Elizabeth Blackburn. Nobel per la Medicina

Le viene assegnato il Nobel per la medicina nel 2009, condiviso con il collega Jack W. Szostak e la sua allieva Carol W Greider, per la scoperta dei telomeri, una sequenza di Dna posta all’estremità del cromosoma che evita la disintegrazione del materiale genetico durante la divisione cellulare, e dell’enzima telomerasi, che produce il Dna contenuto nei telomeri.

Elizabeth Blackburn nasce a Hobart, in Tasmania, Australia, seconda di sette fratelli. La scienza e la ricerca hanno un’impronta profonda nella sua famiglia: figlia di due dottori, nipote di geologi e di collezionisti di insetti, Blackburn è fin da piccola a stretto contatto con il mondo scientifico. Poco prima di iniziare l’asilo, si trasferisce con la famiglia a Lauceston, nella parte nord della Tasmania. Approfittando del grande giardino della nuova casa i genitori ne assecondano la passione per gli animali e la natura: la bambina è costantemente circondata da girini, pappagalli e canarini, pesci rossi, galline e galli, coniglie e cavie, fino ai più classici cani e gatti. L’amore per la fauna e la lettura di testi scientifici semplificati per la gioventù la convincono a dedicarsi alla biologia e alla scienza. Frequenta scuole esclusivamente femminili, dove le materie scientifiche non fanno parte del curriculum; una mancanza che da studente provvede a recuperare seguendo lezioni serali di fisica in una vicina scuola pubblica. Poco prima della fine del liceo, la famiglia Blackburn si trasferisce a Melbourne, una delle più grandi città dell’Australia. Terminati gli studi, Elizabeth si immatricola nella locale università, iscrivendosi al corso di biologia, dove si appassiona soprattutto al lavoro di laboratorio.

Ottiene la laurea in Biochimica nel 1970 e finisce la specialistica nel 1972. Incoraggiata dai suoi docenti, decide di proseguire il dottorato al Darwin College di Cambridge, in Inghilterra, studiando i metodi di sequenziamento del Dna. Si sposa nel 1975 col collega John Sedat e nello stesso anno si trasferisce a Yale, dove prosegue gli studi post-dottorato fino al 1977. Nel 1978 viene chiamata a Berkeley, in California, come professoressa associata. Collabora con Jack W. Szostak e la sua allieva Carol W. Greider per studiare il ciclo biologico delle cellule e la duplicazione del Dna nel momento della mitosi, la divisione cellulare. Quando una cellula ha ottenuto abbastanza sostanze nutritive ed è pronta a replicare il proprio Dna, i cromosomi si separano e si spostano alla sua estremità. Una volta avvenuta la scissione, le due cellule figlie appena create conterranno lo stesso patrimonio genetico della cellula madre. Questo processo è fondamentale per la nostra sopravvivenza: è ciò che permette ad un ovulo fecondato di diventare un essere umano, o di guarire gravi lesioni. Un qualunque errore può portare alla dispersione del materiale genetico o danneggiarlo, con conseguenze gravi per la salute. Gli studi precedenti sul Dna avevano notato che l’enzima Dna polimerasi, responsabile della duplicazione del Dna nella cellula, non era in grado di compiere lo stesso processo agli estremi dei cromosomi. In teoria, ci sarebbe dovuta essere una fuoriuscita di materiale genetico da questi estremi nel momento della duplicazione. Blackburn scopre il perché questo non avviene: alle estremità dei cromosomi esistono delle sequenze di Dna il cui compito è proprio prevenire qualunque dispersione, agendo come una sorta di tappo. 

Rappresentazione di un cromosoma. Evidenziati in giallo i telomeri

Vennero rinominati telomeri: senza di essi ci sarebbe il rischio costante di perdita di informazioni al momento della replica, o di fusione dei cromosomi alle estremità. Si accorciano ad ogni ciclo e sono visti come una sorta di orologio biologico per le cellule: per evitare danni causati dalla dispersione del Dna, quando i telomeridiventano troppo corti la cellula entra in uno stato di senescenza e smette di riprodursi. Ciò pare legare i telomeri alla senilità, alla morte e allo sviluppo di tumori o malattie croniche. Successivamente Blackburn scopre la telomerasi, l’enzima che ha il compito di sintetizzare le sequenze dei telomeri. Ciò permette di mantenere la loro lunghezza, e quindi di allungare il periodo vitale della cellula e ritardare l’invecchiamento cellulare. Le implicazioni cliniche di queste scoperte sono state enormi. Hanno permesso di comprendere meglio lo sviluppo dei tumori, rilevando che l’eccessiva attività della telomerasi nelle cellule cancerogene impedisce l’accorciamento dei telomeri, favorendo la loro riproduzione incontrollata. Ciò ha portato a teorizzare che una eventuale cura risieda nella possibilità di fermare il lavoro della telomerasi, e numerosi sono gli studi in atto in questo senso. La correlazione tra lunghezza dei telomeri e invecchiamento suggerisce che se si trovasse il modo di allungare i telomerisi potrebbe ritardare o addirittura fermare la senescenza delle cellule, e quindi la vecchiaia. In successivi studi, Blackburn dimostra la correlazione tra i livelli di attività della telomerasi e forti condizioni di stress: un lavoro molto duro, o una condizione di forte stress diminuiscono l’attività di questo enzima, provocando poi l’accorciamento dei telomeri, con conseguenti danni alla salute. La portata delle ricerche di Blackburn era già stata compresa negli anni Ottanta, rendendola una delle biologhe più rinomate e rispettate del mondo. Nel 1990 è chiamata all’Università della California, a San Francisco, dove è tuttora docente in Biologia e fisiologia. Nel 2001 è nominata presidente del Consiglio sulla bioetica, ma le sue posizioni a favore dell’uso di cellule embrionali per la ricerca causano la revoca del mandato nel 2004, provocando oltraggio nella comunità scientifica del tempo. Blackburn non ha mai nascosto di pensare che la causa della revoca sia stata la posizione religiosa dell’amministrazione Bush; da allora è sempre stata attiva nel denunciare i tentativi della politica di manipolare la ricerca scientifica. È per tale motivo che l’assegnazione del Premio Nobel nel 2009 per queste scoperte, condivise con Szostaks e Greider, viene percepita dai suoi sostenitori come una rivalsa sull’ultra-conservatorismo e i tentativi di controllare il mondo della scienza. I riconoscimenti ottenuti da Blackburn nel corso della carriera sono innumerevoli: nel 1998 è presidente dell’American Society for cell biology ed è membro di numerose e prestigiose accademie e società scientifiche. Nel 2007 il Time Magazine la nomina una delle 100 persone più influenti del mondo e dal 2008 collabora con l’Unesco per un maggior coinvolgimento delle donne in campo scientifico. Numerose scienziate, come la genetista Elena Cattaneo e la biologa Anna Meldonesi, la identificano come il loro principale modello di riferimento. Blackburn, inoltre, è impegnata nella questione bioetica, assidua sostenitrice del benessere dell’umanità come vero e ultimo fine della ricerca, ignorando il mero guadagno economico o politico.

Qui le traduzioni in francese, inglese, spagnolo, ucraino.

***

Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.

Lascia un commento