità di informazioni riguardo i passi e i movimenti, mentre a chi segue viene detto fin dal principio di lasciarsi portare, secondo un’idea per cui il piacere della danza aumenterebbe quando c’è più decisione da parte di chi conduce e meno resistenza da parte di chi segue. Il risultato di questa dinamica è che una donna, senza un uomo che la guidi, non può dare un solo passo. Certo, sarebbe sbagliato classificare il tango come danza sessista e machista solo perché le regole e i codici sono quello che sono e vengono accettati per tradizione, gusto personale o comodità (spesso dalle donne stesse). Il tango non è machista, ma la società sì che lo è. Questo panorama nelle milonghe, infatti, sta cambiando di pari passo con la società. Dai primi anni del duemila il tango sta vivendo un periodo di rivitalizzazione e trasformazione con nuove proposte che rompono con i vecchi schemi: tra queste, risaltano le iniziative legate al tango queer, flessibili e aperte alle differenze e che riflettono i cambiamenti culturali legati a una maggiore visibilità delle minoranze sessuali. Tutto questo è avvenuto in corrispondenza con le prime leggi sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso nei principali paesi europei.

Sala da ballo, milonga

A livello di tecnica il tango queer non ha niente di diverso dal tradizionale tango argentino, la differenza emerge, invece, nella proposta di rifiutare i codici eteronormativi proponendo lo scambio di ruoli. Ogni persona può decidere con chi ballare e in che ruolo ballare ed è molto frequente vedere coppie composte da persone dello stesso sesso. La scelta del ruolo, condurre o seguire, non è assolutamente legata al genere e spesso i ruoli si invertono nel corso di un singolo ballo.
Il termine queer significa “strano”, “bizzarro”, ed era un aggettivo dispregiativo usato nel XIX secolo nei confronti delle persone omosessuali che, in seguito, si sono riappropriate di questo termine, l’hanno sovvertito e risignificato per rivendicare con orgoglio la propria identità.
È interessante però notare che il tango, nelle sue origini malfamate, era inizialmente ballato tra soli uomini. Alla fine dell’Ottocento, infatti, molti uomini approdavano nei porti del Río de la Plata: scappavano da guerre e situazioni economiche difficoltose, senza le loro famiglie, attratti dalle politiche agricole del governo argentino. Le società dove nasce il tango, prima come stile musicale e poi come ballo, erano composte da migranti e gruppi socialmente discriminati e prevalentemente maschili, infatti nel periodo delle prime migrazioni gli uomini rappresentavano il 70% della popolazione. Il ballo era una via di fuga dalle ristrettezze della realtà materiale, e ballare con persone dello stesso sesso era l’unica opzione: da un lato per mancanza di donne, dall’altro anche per questioni legate al moralismo dell’epoca che non vedeva di buon’occhio che uomini e donne ballassero insieme il tango, all’epoca considerato eccessivamente licenzioso e indecente.

Uomini che ballano il tango

Nel contesto del tango, però, il termine queer non designa solamente la comunità Lgbtq+, propone invece uno spazio dove esplorare le diverse forme di comunicazione della danza, senza che il ruolo sia legato al sesso di chi balla. La proposta del tango queer è abbandonare tutti quegli aspetti eteronormativi del tango per indagare il maschile e il femminile, scoprire nuove sfumature e ripensare criticamente i modelli stereotipati e predefiniti. Le milonghe queer si configurano come spazi di decostruzione, socializzazione e comunicazione tra chi balla. In questo modo le persone, indipendentemente dalla propria identità di genere, orientamento sessuale o espressione di genere possono esplorare sé stesse in totale libertà e trascendere le norme sociali legate al genere. Nelle milonghe queer si esplora la differenza mediante la proposta di transitare i diversi ruoli indipendentemente dal proprio genere. Non si parla di “ballare da donna” o “ballare da uomo”, bensì si utilizzano termini come “leader” e “follower” o espressioni del tipo “chi guida” e “chi segue”; si studiano entrambi i ruoli, il che presuppone un processo di re-apprendimento che comporta incorporare nuovi passi e nuove prospettive. Il cambio di posizione genera, infatti, un cambio di prospettiva di tutto l’universo simbolico associato ai due ruoli. Il tango queer si configura quindi come una forma di resistenza e attivismo concreto e tangibile di lotta contro le intolleranze, gli stereotipi e i pregiudizi legati al genere.

Nel suo percorso il tango è passato dall’essere un ballo marginale, immorale e osceno che suscitava censura e interdizione a essere un ballo eteronormativo. Oggi la società sta cambiando ulteriormente e la danza rispecchia questi cambiamenti: si può dire che il tango queer ha dato nuova vita al tango argentino, rivitalizzandolo dal suo conservatorismo e creando uno spazio di liberazione ed esplorazione.

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Articolo di Costanza Pelosio

Ex insegnante in materie umanistiche, vivo tra Roma e Buenos Aires, mi dedico a tradurre, correggere bozze e a decostruire il tango. Mi interessano le questioni di genere, la lettura, il giardinaggio e gli scacchi.

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